Gli artisti veneziani Fabrizio Plessi e Mariateresa Sartori sono tra i protagonisti del 15esimo Cyfest, il progetto di mostre itineranti di media art ospitate in tutto il mondo, arrivato a Venezia nello spazio espositivo di Crea – Cantieri del Contemporaneo alla Giudecca, di cui è direttore Pier Paolo Scelsi, a cui è spettato il compito di coordinare l’evento veneziano. “Cyfest 15. Vulnerability” è il titolo di quest’anno della manifestazione organizzata da Cyland Foundation, che vede tra i vari partner anche l’Università Ca’ Foscari. Il progetto, dedicato alla vulnerabilità, nella nuova grande mostra collettiva mette in campo la (anti)fragilità degli spazi biologici, sociali e cibernetici, le memorie personali e l’immaginazione scientifica. Il tema della mostra parte infatti dal concetto che ogni creatura vivente è vulnerabile. Oggi non importa che tipo di catastrofe globale possa accadere: ecologica, antropica, politica, militare o biologica. Improvvisamente tutti si sono resi conto che il benessere promesso dalla quarta rivoluzione industriale è un’illusione sostituita da caos e sofferenza senza alcuna ragione apparente.
L’aspetto paradossale è che proprio sulla vulnerabilità sembrano basarsi la consapevolezza di sé e la dignità individuale di un essere umano. Riconoscere la propria vulnerabilità rende allora più forti e alimenta la responsabilità etica nei confronti degli altri. A introdurre la nozione di antifragilità fu nel 2012 il professor Nassim Nicholas Taleb. Questo concetto presuppone che l’antifragile, dopo aver attraversato prove e tribolazioni, diventi migliore di prima. In altre parole ciò che è fragile viene distrutto, mentre l’antifragile diventa più forte e migliore dagli errori e dai danni. Oggi la nozione di vulnerabilità ha acquisito nuove dimensioni. Diversamente da quanto sostenuto da Freud, nell’era postumana l’anatomia non è più un destino e ci misuriamo nella giustapposizione di due poli: Bio e Cyber. Tuttavia, il confronto tra ragione e computer, come software del corpo e della macchina, acquista una nuova risonanza. Gli artisti contemporanei esplorano “territori” che non rientravano prima nella loro area di interesse: la conservazione della natura, la stabilità sociale, l’autoidentificazione, la ricerca scientifica, la medicina, l’intelligenza artificiale, la politica e così via. L’arte può davvero illuminare le questioni globali e ispirare la creazione di segni antifragili su cui costruire un futuro diverso.
La potenza della natura ispira l’arte. L’artista veneziano Fabrizio Plessi nella sua videoinstallazione sperimentale “Energia” del 2016, composta da sette schermi, in mostra si domanda cos’è e qual è il senso dell’energia che altera gli schemi della percezione, fino a dedurre che la vera ed autentica energia è proprio, come la rappresenta, quella della luce di un lampo nel buio profondo della notte. “Sassi/Stones. Reading the rock” è invece il progetto dell’artista, anche lei veneziana, Mariateresa Sartori, nato dopo le visite alla cava EGAP di Stefano Pasinato a Rosà, nel vicentino, svoltesi all’interno dell’iniziativa Alchimie culturali, che vede unite Confindustria Veneto e la Fondazione Bevilacqua La Masa per la creazione di nuove sinergie tra il mondo dell’impresa e il mondo dell’arte. L’artista nella cava ha prelevato i campioni di pietra per sviluppare, con un rigore quasi archivistico, modalità di ricerca basate su solide basi scientifiche. È così che ha potuto evidenziare le diverse strutture interne di numerosi sassi, mostrando le loro differenze: ciò che infatti si deposita sulla carta è una sorta di radiografia della materia e della sua genesi. Questo è stato possibile realizzando frottages su carta normale. Nella serie “Valutazione dei fini”, l’artista ha ottenuto immagini spalmando della colla su carta fatta di pietra, molto liscia, su cui successivamente ha sparso con un pennello le polveri derivanti dalla pietra. In “Distribuzione delle sabbie” l’artista poi ha disperso in una scatola un piccolo quantitativo di sabbia, lasciando che i granelli si disponessero secondo i loro diversi pesi e calibri. Successivamente, appoggiando un foglio sulla scatola dopo averne abbassato i bordi, ne ha ricalcato il risultato, mentre in “Sezioni sottili” ha svolto ingrandimenti in tre diverse fasi.
In mostra anche il progetto Drop Tracer di Tuula Närhinen, che studia gli agenti non umani e la relazione tra le immagini e il mondo naturale, presentando ingrandimenti fotografici della pioggia e un video che permette al pubblico di osservare la durata degli schizzi. Ci sono poi le pelli coltivate da batteri di Anne Marie Maes che indagano il potenziale scultoreo dei materiali organici e le interfacce tra l’umano e il non umano, il macroscopico e il microscopico. Il collettivo Where Dogs Run, pioniere dell’arte scientifica, esamina invece i frattali attraverso modelli di maglieria in un’installazione performativa dal vivo. L’installazione multimediale di Elena Gubanova e Ivan Govorkov ricrea invece il concetto di “densità temporale” sviluppato dall’astronomo sovietico Nikolai Kozyrev. Questa mostra presenta anche monotipi raramente esposti come “Re-Pressions” dell’acclamato artista armeno Samvel Baghdasaryan (1956-2017), una ricerca artistica di sugli immaginari politici e le fragilità che hanno caratterizzato il periodo storico e di transizione per l’indipendenza dell’Armenia all’inizio degli anni ’90. La mostra prosegue con le sculture in tessuto gonfiabile di Irina Korina e gli oggetti architettonici e urbanistici realizzati con LED riciclati di Alexandra Dementieva. Phill Niblock e Katherine Liberovskaya portano invece una riflessione su scorci e suoni percepiti durante la pandemia, mentre le nuova installazione di Anna Frants riflette sull’affetto che può essere espresso, oltre a parole, anche con numerosi suoni. Completano il percorso le opere e installazioni colorate di Ludmila Belova, Yvetta Fedorova, Max Blotas, Alexey Dymdymarchenko, Natalia Lyakh, Nao Nishihara e Mónica Naranjo Uribe. La mostra, prima di volare a New York, resterà visibile fino al 30 agosto.
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