Logo Crux

Il vino dei carmelitani Scalzi che unisce le persone

padre-andrea-assieme-al-gruppo-di-volontari-raccolta-uva-carmelitani-scalzi
Intervista a Padre Ermanno, supervisore del vigneto del convento

Ogni volta all’anno è possibile vedere la stazione ferroviaria di Santa Lucia invasa da cassette piene di grappoli d’uva, trasportate su carretti spinti da volontari, sotto la direzione sapiente di un religioso. Non si tratta delle scene di un film, ma del ripetersi puntuale ogni anno, del “rito” della raccolta dei frutti per la vendemmia da parte di padre Ermanno Barucco e di un gruppo di volontari, quest’anno arrivati fino da Treviso, grazie alla conoscenza di frate Andrea, per prendere parte a un’esperienza comunitaria di lavoro ma soprattutto di riscoperta del piacere di condividere.

«Una volta il trasporto si faceva in barca» – racconta il religioso – «Ma vista la vicinanza del nostro convento alla stazione, abbiamo avuto il permesso di passare fra i treni per arrivare al binario 22, dove ci aspetta puntuale un furgone che porta la nostra uva in una cantina per diventare vino. Tutto questo sotto gli occhi stupiti di turisti e pendolari, che non si aspettano di vedere una piccola carovana di carretti attraversare tutti i binari».

Le vigne del monastero dei Carmelitani Scalzi

I Carmelitani Scalzi sono a Venezia dal 1630, provenienti da Milano, dove si era originariamente insediato l’ordine fondato da San Giovanni della Croce a seguito della così detta “riforma scalza” di Santa Teresa d’Avila durante il ‘500. Originariamente si trasferirono proprio nella zona dove oggi sorge la stazione ferroviaria, luogo in cui ancora oggi è presente il loro monastero, dove vengono coltivate ben 19 varietà di uva bianca e otto di nera.

Le viti piantate sono caratteristiche della laguna veneziana, frutto di una collaborazione fra il convento e il Consorzio Tutela Vini Venezia in un progetto per il recupero della biodiversità lagunare, opera di un lavoro di ricerca di tutte le colture in città e la mappatura genetica delle varietà di piante che resistono all’umidità e all’acqua salmastra. L’obiettivo è ricostruire la storia della coltivazione della vite a in laguna a partire dalle uve dalla Grecia e dalla Terra Santa portate dai carmelitani, ricreando ciò che Napoleone aveva distrutto con il suo passaggio in città.

Un giardino mistico per un vino "divino"

Il vigneto si articola all’interno di un giardino mistico formato da sette aree distinte, dove ogni tappa si incrocia con la religiosità, secondo il percorso professato da Santa Teresa nel suo libro. Lungo tutto l’itinerario sono presenti pergole in cui cresce l’uva, secondo un cammino circolare che riprende la creazione e la numerologia che si ispira a un sentiero di fede, dove alla terza tappa c’è il frutteto e a quella successiva il vigneto principale.

I vini che vengono prodotti dalle preziose uve del convento sono di tipo blended, ovvero un mix di uve differenti, in continuità con la tradizione veneziana, per una produzione di circa 500 bottiglie del solo bianco. Il nome del vino bianco, “Ad mensam”, deriva dal refettorio dei monaci in cui capeggia l’iscrizione della formula carmelitana “Ad mensam sicut ad crucem, Ad crucem sicut ad mensam” che indica di andare a mangiare con la stessa sobrietà con cui ci si reca al cospetto di una croce. Si tratta di un bianco saporito, di cui padre Ermanno racconta di percepire un retrogusto di arancia e limone, forse per la salinità del terreno, grazie al microclima della laguna. Mentre il rosso prende il nome di “Prandium”, in onore della convivialità.

I vini vengono prodotti in collaborazione con il Consorzio Tutela Vini Venezia dal 2010, che supporta i religiosi nel trasporto e vinificazione in una cantina di Annone Veneto. «Tutto è nato per una collaborazione fra l’architetto che ha curato la realizzazione del nostro giardino e padre Roberto, il Consorzio ci ha fornito le viti in cambio dell’utilizzo dei nostri spazi per la presentazione dei loro vini e ci produce gratis le bottiglie, che vendiamo direttamente in convento per il nostro sostentamento».

La raccolta dell'uva come opportunità di comunità

La novità per il 2023 è stato un ritorno della presenza di volontari a supporto dei frati. «Padre Andrea, nuovo ingresso nel convento, viene da Treviso ed è appassionato di agricoltura» – racconta frate Ermanno – «Ha chiamato un gruppo di suoi amici laici appassionati di vendemmia per unirsi a noi nella raccolta. Di solito c’è sempre qualcuno che ci aiuta, dagli studenti alle famiglie, ma con il Covid questa usanza era stata sostituita dalla partecipazione di una ditta esperta».

«Nonostante l’attacco due anni fa dello oidio, un fungo, le nostre produzioni restano completamente biologiche, siamo seguiti dal nostro giardiniere e dopo un anno a quota zero di produzione lo scorso anno siamo arrivati a più di due quintali e quest’anno siamo tornati a cinque, siamo stati risparmiati anche dalla golosità dei merli» – racconta il religioso – «Per noi l’uva rappresenta il dono della creazione di Dio, crea abbondanza e fecondità, quest’anno è stato bello condividerla di nuovo con dei volontari, con cui abbiamo sperimentato amicizia e famigliarità, dividendo il nostro pasto con loro che ci hanno donato del tempo e delle energie per rinnovare il piccolo miracolo della nostra preziosa uva, che diventa nettare e metafora della grandezza dell’opera di Dio».

Argomenti correlati: , , ,
Autore:

Iscriviti a CRUX e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!