È un racconto fatto di istantanee che si pongono come appunti presi nel corso di una vita. Sono le fotografie del veneziano Luigi Ferrigno (1935), allestite nella mostra realizzata negli spazi della Fondazione Querini Stampalia di Venezia dal titolo “Appunti fotografici. La Venezia di Luigi Ferrigno”, a cura di Lorenza Bravetta, visitabile fino al 1 aprile. L’esposizione, che restituisce uno scrigno prezioso di momenti e aneddoti di un’epoca ormai lontana, presenta per la prima volta al pubblico un insieme organico dell’attività di questo fotografo amatore che attraversa la seconda metà del ‘900 e si affaccia al nuovo millennio. La mostra ne presenta una piccola ma significativa parte grazie al progetto promosso dalla Fondazione Querini Stampalia con il contributo scientifico di ICCD Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, in collaborazione con Fondazione di Venezia, Banca Intesa Sanpaolo, Banca Mediolanum e Venice International Foundation. Inoltre all’inizio dell’esposizione è visibile “Istantaneo. Luigi Ferrigno”, il video ritratto di Luigi Ferrigno realizzato da Giulia Vannucci, giovane filmmaker che dal 2020 lavora ad una serie di video documentari dedicati ad esponenti della fotografia italiana e internazionale. «Questo progetto espositivo vuole sottolineare ancora una volta il ruolo della Fondazione come archivio vivo della città» ha sottolineato Marigusta Lazzari, direttrice della Querini Stampalia, spiegando che da poco è online l’Archivio digitale della Fondazione di cui fanno parte gli Archivi dei fotografi Graziano Arici, Mark Edward Smith e Luigi Ferrigno. Alla Querini Stampalia il fotografo ha infatti affidato nel 2021 il suo archivio, che consta in più di 25.000 immagini, perché fosse conservato, valorizzato e messo a disposizione di tutti.
La mostra ripercorre, attraverso 89 fotografie, la produzione di Luigi Ferrigno per fasi temporali e stilistiche, scandite in tre sezioni dedicate. La prima sezione presenta 59 fotografie in bianco e nero, scattate dalla fine degli anni ‘50 agli anni ’60, che rappresentano una documentazione di una Venezia solo apparentemente minore: quella del Ghetto, dei bambini che giocano in campo, dei mestieri – in particolare i lavoratori del vetro – delle marginalità sociali e della vita quotidiana, ma anche la città monumentale, con le sue chiese e le sue “pietre”, le feste, i grandi eventi e i primi turisti. Sono gli anni in cui abbandona il “Circolo La Gondola”, di cui era socio, e fonda il “Gruppo fotografico Il Ponte” insieme a fotografi Gianni Berengo Gardin, Giuseppe Bepi Bruno, Paolo Magnifichi. Accanto alle fotografie che restituiscono il lavoro in vetreria sono esposte alcune produzioni della Artistica Vetreria rag. Aureliano Toso, disegnate da Dino Martens e realizzate nel periodo in cui Luigi Ferrigno lavorava presso la stessa. Chiudono questa sezione le sette fotografie della serie “Nevicata a Venezia del 1907” di Mario Nunes Vais e alcune prove per cartoline del fondo Morpurgo dal titolo “Lido di Venezia” realizzate pochi anni dopo.
Negli anni ’90 Luigi Ferrigno riprende a fotografare e predilige l’uso del colore. Le diciotto fotografie esposte documentano il salvataggio dell’area industriale dismessa delle Conterie di Murano, specializzata nella produzione delle perle. La terza sezione presenta i “Frammenti della terra”, 12 fotografie in cui a partire dagli anni ’90 Ferrigno concilia la ricerca documentale con una più libera e audace espressione artistica, spingendosi fino a vere e proprie astrazioni. Si tratta di paesaggi di luce e colore, che ci proiettano in una dimensione onirica, che altro non sono che frammenti di vetro, ingranditi e distorti dall’obbiettivo, come spesso accade per i ricordi e per i sogni.
Venezia per Ferrigno è tutta la vita: la città della famiglia, di quarant’anni di lavoro in vetreria sull’isola di Murano, della passione per la fotografia che lo accompagna. Un racconto della città, il suo, nato dall’esperienza e dalla sensibilità personali, documento storico e rappresentazione di poetica essenzialità. «Nel corso di oltre cinquant’anni, Luigi “Gigi” Ferrigno ha osservato e documentato Venezia, superando gli stereotipi da cartolina e restituendone l’unicità e le molteplici contraddizioni. Uno sguardo attento, capace di entrare nelle pieghe della quotidianità e di soffermarsi sullo scorrere del tempo. Ma anche un approccio discreto, che restituisce scorci inattesi e punti di vista mai scontati, iscrivendo appieno Ferrigno nel solco di quella che viene definita fotografia umanista» spiega la curatrice. «Mi ritengo un fotografo di strada. – racconta Ferrigno – Fotografo la gente di ogni giorno usando ancora una vecchia macchina analogica con pellicola in bianco e nero. Delle volte ti sogni certe cose, hai come una visione. Poi vai in giro, vedi il sogno e scatti: è una cosa istantanea».
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