Ormai da tempo sappiamo che elevati livelli di colesterolo sono associati a un aumentato rischio di malattia cardiovascolare, anche ad esito infausto o con importanti esiti funzionali, come cardiopatia ischemica e stroke (ictus cerebrale). In particolare, l’aumento del 10% del livello di colesterolo nel sangue si associa all’aumento del 20% del rischio di malattia. Questo rischio è poi ulteriormente incrementato se si associa ad altri fattori, come il diabete, l’obesità, il fumo e la sedentarietà.
È possibile intervenire sulla dislipidemia (ipercolesterolemia) con un’adeguata alimentazione, che preveda un aumentato uso quotidiano di cereali, preferibilmente integrali, pesce azzurro, frutta e verdura, e la riduzione al minimo del consumo di grassi animali, burro, strutto, lardo, insaccati, uova, formaggi. Fondamentale poi aumentare l’attività fisica quotidiana aerobica – camminare, correre, nuotare… – che permette di accumulare meno grasso sulle arterie e ridurre il lavoro cardiaco e il peso.
Ma oltre a ciò, quando il medico ritiene che il rischio cardiovascolare è significativamente aumentato, è possibile e necessario ricorrere a una terapia farmacologica. La ricerca clinica ha compiuto in questo campo passi da gigante e abbiamo a disposizione da molti anni – la prima molecola fu scoperta nel 1976 – dei farmaci efficaci nel ridurre i livelli di colesterolo nel sangue: si tratta delle statine.
Ne esistono molte, hanno praticamente tutte lo stesso meccanismo d’azione e si differenziano tra loro solo per la potenza e la possibilità di dare qualche effetto collaterale. Vengono assunte per via orale, agiscono a livello del fegato, il nostro “laboratorio”, su degli enzimi specifici che regolano l’eliminazione del colesterolo e quindi la sua “circolazione” nel sangue e la possibilità che si depositi sulla parete delle arterie, costituendo le placche che possono rallentare la circolazione e anche ostruire le arterie.
Purtroppo, a causa del proprio meccanismo d’azione, possono causare dei fastidiosi effetti collaterali: principalmente delle mialgie – dolori localizzati in uno o in più muscoli che appaiono contratti e dolenti – e dei crampi muscolari, la cui incidenza è però molto inferiore a quanto si creda, presentandosi solo nel 10 % delle persone che le assumono.
In tali casi è sufficiente ridurre la posologia del farmaco per ottenere spesso una remissione dei sintomi. Nel caso ciò non avvenga, si può associare o sostituire alla statina un’altra molecola, di più recente scoperta, l’ezetimibe, che ha un diverso meccanismo d’azione: agisce infatti a livello della mucosa intestinale ove riduce l’assorbimento alimentare dei grassi animali introdotti con l’alimentazione.
Nei casi più “resistenti” o quando l’ipercolesterolemia abbia una connotazione familiare, presentandosi cioè in molti soggetti della stessa famiglia, con livelli di colesterolo molto alti e con alta incidenza di eventi cardio e cerebro-vascolari anche in giovane età, si rende necessario ricorrere ad altre molecole, di più recente scoperta (2018) che possono essere prescritte solo da centri specializzati, visto l’alto costo e la necessità di somministrazione per via venosa, con cadenza periodica.
È consigliabile, pertanto, controllare periodicamente i propri livelli di lipidi nel sangue, per lo meno dopo i 50 anni, soprattutto se sono presenti gli altri fattori di rischio già citati e affidarsi al proprio medico per valutare un’eventuale terapia farmacologica, che dovrà essere assunta regolarmente. Il tutto, però, a condizione di impegnarsi in un adeguato stile di vita.
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