Venerdì 8 marzo l’ospedale San Raffaele Arcangelo – Fatebenefratelli di Venezia ha festeggiato il suo 140 anniversario.
In questa occasione, don Massimo Angelelli, responsabile della pastorale della salute, si è espresso sul futuro della struttura ospedaliera: «Siamo impegnati a mantenere vive ed efficaci queste strutture ma anche ad aprirle sempre di più verso il territorio perché diventino punti di riferimento», spiega don Massimo. «Vogliamo aprirci all’assistenza domiciliare perché la cura che viene offerta ai residenti ed ai presenti nelle nostre strutture sia portata anche nei domicili».
Infatti, in considerazione dell’evolversi del tessuto sociale, si osserva un aumento delle persone sole nei propri domicili. La speranza è che istituzioni di accoglienza come l’ospedale San Raffaele Arcangelo possano svolgere un ruolo fondamentale nell’attenuare la solitudine ed offrire un sostegno prezioso a coloro che ne hanno bisogno.
«Anche in una città come Venezia – conclude il responsabile – che soffre di un calo di presenze e di popolazione, questo può essere un modo per mantenere attivo il suo tessuto sociale ed urbano».
In Italia, si estende una vasta rete di strutture sanitarie cattoliche, che comprende istituti sanitari, sociosanitari e socioassistenziali. Questa rete svolge un ruolo significativo nel fornire cure mediche, assistenza sociale e servizi di supporto, mantenendo un’impronta ispirata ai valori e agli insegnamenti della fede cattolica.
«Per noi queste strutture ospedaliere sono punti di radiazione e testimonianze che la chiesa ha sempre preso in carico le fragilità», afferma don Massimo.
La creazione di una rete di solidarietà è un invito a cui tutti siamo chiamati a partecipare.
«La nostra vita è intrecciata con la necessità di luoghi di incontro e relazione», aggiunge il responsabile. «Per questo la creazione di spazi di prossimità diventa essenziale. Questi luoghi non solo favoriscono le connessioni umane, ma svolgono un ruolo cruciale nel nutrire il tessuto sociale e nell’offrire supporto reciproco».
La costruzione e il mantenimento di luoghi di prossimità contribuiscono a colmare il divario tra le persone, creando comunità più forti e resilienti.
Essendo cambiato il contesto sociale ed aumentata la vita media, oltre a combattere la solitudine la società si ritrova a dover gestire malattie con lunghi periodi di cronicità. Tuttavia, non essendoci un sistema di supporto definito, il peso ricade principalmente sulle spalle delle famiglie.
Questo carico diventa significativo, sia da un punto di vista relazionale che finanziario.
«Ci rendiamo conto che queste famiglie vanno sostenute ma non è semplice», racconta don Massimo. «C’è bisogno di una rete relazionale di sostegno. Per questo motivo, incoraggiamo vivamente le nostre parrocchie e comunità cristiane a svilupparsi come comunità sananti, creando una rete di relazioni intorno a queste famiglie in modo che possano ricevere sostegno e assistenza».
Infatti, anche dedicare qualche ora di supporto settimanale a una famiglia può risultare di grande sollievo.
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