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“Amici di una vita”: il nuovo romanzo di Matar sulle ferite dell’esilio

La recensione del libro del mese di aprile a cura di Gianluca Callegari e Michela Fabbro, librai della Libreria Studium di Venezia

Amici di una vita, il nuovo romanzo di Hisham Matar pubblicato da Einaudi, è un’opera delicata, malinconica e profondamente umana che racconta l’esilio, l’amicizia e la difficoltà di appartenere a un luogo quando la propria terra d’origine è segnata dalla violenza e dalla dittatura. Ambientato tra Londra e la Libia, il libro segue il cammino interiore di Khaled, un insegnante libico che vive in Inghilterra da oltre trent’anni, segnato da un’esistenza sospesa tra passato e presente. L’inizio del romanzo ci riporta al 2016, Khaled accompagna alla stazione l’amico Hosam, uno scrittore tormentato e in partenza per la California. Con questo gesto apparentemente semplice, il protagonista intraprende una lunga camminata solitaria attraverso Londra, che diventa il filo narrativo su cui si innestano ricordi, riflessioni e flashback. La mente torna al 1984, Khaled e l’amico Mustafa feriti da colpi d’arma da fuoco sparati dall’ambasciata libica durante una manifestazione a St. James’s Square. Questo evento reale – in cui morì la poliziotta Yvonne Fletcher – diventa il cuore pulsante della storia e simbolo dell’impossibilità di tornare a casa. Attraverso la voce quieta e riflessiva di Khaled, Matar costruisce una narrazione che si muove a spirale: ritorna più volte su momenti cruciali, li approfondisce, li sfuma, senza mai offrire certezze assolute. L’amicizia tra Khaled, Mustafa e Hosam – intensa, contraddittoria, dolorosa – viene analizzata nei momenti di gioia e difficoltà, nei tradimenti e nei ritorni, ma soprattutto nella sua irriducibile complessità. Lontani dalla Libia, i tre amici trovano rifugio nella letteratura, nella memoria e, ciascuno a suo modo, nell’impegno politico. Se Mustafa sceglie l’azione armata e Hosam si rifugia nella scrittura e poi nell’amore per la propria cultura, Khaled sembra il più restio a prendere posizione. Eppure, proprio nella sua apparente passività si nasconde un coraggio profondo: quello di accettare una vita ordinaria, di rimanere fedele a ciò che ha costruito, anche se imperfetto.

Il racconto di uomini spezzati che cercano di ricomporsi

In questo, Amici di una vita si distacca dai tradizionali romanzi sull’esilio, offrendo un ritratto inedito: non di eroi, ma di uomini spezzati, sospesi, che cercano di ricomporsi senza grandi proclami. Lo stile di Matar è raffinato e musicale, capace di passare da frasi meditative e complesse a brevi epifanie che illuminano il testo con chiarezza cristallina. L’ambientazione londinese, con i quartieri, le gallerie d’arte e le piazze cariche di memoria, diventa un personaggio silenzioso che accompagna l’interiorità dei protagonisti. Londra è presentata anche come la città dell’esilio letterario per eccellenza, dove “gli scrittori arabi venivano a morire” – un’ironia sottile, considerando il successo dello stesso Matar in questa città. In Khaled, che i suoi amici definiscono “l’uomo che crede che, se solo la gente leggesse di più, il mondo sarebbe un posto migliore”, rivive la figura dell'”uomo superfluo” della tradizione russa – l’intellettuale paralizzato dall’eccesso di sentimento e incapace di agire. Infine, il romanzo è anche una meditazione sulla scrittura e sulla memoria, sul senso di appartenenza e sulla possibilità – o meno – di tornare. Il titolo originale My Friends diventa in italiano Amici di una vita, sottolineando il legame che unisce i tre protagonisti al di là delle scelte e delle distanze. “Amici” è una parola usata troppo spesso con leggerezza, ci ricorda Hosam. Qui, invece, assume tutto il suo peso e la sua bellezza. Un romanzo sottile ma potente, che scava con sensibilità nelle ferite dell’esilio e nell’intimità dei legami umani, restituendo una voce poetica e necessaria nel panorama della letteratura contemporanea.”

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