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Informazione e leucemia: evento AIL Venezia per i pazienti

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Una patologia con cui oggi si può convivere, ma per cui serve conoscenza di qualità, anche digitale

«Se io oggi sono qui – racconta Felice Bombaci, Referente nazionale del Gruppo AIL Pazienti leucemia mieloide cronica (LMC) – è perché ho un debito nei confronti della ricerca e voglio ripagarlo evitando che altre persone soffrano. L’obiettivo del nostro gruppo, interno ad AIL – Associazione Italiana Leucemia, è quello di andare oltre ai servizi offerti, ovvero dare un supporto diretto e profondo al malato attraverso una corretta informazione e una speranza, perché oggi grazie alla medicina si può convivere con questa malattia. Per questo sensibilizziamo in tutta Italia attraverso incontri in cui si può direttamente interagire, anche in forma anonima con medici specialisti. Il prossimo è proprio a Venezia e si svolgerà il 22 giugno».

L’incontro avrà luogo dalle 9.00 alle 13.30 alla Scuola Grande di San Marco presso l’Ospedale SS. Giovanni e Paolo. «Con la presenza di esperti e con sessioni con le domande di pazienti e famiglie, si parlerà di proprio della leucemia mieloide cronica – aggiunge – che oggi, grazie a terapie innovative a partire dagli anni 2000, non ha più una prognosi infausta che lascia senza speranze, ma permette di conviverci con una buona qualità della vita in più del 90% dei casi. Si tratta di un tumore raro delle cellule del sangue, che di solito colpisce gli over 65 con un’incidenza di 1-2 casi ogni 100.000 persone, ma ci sono rare forme già dall’infanzia. Un tempo l’aspettativa media di vita era dai 3-5 dalla diagnosi, io grazie alle terapie ci convivo da 24 anni, quindi direi che la scienza ha fatto passi in avanti enormi».

La terapia per la leucemia mieloide cronica

«La malattia non è ereditaria – spiega Bombaci – in un determinato momento della vita l’attività cellulare all’interno del midollo osseo, responsabile della produzione del sangue, subisce un’alterazione dove alcune cellule mutano a causa di uno scambio non corretto di informazioni genetiche tra i cromosomi 9 e 22, dando vita a un gene ibrido, non esistente in natura, che produce cellule tumorali. Dal 2001 però, dopo l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) americana e dall’Agenzia Europea del Farmaco EMA, è uscito sul mercato il primo farmaco inibitore di questo meccanismo, l’Imatinib, che colpisce in modo mirato solo queste cellule problematiche, definito da Time Magazine del 28 maggio 2001, come ilproiettile magicodi nuova guerra contro il cancro».

«Da una piccola pillola è avvenuta una grande rivoluzione per chi, come me, aveva ricevuto la diagnosi di questa malattia – aggiunge – nonostante non esente da qualche leggero effetto collaterale iniziale, non si tratta di chemioterapia e inizialmente si ipotizzava che l’uso dovesse essere a vita. Invece questa funzioneinibitoredel farmaco può avere un effetto remissivo, certo non sempre per tutti, ma nel mio caso io non assumo più nulla dal 2014, avendo stabilizzato la mia situazione. E’ così possibile riprendere in mano la propria vita, pensare di nuovo al futuro, per le donne anche a gravidanze che non vengono compromesse, o sapere che ci saranno ancora molti altri giorni davanti da passare assieme ai propri cari. Per questo nell’incontro si parlerà anche di stile di vita, per riprendere padronanza del proprio corpo attraverso la giusta attività fisica e alimentazione».

Rapporto coi pazienti: il supporto offerto dal gruppo di AIL

«Nel 2009 ho deciso con altri pazienti di fondare un gruppo interno ad AIL e non creare un’altra associazione disperdendo energie – chiarisce il Referente nazionale – così AIL, che si occupa dei pazienti dal punto di vista dei servizi, poteva potenziare il supporto a livello di sensibilizzazione verso i pazienti per dare voce a chi non ne ha, oltre a difenderne i diritti, come quello all’oblio. Infatti se le malattie oncoematologiche non sono (quasi) più una condanna a morte, hanno strascichi quando risultano accessibili in un database anche dopo anni. Un esempio? Lo stigma del cancro rimane attaccato alla pelle, quando si prova a chiedere un mutuo, fortunatamente in proposito entrata in vigore la legge 193/2023, in questo modo chi è guarito da un tumore non è tenuto a fornire informazioni sulla patologia sconfitta. Ci impegniamo poi per rendere disponibili nelle stesse quantità gli stessi farmaci per tutte le regioni».

«Ci concentriamo anche sulle persone – prosegue – per supportare la convivenza con la malattia, soprattutto facendo corretta e buona informazione. Quando nel 2000 ho ricevuto la diagnosi, non conoscevo l’esistenza del farmaco che mi avrebbe salvato la vita, salvo scoprire grazie a Internet in un gruppo di discussione online da una persona del Canada che era in sperimentazione a 5 km da casa mia a Torino. Oltre quindi a dare informazioni utili e corrette, ci impegniamo a migliorare la comunicazione medico-paziente, in modo che non ci si dimentichi che si è sempre essere umani, non si diventa un tutt’uno con la patologia. La società civile deve sapere che oggi queste malattie non sono più una sicura condanna a morte e che quindi anche il tempo che si passa in ospedale ha valore, perché è un pezzo di vita. AIL esiste da 55 anni e noi ne facciamo parte da 15, a Venezia oltre a rinsaldare questo legame vorremmo dimostrare l’importanza di questo sodalizio».

L’aiuto della tecnologia digitale per la leucemia

«Sia chiaro che tutto questo non è comunque una passeggiata per un malato – ricorda Bombaci – quando alla diagnosi compare la parolaleucemia”, chi la sente non ascolta più altro, cade in un buio profondo assieme a chi gli sta intorno, anche se il medico dice che è curabile. Si pensa che il proprio futuro sia finito. Non dimenticherò mai quando è toccato a me quel 16 marzo 2000, con mia moglie che guardandomi mi disse “…E io che volevo invecchiare insieme a te” e mentre io pensavo di lasciare sola non solo lei ma anche due figli piccoli. I primi momenti sono tragici, ma per aiutare ad affrontarli è bene che le persone non pensino che sia finita prima di cominciare la lotta e per far questo bisogna fargli arrivare una corretta informazione nel modo migliore, sviluppando una consapevolezza e facendo incontri con chi è sopravvissuto al male».

«Siccome poi la prima cosa che fanno le persone oggi è andare online, spesso trovando informazioni errate o non scritte da chi ha vissuto questa esperienza in precedenza – conclude – cerchiamo di rendere disponibile materiale di qualità nel nostro sito, oltre a dare un supporto psicologico, anche in modo innovativo con la tecnologia. Il nostro gruppo è nazionale e arriva sui territori grazie alle 83 sezioni, ma usiamo anche i social network con gruppi privati e canali di messaggistica per far sentire ai malati che non sono soli. All’incontro del 22 giugno, a cui ci si può prenotare direttamente dal nostro sito, le domande che arriveranno in forma anonima ci serviranno a costruire delle FAQ per arricchire ulteriormente il nostro portale di informazioni».

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