
Una notte alla scoperta delle chiese veneziane, scrigni preziosi di arte che rivelano come Dio sia bellezza e speranza. Ha risposto molto bene l’apertura serale di alcune delle chiese veneziane del Patriarcato di Venezia durante l’Art Night, l’evento dedicato all’arte e alla cultura organizzato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia. Durante la serata di sabato 21, oltre a musei, atelier d’artista straordinariamente aperti, concerti e performance, il Patriarcato di Venezia grazie al progetto speciale “Varcare la soglia della speranza” ha colto l’occasione di aprire durante la notte le chiese di San Fantin, Santa Maria Mater Domini, San Samuele e Santa Croce degli Armeni. Tali chiese sono infatti solitamente chiuse al pubblico o difficilmente accessibili perché aperte solo durante le funzioni liturgiche o in occasione di esposizioni temporanee, dove però l’attenzione si concentra sulla mostra di volta in volta ospitata e non sulle bellezze storico artistiche sempre presenti. A queste si era aggiunta anche la possibilità di visita della Biblioteca monumentale del Seminario Patriarcale alla Salute, guidati da Silvia Marchiori e collaboratori, dove sono stati riempiti tutti i turni di visita. «L’Art Night è una proposta di valore molto conosciuta e ben organizzata. È stata occasione per far riscoprire le chiese attraverso delle visite guidate tematiche, come luoghi di fede che ospitano o hanno ospitato la liturgia, mettendo in rilievo attraverso beni legati alla fede l’aspetto della comunicazione del Vangelo e approfondendo il messaggio di fede che le opere ancora oggi custodiscono» spiega la prof.ssa Ester Brunet, storica dell’arte e collaboratrice dell’Ufficio Beni Culturali e dell’Ufficio Evangelizzazione e Catechesi del Patriarcato.
Questo è stato possibile grazie a delle guide volontarie che già collaborano con gli itinerari giubilari attivati in occasione del Giubileo della Speranza indetto da Papa Francesco. «Gli accompagnatori durante la visita delle chiese hanno seguito un percorso di lettura che in particolare ha valorizzato le opere che rientrano nel macrotema della speranza cristiana» spiega Brunet. La chiesa di Santa Maria Materdomini è quella che ha visto maggior affluenza, con circa 50 visitatori per ognuno dei tre turni, mentre le altre hanno registrato un massimo di 35 persone alla volta, con un’affluenza totale di quasi 500 persone. «Ci ha fatto piacere notare tanto interesse e apprezzamento in particolare da parte dei veneziani, felici di poter fare un percorso di visita in chiave liturgica, teologica ed evangelica, oltre che estetico, in chiese che non vedevano da anni» commenta Brunet.
A San Fantin Brunet ha affrontato il tema della Croce, per i cristiani segno di speranza. «Il Verbo incarnato sulla Croce ha vinto la morte. Questa allora non è più segno di patibolo ma vessillo trionfale. – racconta – Mi sono concentrata sulla lettura iconografica della grande “Crocifissione” di Leonardo Corona, che si collega dal punto dei vista dei contenuti all’antica Scuola di San Fantin (ora sede dell’Ateneo Veneto ndr), detta anche dei “Picai”, i cui confratelli andavano a confortare i condannati a morte nei loro ultimi giorni, accompagnandoli con aiuti concreti e spirituali. – e spiega – La Maddalena, il buon ladrone e il centurione presenti nell’opera sono tutti modelli di convertiti». A Santa Croce degli Armeni gli esperti Alberto Peratoner e Eleonora Menghini hanno invece affrontato il tema della rinascita legandolo alla storia degli Armeni mechitaristi, che in città hanno trovato il luogo dove rigenerarsi. Una storia che ha incuriosito e appassionato i presenti.
A Santa Maria Mater Domini, invece, fra Riccardo Tonin si è concentrato sul racconto della figura di Maria attraverso tre sue raffigurazioni, tra cui un bassorilievo bizantino, unico conservato al di fuori della Basilica di San Marco e proveniente da Costantinopoli, che precedentemente faceva parte di una fontana in cui dai palmi della Vergine zampillava l’acqua. «Un’iconografia particolare. – spiega Brunet – Maria con le mani aperte e l’acqua che sgorga è segno di purificazione e rinascita, oltre a presentare la Madonna come fonte di grazia». La figura di Maria, inoltre, rappresenta la maternità come condizione primigenia di speranza e apertura al futuro. Circa la figura dell’Immacolata sono state approfondite in chiesa anche una Madonna con Bambino del XV secolo presente sull’altar maggiore, la statua della Madonna col Bambino di Antonio Bregno del XVI secolo e l’altare dedicato alla Madonna del Rosario. A San Samuele, invece, le studentesse universitarie Greta Sarcina e Anna Nicolodi hanno fatto una lettura degli affreschi quattrocenteschi del presbiterio con Sibille e Profeti, attraverso le opere di un pittore anonimo della cerchia di Mantegna e Padovano, che evocano il tema della visione profetica. A queste chiese si è aggiunta, in ultima, anche la chiesa di San Stae, che è stata aperta per l’occasione da Chorus, l’associazione per le chiese del Patriarcato di Venezia. Qui la guida professionista Monica Latini, prolungando l’orario di visita, ha parlato del senso cristiano del martirio come foriero di vita, soffermandosi in particolare nel ciclo del presbiterio con 12 tele ad opera di grandi artisti del ‘700 veneziano, tra cui spiccano Tiepolo e Piazzetta, che rappresentano i santi apostoli che stanno per essere martirizzati. Inoltre, sono state approfondite le tele eucaristiche degli Angeli e le statue dell’altar maggiore con le Virtù teologali. «Tutti temi letti attraverso la storia dell’arte – conclude Brunet – che possono incuriosire laici e anche non credenti».
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