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Anna: «Fuori dal tunnel, in comunità sono rinata»

Anna: «Fuori dal tunnel, in comunità sono rinata»
Oltre la dipendenza: il percorso di guarigione e crescita personale di una donna nel Centro Don Milani di Mestre

«In questo luogo mi sono innamorata di me, non è una cosa scontata perché certe volte ci si sottovaluta, si dà tanto per gli altri e non ci si riconosce»: queste le parole di una delle ospiti della comunità Contatto, una delle tre realtà del progetto Coges don Milani per curare le dipendenze. 

Le tre strutture si trovano al forte Rossarol a Tessera, per ogni area viene adottato un approccio diverso. In particolare, la comunità Contatto si propone come una comunità terapeutica femminile nella quale, grazie alle esperienze fatte negli anni, è stato proposto il progetto Frida, ossia una risposta mirata alle esigenze delle donne con problemi di dipendenza.

«Quando sono arrivata qua, due anni fa – continua Anna (nome di fantasia) – la mia decisione di restare era legata alla mia situazione di emergenza. Con il tempo ho capito che meritavo di stare bene, ho trovato una vera e propria famiglia dove sentirmi libera di essere quella che sono, di dire quello che penso, mi sono sentita accolta e mi hanno aiutata a crescere», racconta con emozione. Pertanto la comunità va oltre il semplice trattamento delle dipendenze e per queste donne diventa un rifugio dove si promuove non solo la guarigione fisica, ma anche quella interiore e psicologica.

La lotta contro la dipendenze: un viaggio personale di rinascita e consapevolezza

«All’inizio è difficile», spiega l’ospite della comunità Contatto. «Io sono entrata in questo posto nel 2020 e l’ho preso come una scuola che mi insegnasse come stare lontana dalla sostanza».
«Quando abbiamo iniziato a fare i primi gruppi credevo di aver imparato le nozioni fondamentali e ho pensato di continuare per la mia strada; purtroppo però ero ancora in una situazione molto “tossica” e in una relazione molto negativa per me e la persona con la quale stavo. Ad ottobre del 2021 sono tornata nella struttura ed ero proprio in emergenza, avevo bisogno di un posto che mi potesse contenere in quel momento perché ero ingestibile, non capivo quello che facevo». 

Prosegue Anna: «Se adesso mi guardo indietro mi chiedo come si possa arrivare a quella situazione e mi rendo conto che la droga ti allontana talmente tanto dalla realtà che entri in una specie di tunnel dove vuoi solo quello e non esiste nient’altro». 

Riconoscere e accettare i propri limiti

«Ho un figlio di 14 anni, qui sono riuscita a lavorare sulla mia relazione con lui. Ho capito i miei limiti e che devo rispettarli per il mio benessere», aggiunge l’ospite.

Il lavoro che fanno spesso le mamme all’interno della comunità Contatto è passare da una idealizzazione di se stesse come mamme perfette, che è insostenibile, a un’idea di ciò che possono essere con i loro limiti. È un ritorno alla realtà, in quanto molto spesso l’idealizzazione della mamma viene da quello che esse avrebbero voluto avere dalle proprie madri.

Tuttavia, il tema della perfezione è un qualcosa che tutte le donne hanno, anche nell’aspetto fisico e nell’aspetto relazionale: «È come se fosse presente un ideale talmente alto che non è sostenibile; ognuna di noi tenta di sopravvivere ma bisogna essere in grado di riconoscere i propri limiti», descrive ancora Anna.

«Ora con mio figlio abbiamo instaurato un rapporto diverso, io mi sento molto più matura nei suoi confronti. Ovviamente, un filo di senso di colpa ci sarà sempre, ma sono riuscita a creare un equilibrio con lui. Abbiamo una sorta di rapporto confidenziale dove io sono la mamma che fisicamente non c’è ma che lo ascolta».

Una nuova vita dopo la comunità

La donna che ha condiviso la sua storia sta per iniziare un nuovo cammino: il 25 novembre partirà per l’Australia. «Ho già degli obiettivi che mi sono posta per quando sarò lì, davanti a tutto ho messo me stessa. Prima ho bisogno di fare delle cose che mi piacciono, dedicarmi a me. All’inizio, quando ricominci ad uscire dalla comunità le prime volte, ti senti come un neonato che gattoni. Ancora adesso io non sono sicura al 100% di me stessa, sono ancora quel bambino, ma la consapevolezza è diversa e quello che vivi è potente perché è tutto nuovo. Quando ti ripulisci senti e vedi le cose, a quasi 40 anni, come se fosse la prima volta, ed è bellissimo». 

Tuttavia, riprende la donna che sta per uscire dal Centro Don Milani, «in questo luogo mi sento protetta, non ho davvero nessun problema, ma quando sono fuori mi sembra di rientrare in un mondo che ho già vissuto e che non mi appartiene più. Per questo ho deciso di partire».

Anna ha dei parenti in Australia che la aiuteranno nel primo periodo ad inserirsi nella società, suo figlio per ora resterà in italia con il padre e continuerà le scuola qui; entrambi i genitori vogliono assecondare il figlio nelle future scelte e come si augura Anna stessa magari un giorno la raggiungerà in Australia. 

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