
Amici di una vita, il nuovo romanzo di Hisham Matar pubblicato da Einaudi, è un’opera delicata, malinconica e profondamente umana che racconta l’esilio, l’amicizia e la difficoltà di appartenere a un luogo quando la propria terra d’origine è segnata dalla violenza e dalla dittatura. Ambientato tra Londra e la Libia, il libro segue il cammino interiore di Khaled, un insegnante libico che vive in Inghilterra da oltre trent’anni, segnato da un’esistenza sospesa tra passato e presente. L’inizio del romanzo ci riporta al 2016, Khaled accompagna alla stazione l’amico Hosam, uno scrittore tormentato e in partenza per la California. Con questo gesto apparentemente semplice, il protagonista intraprende una lunga camminata solitaria attraverso Londra, che diventa il filo narrativo su cui si innestano ricordi, riflessioni e flashback. La mente torna al 1984, Khaled e l’amico Mustafa feriti da colpi d’arma da fuoco sparati dall’ambasciata libica durante una manifestazione a St. James’s Square. Questo evento reale – in cui morì la poliziotta Yvonne Fletcher – diventa il cuore pulsante della storia e simbolo dell’impossibilità di tornare a casa. Attraverso la voce quieta e riflessiva di Khaled, Matar costruisce una narrazione che si muove a spirale: ritorna più volte su momenti cruciali, li approfondisce, li sfuma, senza mai offrire certezze assolute. L’amicizia tra Khaled, Mustafa e Hosam – intensa, contraddittoria, dolorosa – viene analizzata nei momenti di gioia e difficoltà, nei tradimenti e nei ritorni, ma soprattutto nella sua irriducibile complessità. Lontani dalla Libia, i tre amici trovano rifugio nella letteratura, nella memoria e, ciascuno a suo modo, nell’impegno politico. Se Mustafa sceglie l’azione armata e Hosam si rifugia nella scrittura e poi nell’amore per la propria cultura, Khaled sembra il più restio a prendere posizione. Eppure, proprio nella sua apparente passività si nasconde un coraggio profondo: quello di accettare una vita ordinaria, di rimanere fedele a ciò che ha costruito, anche se imperfetto.
In questo, Amici di una vita si distacca dai tradizionali romanzi sull’esilio, offrendo un ritratto inedito: non di eroi, ma di uomini spezzati, sospesi, che cercano di ricomporsi senza grandi proclami. Lo stile di Matar è raffinato e musicale, capace di passare da frasi meditative e complesse a brevi epifanie che illuminano il testo con chiarezza cristallina. L’ambientazione londinese, con i quartieri, le gallerie d’arte e le piazze cariche di memoria, diventa un personaggio silenzioso che accompagna l’interiorità dei protagonisti. Londra è presentata anche come la città dell’esilio letterario per eccellenza, dove “gli scrittori arabi venivano a morire” – un’ironia sottile, considerando il successo dello stesso Matar in questa città. In Khaled, che i suoi amici definiscono “l’uomo che crede che, se solo la gente leggesse di più, il mondo sarebbe un posto migliore”, rivive la figura dell'”uomo superfluo” della tradizione russa – l’intellettuale paralizzato dall’eccesso di sentimento e incapace di agire. Infine, il romanzo è anche una meditazione sulla scrittura e sulla memoria, sul senso di appartenenza e sulla possibilità – o meno – di tornare. Il titolo originale My Friends diventa in italiano Amici di una vita, sottolineando il legame che unisce i tre protagonisti al di là delle scelte e delle distanze. “Amici” è una parola usata troppo spesso con leggerezza, ci ricorda Hosam. Qui, invece, assume tutto il suo peso e la sua bellezza. Un romanzo sottile ma potente, che scava con sensibilità nelle ferite dell’esilio e nell’intimità dei legami umani, restituendo una voce poetica e necessaria nel panorama della letteratura contemporanea.”
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