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Alla Fondazione Prada l’arte è misura del cambiamento climatico

La mostra, visitabile fino al 26 novembre, propone di mettere in campo una visione meteorologica dell’arte

Tutti parlano o si lamentano del tempo, ma con difficoltà comprendono l’emergenza climatica in corso. “Everybody Talks About the Weather” è la mostra di ricerca proposta alla Fondazione Prada a Venezia negli spazi di Ca’ Corner della Regina, visitabile fino al 26 novembre. Ideata dal curatore Dieter Roelstraete, con più di cinquanta opere di artisti contemporanei e una selezione complementare di lavori storici, sottolinea come clima e tempo hanno plasmato le identità culturali. L’allestimento progettato dallo studio newyorkese 2×4 intreccia la dimensione artistica del progetto a una serie di approfondimenti scientifici sviluppati in collaborazione con il New Institute Centre For Environmental Humanities (NICHE) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Una mostra che propone di mettere in campo una visione meteorologica dell’arte, sottolineando quanto sia urgente parlare di cambiamento climatico.

L’esposizione

Su due piani la mostra intreccia ricerca artistica e scientifica. Appena entrati, un grande ledwall trasmette in loop le previsioni del tempo di tutto il mondo. Le sale del palazzo veneziano ospitano poi opere d’arte che rivelano la costante attenzione degli artisti nel parlare del tempo attraverso dipinti allegorici e pitture en plein air, fino alle recenti installazioni multimediali e all’attivismo transnazionale. Parte delle opere è accostata a dati scientifici per approfondire fenomeni fisici e processi ambientali evocati o esplicitamente affrontati dagli artisti e relativi a diversi periodi della storia umana: dalla piccola era glaciale dal XVI al XIX secolo al futuro di Venezia alla fine del XXI secolo.

Il tempo nell’arte

In mostra molte sono le opere che dimostrano come il tempo sia cambiato nei secoli, a partire dal dipinto di un anonimo veneto che ritrae la “Laguna ghiacciata alla Fondamente Nuove nel 1708”, dove si vedono i cittadini che raggiungono a piedi l’isola di San Michele. In mostra anche “Mount Haruna sotto la neve” celebre opera del 1853 di Ichiryusai Hiroshige. Fino al “Ritratto di donna” di Carlo Francesco Nuvolone, che sottolinea come sotto le pesanti vesti nere dell’abbigliamento si celi il gran freddo della piccola era glaciale di metà ‘600. Tra i contemporanei, Pieter Vermeersch espone un’installazione che integra otto repliche di capolavori storici da Giorgione a Monet che sottolineano come i cambiamenti metereologici hanno influito sulla storia dell’arte. In mostra anche l’installazione “Carotaggi” di Giorgio Andreotta Calò, composta da estratti del suolo, mentre Pae White imita la natura effimera dei fenomeni atmosferici introducendo elementi di mistero e meraviglia.

Nuvole

A lungo esplorato nella storia dell’arte occidentale è il tema delle nuvole: quanto di più simile all’immagine fondativa dell’astrattismo. Tra gli artisti contemporanei spicca in mostra il lavoro di Chantal Peñalosa (Tecate 1987, città di frontiera del Messico), che trasforma questo soggetto di pura contemplazione estetica o di struggimento romantico in un’entità densa di significato politico. Il suo progetto fotografico consiste in una serie di dittici che registrano le formazioni di nubi che nel tempo hanno attraversato il confine tra Stati Uniti e Messico. Le nuvole assumono una valenza politica, evocando il miraggio di un agevole attraversamento. lñigo Manglano-Ovalle è invece uno dei primi “meteorologi” dell’arte contemporanea, che da quasi trent’anni usa le valenze metaforiche del tempo atmosferico per trattare temi che spaziano dalla catastrofe ambientale alle crisi umanitarie. L’opera Plume (2003) ritrae nuvole che paiono il risultato di un’esplosine, fotografate nei dintorni del luogo del New Mexico in cui venne eseguito l’esperimento nucleare denominato Trinity. Una creazione che si domanda se le nuvole fotografate siano composte da solo vapore acqueo.

L’installazione

L’artista Himali Singh Soin ha invece intrapreso il progetto “We are opposite like that” dopo un soggiorno su una piccola isola al largo della Penisola Antartica. Immergendosi nell’universo maschile della letteratura sulle esplorazioni di epoca vittoriana, Soin ha notato che in questi resoconti di viaggio nelle zone polari la natura era assente, così ha cercato di dare voce alla forza del ghiaccio in particolare. La sua suggestiva installazione è un contenitore d’acqua in cui confluisce musica, performance, poesia e video. Avvolta in una luccicante coperta termica, Soin, anomala presenza dalla pelle scura in un mondo di un bianco accecante, evoca l’immagine toccante del ghiaccio come mancanza, sottolineandone l’attuale fusione, e al tempo stesso pienezza, come qualcosa che si riempie di ricordi, storie e saperi che rischiano di scomparire per sempre per colpa dell’antropocentrismo.

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