Negli anni Settanta si pensò che fossimo vicini ad aver sostanzialmente eliminato quelle che erano state da sempre la principale causa di malattia e di morte per l’uomo: le patologie infettive. Infatti, con l’avvento nel secondo dopoguerra delle campagne di vaccinazione di massa e degli antibiotici, le malattie infettive sembravano ormai sotto controllo. Poi nei decenni Ottanta e Novanta, dapprima la comparsa dell’HIV/AIDS e poi la diffusione dei germi resistenti agli antibiotici, ci hanno reso consapevoli che le malattie infettive in realtà sono un grande problema che deve essere costantemente monitorato, studiato e affrontato con programmi in continuo aggiornamento. Cosa che anche la recente pandemia Covid-19 ha ampiamente dimostrato.
I germi resistenti agli antibiotici sono un vecchio problema: esistono da sempre, come naturale meccanismo di difesa dei germi stessi dall’attacco di loro simili. Ma negli ultimi anni un uso poco attento degli antibiotici ha cominciato a trasformare questa evenienza in un problema sanitario su scala mondiale: in questo periodo, infatti, si sono sviluppati germi resistenti a quasi tutti gli antibiotici di cui disponiamo, i germi multiresistenti o MDR.
La loro diffusione è facilitata nel contesto ospedaliero – si parla in questo caso di infezioni correlate all’assistenza (ICA) – e possono complicare in maniera molto pericolosa altre malattie severe, come le patologie tumorali o ematologiche, o anche aggravare il decorso di interventi chirurgici, poiché la cura, quando possibile, richiede l’uso di terapie complesse, costose e spesso gravate da rilevanti effetti avversi.
Il contenimento di queste infezioni da germi MDR è riconosciuto come una priorità sanitaria in tutto il mondo: se non riusciremo a contrastare in modo efficace questo problema, è stato calcolato che nel 2050 il numero dei decessi per infezioni da germi multiresistenti supererà quello delle vittime di tutte le patologie tumorali.
La strategia per affrontare questo ampio e complesso problema deve comprendere queste diverse attività:
Per realizzare questi obiettivi è stato avviato in Italia a partire dal 2017-2020 il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), prorogato nel 2021 e poi sostituto dal Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) per il triennio 2022-2025. La pandemia Covid-19 non ha di certo facilitato la realizzazione di questi piani e resta ancora molto da fare per metterli in atto in maniera completa.
Va rafforzata la consapevolezza che i problemi relativi alle patologie di natura infettiva costituiscono un grande problema che deve essere opportunamente e prioritariamente affrontato nell’interesse della salute di tutti. E quando dico “tutti” non intendo solo gli esseri umani.
Negli ultimi decenni, infatti, l’uso degli antibiotici è stato massiccio anche nel settore agro-alimentare, in particolare negli allevamenti animali intensivi. La maggior parte degli antibiotici, la penicillina ad esempio, deriva da sostanze prodotte dai batteri stessi che in questo modo ne hanno un vantaggio nella competizione con altre specie di microbi. Di conseguenza anche i meccanismi di resistenza agli antibiotici sono un effetto naturale di questa lotta per la sopravvivenza tra microrganismi.
Ne è la prova che i geni che rendono i batteri resistenti sono stati trovati nel corredo genetico di campioni di germi fossili vissuti in epoche remote (da oltre 10 milioni di anni fa fino al periodo dell’Alto Medioevo), cioè in tempi in cui l’uso farmacologico di tali sostanze non era nemmeno lontanamente immaginabile. Quindi per questi microrganismi è estremamente facile, se vengono sottoposti all’azione degli antibiotici in modo non del tutto corretto ed appropriato, diventare insensibili a questi farmaci proprio perché ciò fa parte del loro corredo genetico. Tutti gli operatori coinvolti nell’impiego degli antibiotici, dunque – gli allevatori ad esempio… – devono essere consapevoli che un loro uso inappropriato costituisce un reale e costante pericolo.
Ed è proprio questa la strategia, che viene definita “One Health”, cioè una salute unitaria che coinvolge tutti, esseri umani, animali e ambiente, alla base dei piani nazionali di contrasto. Tutti – anche il cittadino qualunque che magari con leggerezza li chiede al proprio medico – devono capire che gli antibiotici sono una risorsa estremamente preziosa, ma che rischia di diventare inutile, se non addirittura controproducente, se usata in modo scorretto.
La prescrizione di una terapia antibiotica deve diventare sempre di più il frutto di una scelta consapevole e basata su reali e appropriate indicazioni cliniche. Dobbiamo tutti essere consapevoli che l’impiego incongruo di un antibiotico, oltre ad esporci a un non necessario rischio di reazioni avverse, può creare le condizioni affinché un germe si trasformi in un nemico estremamente difficile, se non impossibile, da combattere.
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