«Il problema non è scegliere il miglior modo per cuocerlo, ma come salvare l’intero settore della pesca dell’Alto Mar Adriatico dal granchio blu», affermano con preoccupazione da Pescagri CIA Veneto, l’associazione dei pescatori per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione della pesca e dell’acquacoltura. «Questa specie aliena si ciba di quasi tutti i tipi di pesce presenti nel nostro mare e nel solo Veneto sta mettendo a rischio 3.849 imprese, che impiegano più 7.400 addetti, generando 168 milioni di fatturato annuo, questo è il tema vero».
«Pensare di gestire questa emergenza, letteralmente esplosa quest’estate, alla stregua di uno show cooking non è la soluzione corretta», ribadiscono dalla sede veneta di Pescagri CIA. Per questo l’associazione lancia un appello alle Istituzioni locali e nazionali per fare presto, altrimenti lo scenario è quello di perdere nel prossimo anno l’80% del pesce allevato, con la prospettiva che vongole e ostriche escano letteralmente dal mercato per prezzi che risulterebbero troppo alti per chiunque.
Non sarà sufficiente inserire il crostaceo nei ricettari per salvare la pesca, dato questo ospite indesiderato si alimenta di produzioni come la Cozza di Scardovari Dop e le vongole, di cui il vorace animale va ghiotto e che con le sue forti chele frantuma proprio quando sono in fase di sviluppo dopo la semina. Una femmina di granchio blu depone fino a 120 uova al giorno e mentre i granchi di piccola taglia passano fra le reti, i grandi sono in grado di aprirle, tutti questi elementi insieme stanno minacciando l’intero raccolto dei prossimi due anni delle sole vongole.
«Non si può ridurre un’emergenza di tale portata, che sta mettendo in crisi migliaia di attività, con pesantissime ricadute negative in termini economici, alla definizione di un ricettario nel quale esaltare la bontà del granchio blu» – commenta il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – «Sperare di eradicarlo nel breve-medio periodo è un’illusione». Infatti il granchio blu mangia tutto il pesce che viene catturato attraverso le reti e senza interventi da parte delle Istituzioni competenti potrebbe generare una crisi economica e sociale di un’intera area. L’unica soluzione? Trovare un nuovo equilibrio dell’ecosistema marino attraverso scelte politiche tarate sulla realtà dei fatti, guidate dalla scienza.
Il granchio blu è presente sulla costa da anni, i primi avvistamenti risalgono addirittura al 1951 nella laguna di Venezia, è arrivato nel Mediterraneo attraverso l’acqua incamerata dalle grandi navi commerciali come zavorra e da lì a partire dagli anni 2000 ha iniziato a proliferare, ma non in maniera così significativa come nel 2023. L’esplosione, del tutto inaspettata, è avvenuta all’inizio di luglio.
Pescagri CIA Veneto chiarisce che fra le cause di questa diffusione incontrollata nelle acque dell’Adriatico vi sono i cambiamenti climatici in atto: «Per la riproduzione, la specie ha bisogno almeno 25 parti per milione (ppm) di salinità nell’acqua, la progressiva marinizzazione delle aree lagunari e il fenomeno del cuneo salino su foci ed estuari dei fiumi ha generato un habitat ideale allargando le aree in cui il crostaceo può moltiplicarsi».
«Sfatiamo un mito: non esiste un predatore naturale. L’ibis, annunciato da qualche giornale come possibile salvatore, non è in grado di contenere in maniera importante il granchio blu, inoltre trattasi di altra specie aliena» – Spiegano da Pescagri CIA Veneto – «L’unica soluzione rimane un’apposita pesca intensiva per controllare il numero di esemplari, anche perché solo il crostaceo di taglia forte può essere interessante in termini di mercato e anche l’ipotesi di usare il pescato come fertilizzante o biomassa è puro folklore».
Qualcuno ha vinto la sfida contro questo ospite indesiderato? «Dieci anni fa sul Delta del Lebro, in Spagna erano nella stessa situazione, attraverso il contenimento della specie con la pesca i granchi blu non sono spariti, però adesso la situazione è rientrata dallo stato di emergenza» – chiariscono dall’associazione -«Il granchio blu anche qui non sparirà, resterà una popolazione che dovrà essere gestita tramite una costante cattura».
«L’unico obiettivo che siamo tenuti a perseguire» – commenta il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini – «E’ la redazione di un programma di contenimento della specie nelle nostre acque. Il Veneto può essere di esempio anche per le altre regioni afflitte dallo stesso problema». A questo scopo, in collaborazione con la comunità scientifica, Pescagri CIA Veneto realizzerà a breve una mappatura capillare della presenza del crostaceo sulla costa e organizzerà un convegno con esperti di settore.
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