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A Venezia è arrivata Megaflora

Fino al 28 settembre, il giardino del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue ospita la scultura dell’artista britannica Alice Channer

In laguna è approdata “Megaflora”. Fino al 28 settembre, il giardino del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue ospita la scultura dell’artista britannica Alice Channer. Realizzata con una colata di sabbia di alluminio brillante a partire da una scansione 3D, l’opera nasce dalla manipolazione digitale di un elemento vegetale comune e finisce per trasformarsi in un ibrido metallico. Esposta per la prima volta en plein air, dopo il successo alla Summer Exhibition 2022 della Royal Academy di Londra, “Megaflora” si misura con il contesto lagunare e si presenta come un punto di contatto tra le collezioni scientifiche del museo e l’immaginario artistico contemporaneo. «Nella sua collocazione tra fossili, minerali, collezioni botaniche e zoologiche, l’opera dialoga con un sapere enciclopedico incentrato sul mondo naturale», evidenzia il direttore del museo Luca Mizzan, «innesca una riflessione sulla trasformazione della materia, sulla preservazione del vivente e sul ruolo dell’immaginazione artistica in un’epoca segnata dalla crisi ecologica e dal predominio tecnologico».

Tra natura ed artificio

Il processo creativo di Channer si colloca da sempre al confine tra natura ed artificio. «Piuttosto che orientarsi verso rappresentazioni dirette dei fenomeni naturali, il suo lavoro sembra dar vita a una realtà alternativa, generata da materiali e processi creativi che competono con quelli organici», evidenzia il curatore Harry Woodlock, «il suo progetto può essere letto come una rappresentazione del cambiamento, in sintonia con le trasformazioni che l’ambiente ha subito o a cui si è adattato». Attraverso sculture in metallo, resina o pietra sintetica, Channer indaga le dinamiche di trasformazione e vulnerabilità, ma anche i meccanismi di protezione e adattamento. Con “Megaflora” utilizza la forma per enfatizzare la violenza del cambiamento. «I procedimenti meccanici e la trasformazione fisica generano una consapevolezza dell’esistenza delle opere nel tempo e del loro venire all’essere», aggiunge lo storico dell’arte Jacopo Galimberti, «si sperimenta il tempo attraverso la fabbricazione, la costruzione e la fusione. Esiste una sorta di empatia che permette allo spettatore di sentirsi connesso a ciò che i materiali hanno attraversato per arrivare allo stato attuale».

Alice Channer

Channer è nata a Oxford, nel Regno Unito, nel 1977. Vive e lavora alla periferia di Londra. Si è laureata al Goldsmiths College con una laurea triennale in Belle Arti, al Royal College of Art di Londra con una laurea magistrale in Scultura e alla University of Sussex con una laurea triennale in Letteratura Inglese. Ha esposto le sue opere a livello internazionale in numerose mostre personali e collettive istituzionali, tra cui la Kunsthalle di Amburgo,  la Tate Britain di Londra e il Fridericianum di Kassel. Di recente ha presentato la retrospettiva “Heavy Metals / Silk Cut” al Kunstmuseum e alla Kunsthalle di Appenzello, accompagnata dal suo primo catalogo monografico. “Megaflora” è la seconda installazione che Channer espone alla Fondazione Musei Civici di Venezia, dopo l’inclusione di quattro sue opere nella mostra “Senza respiro” ospitata alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro nel 2019. Nel 2013, ha partecipato alla cinquantacinquesima Biennale di Venezia di Massimiliano Gioni “Il Palazzo Enciclopedico”. 

La foresta di Venezia

L’installazione è accompagnata da una nuova pubblicazione realizzata con i contributi di Mizzan, del curatore Harry Woodlock, dello storico dell’arte e ricercatore all’Università Iuav di Venezia Jacopo Galimberti e della scrittrice d’arte e conduttrice Louisa Buck. «Nonostante la sua presenza arborea, “Megaflora” ha avuto origine da un piccolo rovo, un rametto spinoso lungo dieci centimetri, ingrandito fino a diventare una forma scultorea autonoma. Per gli spettatori veneziani, la figura potrebbe richiamare immediatamente alla mente i milioni di pali in legno su cui la città è costruita», osserva Galimberti, «i tronchi sono conservati grazie a una complessa combinazione ingegneristica e un ecosistema composto da acqua e fango. Sebbene i batteri agiscano degradando il legno sotto la superficie, l’ambiente privo di ossigeno rallenta drasticamente questo processo. Le cose mutano, ma sono più o meno in uno stato di omeostasi. “Megaflora” amplia le ricerca artistica di Channer e la estende all’ambiente urbano e al tempo profondo dei processi invisibili che hanno attraversato gli alberi selezionati per questa funzione ingegneristica da 1.600 anni». 

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