L’Unione Europea ha approvato la Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), ribattezzata “Case Green”, che definisce il percorso per la riqualificazione energetica degli edifici residenziali esistenti, con obiettivi per la riduzione delle emissioni al 2030 e neutralità al 2050. «Stabilito che si possa fare in Italia – spiegano da ANACI Venezia, associazione che rappresenta gli amministratori di condominio – stiamo parlando di un intervento che da solo potrebbe valere quanto 10 manovre finanziare nazionali, al momento sembra molto difficile da realizzare con queste tempistiche per i condomini, dove l’impatto dei lavori di efficientamento è maggiore e i costi da sostenere importanti».
«Le difficoltà economiche del nostro Paese sono note – aggiungono – e per salire di due classi energetiche abbiamo stimato che servano almeno 10.000€ per unità abitativa, si tratta di dover effettuare una coibentazione dell’involucro di un edificio e del tetto, cambiare solo i serramenti infatti non è sufficiente. Il problema è che in Italia il patrimonio immobiliare è particolarmente vecchio e ci sono alcune situazioni, come quella di Venezia, dove intervenire esternamente è impossibile e l’unica alternativa sarebbe farlo dall’interno riducendo le superfici, ma chi può farlo in un edificio storico? In generale, senza interventi e incentivi fiscali dello Stato, rischia di essere difficile mettere mano ai fabbricati».
La direttiva approvata dal Parlamento Europeo, che prende origine dalla revisione della precedente 31/2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia, ha come tema i consumi energetici degli edifici, fissando degli obiettivi intermedi al 2030 fino ad arrivare alla completa neutralità climatica entro il 2050. Il testo approvato permette agli Stati membri di definire un proprio percorso per arrivare al traguardo, rispettando comunque dei minini standard fissati dall’Europa. Si tratta di una vera e propria rivoluzione per il sistema energetico, prevedendo solo al 2030 investimenti pari a 275 miliardi di euro annui.
Secondo la direttiva entro il 2040 l’installazione di caldaie a gas sarà vietato e tutti gli edifici saranno costretti a ridurre i propri consumi del 16% entro il 2030 e del 22% entro il 2035, mentre tutte le case nuove dovranno essere a emissioni zero dal 2030 con l’obbligo di installazione di pannelli fotovoltaici, solo gli edifici storici saranno esentati. L’Italia si trova particolarmente svantaggiata in questa corsa alla neutralità carbonica, in quanto oltre il 50% degli edifici residenziali del nostro territorio, secondo i dati pubblicati da Enea sugli edifici certificati nel 2022, sono in classe energetica F e G, i due livelli più bassi della classificazione.
«Nei nostri inquilini c’è attenzione al tema e nelle assemblee è diventato oggetto di discussione – raccontano da ANACI Venezia – ma quello che appare necessario è un supporto pubblico in questo processo per poter fare un vero salto di qualità, altrimenti interi condomini rischiano di restare al palo. Basterebbero incentivi al 50%, dando la possibilità di scaricare i costi anche per chi non è soggetto a IRPEF, come nel caso dei pensionati. In ogni caso il super-bonus 110% ci ha insegnato come non fare le cose, visto che le regole sono state fissate e modificate in corso d’opera, tanto che siamo riusciti a portare a termine solo 10% delle pratiche avviate e avremmo strascichi per anni, basti pensare al tema dell’aumento delle rendite catastali dopo i lavori, che per chi non le ha adeguate comporterà sanzioni».
«In questo percorso molto in salita un’opportunità potrebbero essere le comunità energetiche – spiegano – far funzionare una caldaia con un solo impianto fotovoltaico per un edificio di grandi dimensioni è complesso e non sempre la superficie di un solo tetto è sufficiente, ipotizzare l’accumulo moltiplica i costi, anche di gestione, senza contare gli aspetti di sicurezza. Con la tecnologia attuale l’alternativa più praticabile potrebbe essere mettere edifici vicini in collaborazione, con il modello delle comunità energetiche. La normativa ormai è abbastanza definita per cui è possibile condividere energia non solo per le parti comuni ma anche per l’uso privato, con quote di produzione complessive che arrivano anche a più di 100Kw. Certo da sole non aiuterebbero a migliorare la classe energetica ma a ridurre le emissioni certamente».
«Le sfide che impone questa strategia europea sono molte e spesso il nostro ruolo di amministratori non è stato considerato abbastanza in questo processo – lamentano dall’associazione – già se fossimo stati maggiormente inclusi nei tavoli di pianificazione del super-bonus 110%, visto che siamo l’unica categoria di professionisti rimasta fuori, nonostante il nostro ruolo nodale, avremmo dato il nostro contributo. Questo processo che la UE si auspica di realizzare rischia concretamente di mettere in difficoltà l’intera categoria, bisogna aumentare il livello di partecipazione nei processi di applicazione delle norme, considerando le peculiarità del nostro Paese e, restando in ambito locale, di una città che è un unicum come Venezia».
«Se non viene considerata le peculiarità dell’Italia e l’economia delle famiglie, il rischio concreto è che tutto questo resti solo un bel progetto di facciata che non si compirà mai completamente, con proroghe infinite – concludono da ANACI – il nostro lavoro poi negli anni è cambiato in modo drastico, c’è sempre maggiore complessità gestionale e responsabilità che ci vengono calate dall’alto, tanto che anche il ricambio generazionale sta diventando complicato. L’unico modo per farlo bene è mantenere un’alta professionalità, con aumento costante della formazione, perché l’amministratore di condominio del presente, e lo sarà sempre di più in futuro, deve gestire una tecnologia crescente e interfacciarsi con condomini sempre più esigenti, fornendo servizi diversificati. Insomma siamo passati da essere visti come quelli che “tengono i conti” a dei veri e propri consulenti gestionali».
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