«Tutto è nato dalla mia passione per il vino e dalla voglia di fare qualcosa in più per la Casa di Anna, dove disabili e persone in difficoltà trovano riscatto lavorando». Piero Pellegrini racconta così il nuovo progetto “Adotta una vigna”: «Dopo una lunga ricerca della varietà giusta e delle procedure burocratiche, abbiamo disposto i filari nei nostri terreni. In attesa che le piante siano pronte a dare i frutti per la produzione fra tre anni, è possibile adottare a distanze le viti, aiutandoci a supportare questo progetto».
«Sono diplomato sommelier AIS, per cui sono da sempre molto attento a questo prodotto – racconta Pellegrini – mi è rimasta però la curiosità di scoprire in prima persona tutto quello che sta dietro a una bottiglia. Questa mi sembrava così un’opportunità per offrirlo al consumo nel nostro ristorante solidale. Siccome noi siamo una fattoria sociale, volevamo avere un vigneto non solo inclusivo, ma anche attento all’ambiente e sostenibile. Quando poi ho raccontato la mia idea in AIS Veneto, associazione che conta 4000 iscritti, ho ricevuto subito sostegno, con la proposta di adottare le piante con un’offerta annuale, in cambio di un pranzo o cena da noi, fino a che non imbottiglieremo le prime quantità nel 2027».
«Dall’idea alla messa a dimora delle piante, la parte più difficile – racconta – è stato ottenere i diritti di piantumazione. Le superfici infatti sono contingentate, i permessi sono regionali ma su scala nazionale e il Veneto è il primo produttore d’Italia. Con un po’ di pazienza siamo però riusciti ad acquistare le quote e dopo tanta burocrazia, grazie anche al supporto di Coldiretti, siamo finalmente partiti con circa mezzo ettaro di vigneto. Le nostre piante non sono tradizionali, ma particolari, fanno parte della famiglia PIWI o resiliens, sono vitigni ottenuti da un gruppo di università europee, fra cui Friburgo, Udine e Montepellier, che hanno creato delle uve che resistono a certi tipi di malattie funginee, incrociando ceppi nobili con altri selvatici».
«Gli studiosi hanno così ottenuto decine di diverse varietà di bianchi e neri, resistenti naturalmente – spiega Pellegrini – se un vitigno medio subisce fino a 18 trattamenti chimici all’anno, per i PIWI sono sufficienti meno di 1/4. Meno uso di prodotti chimici significa meno contaminazione dei terreni e un maggior rispetto della biodiversità del sottosuolo. Inoltre abbiamo deciso di non ricorrere all’uso di macchine come i trattori, che schiacciano il terreno non facendolo respirare, impedendo all’ossigeno di filtrare, cementificandosi con le piogge perché compattato. Lasceremo crescere l’erba tra un filare e l’altro, piegandola senza falciarla, in modo da ottenere un tappeto verde che impedirà al sole di inaridire il terreno, seminandolo a piante leguminose, per arricchirlo di azoto atmosferico, per favorire la concimazione naturale».
I filari saranno attrezzati per potervi accedere in carrozzella con due corsie dedicate, visto che molti ospiti della fattoria sociale hanno bisogno di questi ausili per deambulare: «Questa novità nonostante sia innovativa rispetto alle culture che abbiamo prodotto fino ad oggi, deve seguire gli stessi principi di valore sociale, ambientale e anche economico, visto che con meno trattamenti chimici si risparmia in soldi guadagnando in salute – spiega Pellegrini – c’è però anche un’importante componente tecnologica, infatti il vigneto verrà monitorato da una stazione web autonoma che misura umidità e temperatura, per capire lo stato di salute delle piante, trasmettendo informazioni e immagini a un’app con cui è possibile controllare in ogni instante come sta la vigna da remoto».
«Come vitigno abbiamo scelto di optare per il Muscaris, un moscato resiliens PIWI, con cui produrremo spumante dolce, ma si presta anche a diventare un vino bianco secco e perché no, a regime potremmo anche sperimentare con vendemmie tardive e passiti – riflette l’imprenditore sociale – potremmo arrivare a produrre fino a 6000 bottiglie l’anno, vinificate in partneship con “Le Carline” di Lison-Pramaggiore e “Terre Grosse” di Zenson di Piave. I nostri sostenitori AIS riceveranno tre magnum di spumante e potranno seguire progressivamente la crescita delle piante. Le uve saranno raccolte esclusivamente a mano e sarà l’opportunità per attrarre nuovi ospiti, perché quelli che abbiamo sono già molto impegnati e qui ci sarà molto da fare, più braccia avremo e meglio sarà».
«Questa iniziativa è nata proprio da un momento conviviale – racconta Gianpaolo Breda, Presidente di AIS Veneto – con la Casa di Anna avevamo già delle collaborazioni di carattere formativo, ma quando a pranzo Piero mi ha confessato di voler piantare una vigna, l’idea di far partecipare i nostri soci in questo progetto mi è piaciuta da subito. Non solo per una questione sociale, ma anche educativa, dando l’occasione di vedere crescere un vigneto da quanto vengono piantate le barbatelle fino a veder spuntare i tralci. Abbiamo esteso la possibilità a tutti i soci AIS d’Italia di poter adottare questa vigna, che potrà essere monitorata in qualsiasi momento attraverso le webcam installate sul campo».
«L’idea di fare del bene attraverso il vino è in piena sintonia con i nostri valori e il percorso che stiamo seguendo come AIS – aggiunge il Presidente – accompagneremo la crescita di questo vigneto in questi primi tre anni, prima di poter fare vinificazione, con degli eventi presso la Casa di Anna, studiando la fioritura delle piante, vedendo dal vivo la nascita dei germogli, ma anche allenando il “fiuto” dei nostri sommelier con dei laboratori per scoprire i profumi delle più di 100 erbe aromatiche che crescono qui. Ci piacerebbe organizzare anche delle raccolte fondi per questa realtà che da spazio a persone speciali, aiutandole a farsi strada nel mondo. Il progetto è stato sostenuto dalla Regione, tanto che verrà presentato nel padiglione del Veneto al prossimo Vinitaly».
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