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Airone rosso: una presenza discreta in laguna di Venezia

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Avvistata la presenza di questa specie, LIPU Venezia racconta perché è importante preservarla

«Vedere un airone rosso? Non è per niente semplice, perché è un volatile che raramente si fa osservare dall’uomo e rifugge la aree antropizzate – spiegano da LIPU Venezia – ma anche se non è così visibile la sua presenza è molto importante come bioindicatore della qualità di un habitat naturale, visto che predilige aree riparate dalla vegetazione, tipicamente le zone umide della nostra laguna e qualche altre località mediterranea. Simile all’airone cinerino, ma più piccolo e con colori più vivaci, per cui è facilmente riconoscibile. Purtroppo non è solo raro da vedere, ne sono rimasti pochi esemplari, per questo è una specie protetta, come prevede la Direttiva Europea 79/409 “Uccelli”».

Nella provincia di Venezia l’airone rosso è stato avvistato di recente a Valle Figheri a Campagna Lupia, nelle vicinanze del Canale dei Cuori a Cona e presso la Cassa di Colmata ‘A’ a Mira. «All’interno di alcune aree di zone umide protette come le nostra Oasi LIPU Cave di Gaggio Nord e Cave di Praello, l’Oasi WWF Valle Averto, l’Oasi Naturalistica di Vallevecchia a Caorle, l’Oasi WWF Cave di Noale e l’Oasi Lycaena di Salzano – spiegano i volontari – sono presenti le tipiche aree che questo animali predilige per nidificare, ovvero i canneti. Zone umide caratterizzate dalla compresenza di acqua e di una ricca vegetazione acquatica, inserite in un perimetro in cui la caccia è vietata. Questi luoghi, per le loro caratteristiche e la protezione, hanno permesso di incentivare la nidificazione dell’airone rosso, favorendo un lieve aumento di coppie che depositano e curano qui le loro uova».

Caratteristiche di base dell’airone rosso e minacce alla sua sopravvivenza

L’Ardea purpurea, nome scientifico del volatile, è una specie numericamente inferiore al più noto airone cinerino, riconoscibile per la colorazione marrone-rossiccia del corpo alternata a fasce grigie o nere, una cromia che gli permette di mimetizzarsi con facilità fra i canneti, con la tipica postura con il becco all’insù per confondersi con la vegetazione intorno a lui. «Sono in numero inferiore – spiegano da LIPU – perché sono meno adattabili, sono elusivi e non accettano la presenza umana. Essendo un migratore, trascorre l’inverno in Africa tropicale, arrivando in Europa da fine marzo a ottobre, periodo in cui nidifica, generalmente tra 0,5 e 1 metro dal pelo dell’acqua, fra i canneti, che costituiscono l’ambiente ideale in cui trovare protezione e cibo, visto che in questa vegetazione proliferano pesci, anfibi e piccoli invertebrati».

La maggior parte degli esemplari di ritorno dal continente africano, in prevalenza dal bacino del fiume Congo, si concentrano in Val Padana, dopo una lunga traversata attraverso il deserto. Uno dei motivi del sempre minor numero di esemplari è così legato anche all’aumento della desertificazione rispetto ai terreni non aridi, che allunga sempre di più la rotta dei volatili e rende i punti per sostare più distanti fra loro. L’africa vede progressivamente così superfici compromesse di quello che una volta era habitat naturale , ma anche nelle oasi l’airone ha la vita difficile, è infatti soggetto di bracconaggio per sussistenza, mentre una volta lo era per l’uso delle sue piume.

Come si può proteggere l’airone rosso dal rischio di estinzione?

«Il principale strumento per difendere questa specie di uccelli è quello di tutelare gli habitat naturali – spiegano da LIPU Venezia – questi animali risentono molto dei cambiamenti ambientali, per cui preservando i canneti e le aree umide si mette al riparo anche l’airone rosso. Il contesto può essere sia di acqua dolce che salmastra, infatti una cannuccia di palude può resistere fino al 10-15% di salinità ed è un importante strumento di difesa ambientale in quanto in generale assorbe gli inquinanti, trattenendo soprattutto fosfati e metalli».

«Favorire la presenza di questi animali – aggiungono – permette di tenere a bada una serie di altre specie, visto che si alimenta sì in genere di tritoni, pesci, piccoli bisce d’acqua e biacchi o bisce di terra, ma gli aironi rossi hanno imparato a mangiarsi il temibile gambero rosso delle Louisiana, una specie aliena particolarmente invasiva. Nelle Oasi LIPU di Venezia lo scorso anno ci sono stati tre nidi, negli anni ne abbiamo anche inanellato qualche esemplare che però non ha più fatto ritorno da noi, probabilmente a causa del difficile viaggio o perché vittime di caccia. Ci vorrebbero dei radiocollari, senza mancano i dati puntuali sulla sua presenza nel nostro territorio».

Perché dovremmo impegnarci tutti a salvaguardare l’airone rosso?

«Tutti gli aironi purtroppo sono stati braccati dai primi del ‘900 per le piume – ricordano preoccupati i volontari – hanno seriamente rischiato l’estinzione, anche se adesso sarebbe quasi fuori pericolo, il rischio più grosso resta la sottrazione di habitat in Val Padana e sul Mediterraneo. Perché dovremmo occuparcene tutti? Perché l’airone rosso, come altre specie animali è un grande indicatore ambientale di qualità, quando dirada la sua presenza significa che si sta perdendo biodiversità e la vita umana, progressivamente potrebbe essere messa a rischio perché anche per noi l’habitat è vitale».

«Perdere specie è un danno enorme – concludono – sono il “termometrodel livello di salute di come sta la natura, per questo dovremmo tutti preoccuparci della loro difesa, a prescindere dalle bellezza o dalla simpatia che possono avere. Difendere gli animali è un po’ come difendere sé stessi, per questa progetti di fito-depurazione a canneto per contenere gli inquinanti sono molto importanti perché da queste piante dipendo non solo gli uccelli ma anche anfibi e pesci. La regressione di questi habitat è in corso in tutto il Mediterraneo tra fattori antropici e climatici, l’innalzamento del livello del mare e l’aumento di salinità ha sì influenza diretta sulla presenza dell’airone rosso, ma subito dopo, se non facciamo nulla, quelli in difficoltà saremo noi, speriamo prevalga il buon senso se non l’amore per l’ambiente».

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