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Abou e la sua casa in terra cruda, tecnica che si studia allo Iuav

Il vicentino Jacopo Baldelli, nell’ambito del dottorato di ricerca ha lavorato alla sua tesi, dedicata all’approfondimento di un metodo antico ed ecologico, rilanciato dal senegalese, veneziano d’adozione, Abdoulaye Petit Faye. L’obiettivo, testarne la resistenza

L’antica tecnica della terra cruda, vero fil rouge di una storia che ha permesso a generazioni e culture differenti, oltre che a Paesi lontani, di incontrarsi e di portare avanti una collaborazione preziosa, pronta a dare i suoi frutti. Tecnica ripresa in mano da Abdoulaye Petit Faye, per tutti Abou, che ha realizzato la propria abitazione in Senegal, lì dove ha le sue radici, affidandosi proprio ai mattoni in terra cruda pressata. Sono serviti ben sette anni per ultimarla, in un viaggio continuo fra Venezia – sua città d’adozione da quando aveva poco più di 20 anni, dove oggi vive e ha formato la propria famiglia – e Dakar, luogo d’origine che rimane sempre nel suo cuore, nonostante la scelta di investire altrove il futuro. Abou ha scelto di riproporre una tecnica legata al passato, per la quale mancavano ancora studi scientifici che ne attestassero affidabilità e sicurezza. Uno scenario in cui s’inserisce la collaborazione con lo Iuav, nell’ambito di un dottorato che ha permesso a Jacopo Baldelli, ventottenne di Bassano del Grappa, di ottenere qualche settimana fa la valutazione “eccellente” al termine di un percorso di studio durato tre anni. Lo stesso che ha portato a condurre un’ampia ricerca sulla resistenza di un materiale nel quale Abou, che 25 anni fa ha avviato nella città d’acqua la ditta edile Felino, ha scelto di scommettere.

Veduta dall'alto dell'abitazione di Abdoulaye Petit Faye
Una tecnica ecologica alternativa al cemento

«È stato fatto un grosso passo avanti a livello scientifico. Gli studi effettuati attraverso una borsa di dottorato – spiega l’architetto Andrea Degan, che da tempo affianca Abou, citando il ruolo prezioso svolto da Antonella Cecchi, professore ordinario di Scienza delle Costruzioni che ha accolto con entusiasmo la proposta di sinergia – hanno dimostrato che questo tipo di muratura è sicura: abbiamo messo sotto sforzo porzioni di muro per valutarne l’effettiva resistenza». L’auspicio è che questa tecnica ecologica e alternativa rispetto al più tradizionale cemento, possa presto diffondersi in Senegal, dove non è ancora sfruttata proprio a causa di una scientificità fino a questo momento assente. Anche perché i vantaggi che porta con sé sono significativi, a cominciare da un buon isolamento termico che consente di mantenere negli interni una “frescura” naturale, risparmiando in energia elettrica del climatizzatore. «In questo lungo periodo di lavoro – racconta Abou riferendosi alla sua casa – tornavo nel mio Paese un paio di mesi all’anno, potendo contare sull’aiuto di manodopera locale, a cui ho fatto scuola. L’aspetto più bello è stato accostare all’esperienza da me appresa in Europa, la conoscenza degli artigiani del posto e i materiali da loro normalmente utilizzati».

Al centro Abou e Andrea Degan, insieme al gruppo di lavoro in Senegal
«Gli immigrati, lavoratori preziosi su cui investire»

La storia stessa di Abdoulaye, classe ‘66, è un incrocio di culture e tradizioni d’appartenenza e acquisite con l’arrivo in Laguna; una storia fatta di sudore e voglia di mettersi in gioco per dare forma alle proprie aspirazioni. Lo confermano la ditta edile fondata a Venezia, formata da 4 dipendenti (un ucraino e 3 senegalesi) e associata alla Cna lagunare, e quella in Senegal, che dà lavoro ai giovani che vivono lì. Lavoratori preziosi che, una volta raggiunta l’Italia da immigrati, possono rappresentare un punto di forza prezioso per il Paese. Perché si sa, per il settore di manodopera su cui investire ce n’è sempre meno. Da qui l’impegno di Abou, da sempre, insieme all’amico Amadou e ad alcuni veneziani, nella promozione dell’interculturalità attraverso l’associazione “Teranga”, luogo d’integrazione e scambio culturale che in passato ha portato anche ad attività d’incontro nelle scuole e alla partecipazione ai vari villaggi per l’animazione estiva, culminati nel Marghera Estate Village. «Sono convinto che invece che “confinare” tanti giovani immigrati nei Centri d’accoglienza, – riflette Abou – la cosa fondamentale sarebbe quella di formarli insegnando loro un mestiere affinché, una volta usciti da lì, si sentano integrati e utili. Il settore edile non deve spaventare al giorno d’oggi: esiste ormai un’attrezzatura che aiuta a ridurre la fatica».

Gli interni dell'abitazione di Abdoulaye Petit Faye, da poco ultimata dopo sette anni di intervento
«Un viaggio da clandestino, attraversando i Balcani»

Sposato con una veneziana e papà di Stella, Abdoulaye racconta i motivi che l’hanno spinto a dare una svolta alla propria vita. Suo padre, in Senegal, operava già nel mondo dell’edilizia ed era convinto che bisognasse avere «dei mestieri in tasca», al di là dello studio, che Abou svolgeva la sera, invece che di giorno, proprio per via del lavoro. Per l’uomo era importante che i suoi figli potessero contare sui loro risparmi. «Ho scelto di andarmene, anche se con dolore. Ho affrontato un viaggio avventuroso, clandestinamente, tra un confine all’altro, attraversando i Balcani quando lì c’era la guerra, quasi sempre nascondendomi. Ho lavorato tanto per l’integrazione e per integrarmi io stesso, riqualificando il mestiere che avevo imparato da ragazzino. La casa in Senegal? Tra qualche anno, forse, potrò cominciare ad andarci rimanendo per qualche mese in più». E proprio fra Iuav e università senegalese di Thiès potrebbe aprirsi prossimamente un partenariato importante per garantire, all’avventura iniziata da Abou, un’evoluzione ulteriore nel mercato edilizio e della ricerca.

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