Logo Ve-Nice

Annunciata la Biennale d’Arte 2026, sarà nel segno di Koyo Kouoh

«La gente è stanca, abbiamo bisogno di bellezza» diceva Koyo Kouoh, la curatrice della prossima Biennale d’Arte, venuta a mancare ad inizio maggio. Il presidente Buttafuoco: «Porteremo avanti il suo progetto»

Era il 10 maggio quando la Biennale di Venezia viene travolta dalla triste notizia che Koyo Kouoh, la designata curatrice della 61. Mostra Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia, prevista il prossimo anno, è improvvisante venuta a mancare all’età di 58 anni. Dopo lo sgomento e lo smarrimento inziale, la visione è stata subito chiara: «La mostra si farà secondo il progetto di Koyo» ha affermato Pietrangelo Buttafuoco, presidente dell’ente. Koyo Kouoh era la prima curatrice africana a cui era stato affidato il prestigioso incarico e in questi ultimi mesi aveva definito il progetto. La scelta della Biennale è stata così, con il pieno sostegno della famiglia di Koyo, quella di continuare la strada fatta fino a quel momento dalla curatrice al fine di preservare, valorizzare e diffondere il più possibile le sue idee e il suo lavoro, svolto con dedizione fino all’ultimo. In questi ultimi mesi, infatti, Koyo Kouoh aveva lavorato intensamente, delineando l’architettura della mostra, selezionando gli artisti e le opere.

“In Minor Keys”: l’’accento sulle “tonalità minori”

“In Minor Keys”, questo sarà il titolo scelto da Koyo Kouoh per la 61. Esposizione Internazionale d’Arte, che si terrà dal 9 maggio al 22 novembre 2026, come la curatrice aveva indicato nel testo curatoriale trasmesso l’8 aprile scorso al presidente Buttafuoco, in cui Koyo declinava il quadro filosofico della sua curatela, che prevede il contributo di un team di figure professionali selezionate, quali Gabe Beckhurst FeijooMarie Helene Pereira, Rasha Salti, Siddhartha Mitter e l’assistente Rory Tsapayi. Secondo la visone di Koyo, la mostra dovrà sintonizzarsi sulle “tonalità minori”: «La gente è stanca, il mondo è stanco e anche l’arte stessa è stanca. Abbiamo bisogno di altro, abbiamo bisogno di guarire, ridere e stare con la bellezza» era il pensiero di Koyo. Come si legge dal suo testo curatoriale la prossima Biennale d’Arte sarà «una mostra che invita ad ascoltare i segnali persistenti della terra e della vita, in connessione con le frequenze dell’anima. Se nella musica le tonalità minori sono spesso associate alla stranezza, alla malinconia e al dolore, qui si manifestano anche nella loro gioia, consolazione, speranza e trascendenza».

Oltre la “missione civilizzatrice”, per riscoprire i saperi locali e artigianali

Attraverso una processione visiva e meditativa, la mostra solleciterà tutti i sensi, offrendo un’alternativa alla “missione civilizzatrice”, come la chiamava Koyo, che «ha denigrato come chimere i saperi locali, indigeni e terrestri, e ha liquidato le pratiche artistiche co-costitutive come l’artigianato». La composizione della mostra sarà costituita da pratiche artistiche che stimoleranno il rapporto e la relazione, parlando al sensibile e all’affettivo: «Rifiutando lo spettacolo dell’orrore, è giunto il momento di ascoltare le tonalità minori, di sintonizzarsi sotto voce sui sussurri e sulle frequenze più basse; di scoprire le oasi, le isole, dove si tutela la dignità di tutti gli esseri viventi» diceva ancora la curatrice nella presentazione del progetto espositivo. In questo senso gli artisti, i poeti, i performer e i filmmaker saranno canali verso e tra le tonalità minori, interpreti della condizione sociale e psichica. Nella cacofonia del caos odierno la musica deve continuare: «Sarà una mostra dove insieme si fonderanno coesione e dissonanza alla maniera di un ensemble di free jazz o, forse di un festival di ensemble con un presupposto comune: chela poetica libera e le persone creano insieme la bellezza» continuava la curatrice, sottolineando che la Biennale d’Arte del prossimo anno dovrà essere un’esperienza espositiva che trovi fondamento più sul sensoriale che nella didattica.

Il ricordo di Buttafuoco

Commuove la testimonianza di Buttafuoco nel ricordare quando, il 17 ottobre dello scorso anno, propose a Koyo di assumere la direzione del settore artistico delle arti visive. «Quando le chiesi la sua disponibilità per questo incarico, ancora prima di darmi risposta, mi chiese un bicchiere d’acqua e, mentre lo beveva, mi domandò se, pur nella riservatezza da mantenere, poteva dare la notizia a sua mamma. In quella richiesta c’è il romanzo di una vita» racconta Buttafuoco, sottolineando come l’aneddoto spieghi la genuinità e sensibilità di Koyo. «Nessuno oggi racconta l’india a partire da Madre Teresa e nessuno la Cina con le risaie o l’Africa come la dinamo del futuro. – dice il presidente – La proposta di Koyo è quella di un sussurro, di una sottovoce, che è anche il metodo attraverso cui la luce trova spazio. Così il lavoro di Koyo si confronta con i curatori che sono stati e con quelli che verranno». E sottolinea infine: «La nostra istituzione nella prossima Biennale d’Arte farà quello che fa da 130 anni: realizzerà ed edificherà l’idea di un curatore che, pur nell’assenza, sarà presente per suggerire da quell’altrove una strada precisa: quella del futuro».

Argomenti correlati: , , ,
Autore:

Iscriviti a VE-NICE e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!