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A Ca’ Pesaro le opere visionarie di Matta

Uniche nel loro genere, caotiche visioni di mondi immaginati: sono le opere di Roberto Matta, esposte fino al 23 marzo nella prima mostra istituzionale in Italia dedicata all’artista cileno

Sono opere di un grande visionario, uniche nel loro genere, caotiche visioni di mondi immaginati. È visibile ancora fino al 23 marzo alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia la mostra “Roberto Matta 1911-2002”. Si tratta della prima mostra istituzionale in Italia dedicata all’artista cileno a cura di Dawn Ades, della direttrice di Ca’ Pesaro Elisabetta Barisoni e Norman Rosenthal. Cittadino del mondo, visionario, autore poliedrico, pittore e disegnatore, architetto e scultore, artista e militante, Roberto Sebastián Antonio Matta Echaurren (Santiago del Cile, 1911 – Civitavecchia, 2002) si annovera tra gli artisti più importanti del Ventesimo secolo ma tra le figure meno celebrate e rappresentate nelle collezioni dei musei italiani. La mostra di Ca’ Pesaro si inserisce così nei progetti di approfondimento, ricerca e riscoperta degli autori del Novecento portati avanti dal Museo, partendo dai capolavori custoditi nella sua collezione, tra cui il dipinto “Alba sulla terra” del 1952 acquisito a seguito della mostra “Matta 1949 -1953” tenutasi nel 1953 nella Sala Napoleonica al Museo Correr sotto l’egida del poliedrico intenditore, mercante ed editore Carlo Cardazzo. Protagonista del Surrealismo di cui si celebra nel 2024 il centenario, Matta ha sviluppato un suo linguaggio visivo particolare: il suo universo è sorprendente, complesso e articolato. L’irrazionalità, l’inconscio, l’automatismo psichico e la materia che si deforma, patrimonio del surreale, si uniscono alla fondamentale esperienza a Parigi come collaboratore dell’architetto Le Corbusier. Allo stesso tempo, la componente geometrica, architettonica e costruttiva nelle forzature prospettiche e degli sconfinamenti verso la quarta dimensione, che contraddistinguono la sua produzione matura, conservano l’eco dell’amore per la poesia.

Un’opera monumentale accoglie i visitatori

“Coïgitum” è l’opera monumentale del 1972 di ben 10 metri di lunghezza con cui si apre la mostra. La gigantesca creazione fin da subito attesta la costante volontà dell’artista di sperimentare lo spazio. I visitatori entrano immediatamente nel mondo di Matta con un’opera che unisce l’immaginario surrealista alla costruzione architettonica e allo sfondamento non-Euclideo dello spazio. Compare così fin da subito il mondo fantascientifico di Matta  in cui  si mescolano le atmosfere siderali dei videogiochi e quelle della Street art in visioni che travalicano i limiti terreni per raggiungere i variegati mondi dello spazio. «Quest’opera esprime la natura di instancabile sperimentatore dello spazio che accompagna tutta l’arte di Matta – spiega Elisabetta Barisoni – Entriamo nel suo mondo in medias res con un’opera che unisce l’immaginario surrealista alla costruzione architettonica e allo sfondamento tridimensionale dello spazio, nell’attualità di un gesto che diventa manifesto di arte pubblica. Matta si presenta fin da subito come partecipe del mondo della fantascienza». Oltre a Coïgitum, un altro dipinto realizzato nello stesso periodo e pittoricamente molto forte e intenso, “El Burundu Burunda ha muerto” del 1975, parla della guerra civile colombiana degli anni ’50.

Tra astrazione e figurazione: l’arte fa anche politica

Quello di Matta è un modo di dipingere che, al confine tra astrazione e figurazione, ha ispirato gli espressionisti astratti americani degli anni ’40. Le numerose possibilità e la libertà gestuale della pittura a olio schiudono nuovi mondi a Matta. Nei dipinti che intitola “Psychological Morphologies” inizia a creare tipologie di spazio radicalmente nuove, in continua evoluzione nelle sue opere successive. Proprio negli anni ‘40 realizza inquietanti e spesso misteriose visioni, dove linee e colori evocano spazi oltre la comprensione umana, sia vasti che microscopici. Personalità vulcanica e imprevedibile, tra le sue opere più significative esposte a Ca’ Pesaro vi è l’intensa “La Question” del 1958, che richiama la questione della Guerra d’Algeria, e la grande tela “La chasse aux adolescents” che evoca la rivoluzione del maggio francese del 1968, oggi di drammatica attualità. Dalla ripresa di una narrativa epica per immagini, che ricorda la grafica dei codici precolombiani, arriva al più recente ciclo di grandi tele dalle prospettive cosmiche, come le battaglie interplanetarie. Colpisce in mostra la sensibilità circa le tematiche ecologiche, espresse nei soggetti e fino all’applicazione pratica degli allestimenti, realizzati senza cornici, usando basi di recupero e concepite secondo un’ottica di sostenibilità. Sulla stessa lunghezza d’onda si è sviluppato anche il progetto allestitivo di Ca’ Pesaro, realizzato con il gruppo di Design Differente. Diverse sono le anime di Matta, tra dipinti monumentali e sculture che emergono nel percorso espositivo cronologicamente. Arte e politica a partire dal dopoguerra si fondono: in un Matta militante, emerge il ricordo di Federico García Lorca, ucciso dai franchisti, a cui l’artista era profondamente legato. Della rivoluzione cubana visse poi con intensità la prima stagione, quando sull’isola si radunarono gli artisti europei e latinoamericani.

Il rapporto di Matta con Venezia

In mostra non manca la produzione oltre che di dipinti e disegni, anche di sculture, progetti di architettura e oggetti di design. Spicca una foresta di totem di animali, figure mitologiche, sedute troneggianti, archetipi dagli echi mediterranei e delle civiltà precolombiane, esposte nell’ingresso, nella corte e nell’androne del Museo. Accanto, oggetti di design contemporanei, come il sistema di sedute Malitte: una composizione modulare di cinque blocchi, oggi prodotta da Paradisoterrestre e a disposizione del pubblico della mostra. E poi oggetti e sculture in vetro, figlie della straordinaria esperienza veneziana del Centro Studio Pittori nell’Arte del Vetro, nato nel 1954 e l’anno successivo ribattezzato Fucina degli Angeli da Jean Cocteau, simbolicamente rappresentato in mostra dalle trasparenze di “Museros”, realizzata a Murano nel 1969. La mostra infattiricorda e rinnova il legame storico di Matta con Venezia. Nella città lagunare Matta arriva per la prima volta nel 1948, tra gli artisti della collezione Peggy Guggenheim ospitata nell’epocale esposizione al Padiglione della Grecia alla Biennale d’Arte, a cui seguì la mostra al Correr del 1953, punto di partenza per questa nuova esposizione che traccia le infinite possibilità della sua arte.

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