Quante volte, dopo essere andati dal medico, si torna con una lista di esami che non finisce più? «Eppure io gli avevo detto che avevo solo un disturbetto…». Oppure: «C’era solo un asterisco sul colesterolo». Il primo pensiero è: sono esami davvero necessari? E poi: come facevano una volta i medici quando non avevano tutta questa tecnologia? Domande legittime che meritano una spiegazione.
Partiamo dall’esempio del colesterolo: ormai tutti sanno che la pressione alta, il diabete, il fumo e, appunto, il colesterolo sono fattori importanti di rischio cardiovascolare. Molti meno, invece, sanno che questi fattori alle volte non bastano a definire completamente il rischio cardiovascolare di un paziente e che possono essere necessari altri esami per poterlo chiarire.
La malattia cardiovascolare, infatti, è un continuum che partendo dai vari rischi (fumo, ecc.) si sviluppa in una forma sub clinica, quindi non ancora manifesta, in cui però abbiamo già qualche segno. Se andiamo a cercare questi segni, come le placche alle carotidi o agli arti inferiori, potremmo trovarne la presenza e quindi constatare la malattia: la patologia, insomma, c’è e potrebbe poi evolvere in veri danni clinici, dall’ischemia al miocardio alla trombosi coronarica o carotidea, che poi daranno gli eventi che ben conosciamo: l’infarto l’ictus cerebrale, l’angina pectoris…
Il medico, insomma, non si accontenta più di sapere se una persona sia a rischio cardiovascolare, ma cerca anche di “vedere” a che punto il paziente sia del percorso che abbiamo appena descritto: il suo rischio dipenderà anche dal grado di avanzamento in questo cammino.
Diversa, infatti, sarà la necessità di essere attenti e severi nel controllo dei fattori di rischio, di prescrivere o meno farmaci o di consigliare quegli interventi che sempre bisogna considerare, dieta o attività fisica innanzitutto. Per essere ancora più chiari: in una popolazione di diabetici, nel 44% dei casi avremo una patologia cardiovascolare sub clinica. Gli ultimi studi, poi, dicono che il rischio cardiovascolare di ogni paziente deriva anche dal numero delle sedi interessate dai problemi aterosclerotici: abbiamo solo piccole placche carotidee o anche agli arti inferiori o cardiache?
Se, quindi, il vostro medico vi prescrive un’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici “solo per una stelletta sul colesterolo” è perché il vostro medico è aggiornato e vuole sapere quanto dovrà essere attento e quanto dovrà intervenire su quel colesterolo. Sa che nel caso in cui ci siano problemi ai vostri vasi dovrà diminuire il vostro colesterolo di più rispetto a una persona che non ha questa malattia cardiovascolare sub clinica e dovrà anche sommare gli altri elementi in suo possesso per definire la terapia, ad esempio se siete diabetici. Insomma gli esami sono, purtroppo, necessari!
Ma come facevano i medici una volta? La risposta è semplice: non avevano tutte queste tecniche quindi non le usavano. Adesso abbiamo mezzi che ci fanno vedere i danni ai vostri vasi e con l’ecografia, senza nemmeno dover sottoporsi a dei raggi (che, detto tra di noi, non fanno benissimo, quindi se si possono evitare, si evitano).
Gli esami, dunque, visto che non causano danni, possiamo e vogliamo usarli, ma dando una priorità ai pazienti a rischio, dato che comunque i test implicano tempo, personale e un costo, che tutti noi dobbiamo pagare. Il lavoro del medico nel corso del tempo si è complicato, come pure quello del paziente, anche perché una volta che abbiamo visto che c’è qualche cosa bisogna approfondire e fare i controlli. Ci sono molti pro e qualche contro: è il costo della vita moderna.
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