L’ipertensione arteriosa è senz’altro, in assoluto, la patologia cardiovascolare più frequente nella popolazione: si calcola colpisca circa il 50% di chi ha più di 65 anni. Secondo L’EpiCentro dell’Istituto Superiore di Sanità, che si occupa dell’epidemiologia per la sanità pubblica, complessivamente il 31% degli italiani è iperteso e il 17% è border-line, cioè con pressione sistolica tra 130 e 139 e diastolica tra 85 e 89.
Ma, ci si chiederà, perché si diventa ipertesi? Infatti, tranne alcuni casi legati a gravi patologie congenite, ipertesi non si nasce, lo si diventa, prima o poi, nel corso degli anni.
Le arterie, cioè i vasi che partendo dal cuore portano il sangue ossigenato a tutto il nostro organismo, in particolare agli organi più nobili – cervello, cuore, reni – con il passare del tempo perdono gradualmente la loro elasticità. Pertanto, in risposta agli stimoli più vari, offrono una maggiore resistenza al passaggio del sangue al loro interno. Il cuore, allora, la “pompa” che spinge il sangue con le sue contrazioni regolari, deve compiere uno sforzo maggiore per svolgere tale compito e quindi si affatica. Inoltre, per salvaguardare gli organi più importanti, si innescano dei meccanismi di compenso che, a lungo andare, non fanno altro che perpetuare questo circuito.
Alla fine, il cuore svilupperà quella che si chiama una “ipertrofia”: avrà cioè più bisogno di apporto sanguigno e sarà più predisposto alle ischemie (infarto). Anche il cervello, sottoposto a questa elevata pressione sanguigna, rischia di andare incontro a degli inconvenienti ischemici (come l’ictus o le ischemie transitorie) o emorragici, con esiti spesso devastanti.
Per evitare tutto ciò è necessario innanzitutto fare in modo che tale fenomeno si realizzi, anche se inevitabilmente, almeno nel modo più lento possibile, cercando di ridurre i fattori di rischio, primi fra tutti il fumo, la sedentarietà, l’obesità e la dieta ipersodica, cioè con elevati contenuti di sale.
Poi, una volta accertata la presenza di ipertensione, è fondamentale seguire le terapie prescritte dal medico, assumendo regolarmente i farmaci e controllando con regolarità la pressione, preferibilmente al mattino, dopo almeno 5-10 minuti di riposo, con il braccio ben appoggiato sul tavolo. Purtroppo si calcola che solo la metà degli ipertesi sappia di esserlo, che, di questi, solo la metà venga trattato e che solo la metà di questi ultimi venga trattato con efficacia…
I valori pressori da mantenere sono ben codificati: in assenza di altre patologie concomitanti, come il diabete o l’insufficienza renale, il target da non superare si aggira sui 140/85 mm/Hg (millimetri di mercurio), a qualunque età.
La scarsa aderenza alla terapia può avere tante cause: la paura di poter incorrere in effetti collaterali legati ai farmaci o quella di essere “allergici” a qualche medicinale o principio attivo. O ancora la paura di crisi ipotensive (valori troppo bassi…) e tutta una lunga serie di leggende metropolitane che talvolta affollano anche le sale d’aspetto degli ambulatori.
In sintesi: se sospettate di avere una pressione sopra la norma, rivolgetevi al vostro medico di famiglia che vi farà fare quegli accertamenti utili per escludere eventuali cause organiche di ipertensione e comunque instaurerà una terapia il più possibile personalizzata e rispettosa delle vostre necessità.
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