“Pace, Shalom, Salam”, queste le parole utilizzate durante il flash mob organizzato dopo la messa nella parrocchia del Sacro Cuore di Mestre, in via Aleardi, domenica 22 ottobre dove diversi fedeli si sono uniti in momento di comunità fuori dalla chiesa e hanno trasmesso un messaggio di pace concreto per stare vicino a tutti i popoli colpiti dalla guerra.
L’iniziativa è stata principalmente organizzata dai partecipanti al catechismo delle scuole medie, i quali hanno dedicato il loro impegno a preparare tre cartelloni con messaggi di pace. Parallelamente, i bambini delle scuole elementari hanno contribuito creando dei cuori di carta, nei quali hanno inserito preghiere per la pace e piccoli impegni concreti volti a rendere tangibile la loro richiesta al Signore. «Nel momento di preghiera sono stati coinvolti sia i bambini che gli adulti», racconta don Fabio Mattiuzzi, parroco del Sacro Cuore. «Sembrano sempre gesti per i piccoli e metterci la faccia anche da grandi non è così scontato».
Le parole utilizzate, “shalom” in ebraico, “salam” in arabo e “pace” in italiano, non sono soltanto termini linguistici, ma portano con sé il profondo significato della pace nelle rispettive culture.
Durante la messa, i tre cartelloni, anch’essi un simbolo concreto di unione, sono stati presentati durante l’offertorio davanti al Signore ed a tutti i fedeli presenti in chiesa.
Le tre parole hanno reso evidente l’importanza di unire le forze per promuovere la riconciliazione globale. In un mondo segnato da conflitti, questa iniziativa offre un messaggio di speranza e unità, incoraggiando la riflessione e l’azione per aiutare coloro che sono segnati dalla guerra e per promuovere un mondo più pacifico.
«Tutti stanno cercando forme e modi di pregare; riflettendoci non sempre le parole riescono a colpire ed andare in profondità tanto quanto i gesti», spiega don Fabio. «Siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, e l’idea alla base di questo evento era di esprimere il nostro amore attraverso un cuore aperto, mostrando il nostro volto al mondo esterno, proprio di fronte alla chiesa, al fine di dichiarare con forza il nostro desiderio di pace».
Sebbene l’importanza del gesto possa non essere compresa da tutti, l’iniziativa verrà sicuramente riproposta in futuro, soprattutto ai più piccoli. «Questo è solo il primo di tanti momenti di preghiera più concreti», aggiunge il parroco. «È importante insegnare loro che la preghiera non è solo la recita di parole, ma deve essere accompagnata da azioni e dalla messa in pratica degli insegnamenti del Signore. In questo modo si può contribuire a coltivare in ognuno di noi una comprensione più profonda della spiritualità e della responsabilità nel vivere secondo gli insegnamenti religiosi».
«Desideriamo ardentemente che le persone riescano a concretizzare la pace nelle loro vite di tutti i giorni», continua don Mattiuzzi: «Questo può iniziare con il semplice gesto di sorridersi e scambiarsi un saluto cordiale».
Non a caso lo slogan della parrocchia di quest’anno è “Li riconoscevano perché si volevano bene”, che rappresenta un obiettivo a cui la Chiesa aspira.
«In quanto comunità cristiana – conclude il parroco – ci rendiamo conto che dovremmo essere distinti e riconosciuti non solo per la nostra fede, ma anche per il nostro impegno a diffondere il bene nel mondo. La nostra identità dovrebbe essere definita non solo dai nostri principi religiosi, ma anche dalla nostra capacità di incarnare l’amore, la pace e la gentilezza nella vita quotidiana».
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