Morbo di Crohn e colite ulcerosa sono le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, altrimenti dette MICI. Sono due patologie per così dire “cugine”, con caratteristiche comuni e differenze significative: colpiscono entrambi i sessi e sono per lo più diagnosticate in età giovanile, tra i 15 e i 30 anni, con un secondo picco oltre i 65.
In Italia ci sono quasi 250mila persone che ne soffrono, con una discreta prevalenza della rettocolite ulcerosa, che interessa più o meno i due terzi dei pazienti. Nel mondo, invece, colpiscono oltre 7 milioni di persone, con un’incidenza annua stimata intorno ai 10/15 nuovi casi su 100mila abitanti.
Le MICI hanno in comune la cronicità, diretta conseguenza dell’assenza di una causa certa di malattia: sappiamo, infatti, che sono legate a un alterato funzionamento del nostro sistema immunitario che, per motivi sconosciuti, agisce contro il nostro apparato digerente, sviluppando così un’infiammazione cronica che via via può danneggiare il funzionamento del nostro organo digestivo.
Quello che non sappiamo, però, è perché questo succeda: si sono ipotizzati fattori infettivi o ambientali, in persone geneticamente predisposte, ma a tutt’oggi non abbiamo una causa certa per queste malattie. Per questo motivo possiamo curarle, anche bene, con farmaci che tengono sotto controllo l’infiammazione, ma non possiamo guarire le persone che le sviluppano.
La rettocolite ulcerosa colpisce solo il colon: l’ultima parte del nostro tratto digerente, circa un metro di intestino che va dal cieco – dove abbiamo l’appendice, per capire, se i chirurghi non ce l’hanno tolta… – all’ano. Quello che può cambiare è l’estensione di colon colpito: l’infiammazione parte dall’ano e può risalire tanto o poco, essere limitata al retto (pochi centimetri, e si chiama proctite), interessare solo la parte sinistra del colon o interessare tutto il colon.
La malattia di Crohn, invece, è più “creativa” e può manifestarsi lungo tutto il tubo digerente, dalla bocca all’ano. Rispetto alla cugina, però, non è legata a un criterio di “continuità territoriale”: può avere una distribuzione a segmenti, interessando tratti di intestino più o meno lunghi, disposti qui e là. La malattia “classica”, diagnosticata dal dottor Crohn più o meno un secolo fa, interessa l’ileo distale, l’ultimo tratto di intestino tenue prima del colon. Altra differenza fondamentale è il tipo di infiammazione: nella colite ulcerosa interessa solo la mucosa, cioè il rivestimento superficiale del colon, mentre nella malattia di Crohn si sviluppa a tutto spessore della parete del tratto interessato.
I sintomi della colite ulcerosa sono diarrea, frequentemente con muco e sangue, di fatto espressione di “sofferenza” della mucosa, e tenesmo, cioè frequente stimolo alla defecazione, spesso peraltro con poco “successo”. L’esordio può essere acuto, anche severo, o più subdolo e progressivo. Diversa la storia per la malattia di Crohn, laddove i sintomi dipendono dalla zona dell’intestino interessata: diarrea o stitichezza, dolore addominale, gonfiore, a volte mal di stomaco. La malattia può dare febbre, debolezza, stanchezza, malessere generale, perdita dell’appetito, calo di peso poiché l’intestino assorbe male le sostanze nutritive degli alimenti e si tende a limitare il cibo per evitare che i sintomi peggiorino dopo il pranzo.
Non esiste, al momento, una cura definitiva per queste malattie. I (molti) farmaci disponibili trattano i sintomi e l’infiammazione. Si va dal chirurgo quando a causa di ostruzione, fistole o gravi emorragie non resta che asportare il tessuto lesionato.
È sempre buona regola mangiare di tutto. Quando, però, la malattia si risveglia, meglio eliminare o ridurre significativamente le fibre dalla propria alimentazione, evitando di mangiare frutta e verdura fresca, secca e cotta, prodotti integrali e legumi. E anche questi accorgimenti fanno parte della cura.
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