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Beatrice: «La rappresentazione del sacro oggi parla contemporaneo»

 Il noto critico d’arte e docente alla Biblioteca Vez ha parlato della presenza del sacro e la sua evoluzione nell’arte contemporanea

In che termini il sacro oggi rierta nell’arte? È a questa domanda che Luca Beatrice, critico d’arte e docente, nonché curatore del Padiglione Italia alla 53a Biennale Arte di Venezia, ha cercato di rispondere in un incontro prenatalizio avvenuto alla Biblioteca Civica Vez di Mestre, durante una lectio dal titolo “La persistenza del sacro nell’arte contemporanea”. In un viaggio affascinante, da Nolde, passando per Bacon, Cattelan, Banksy, fino a Errano, Luca Beatrice ha cercato di delineare cosa rimane e come si configura oggi il concetto del sacro nell’arte, in una società principalmente laica e in crisi di valori. L’arte sacra, o meglio, la rappresentazione del sacro nell’arte, oggi ha assunto significati differenti da quando le immagini servivano per insegnare la dottrina cristiana agli analfabeti. Questa non solo ha prodotto opere immortali nel corso dei secoli ma, tra classicismo e astrattismo, devozione e shock inattesi, ha alimentato dubbi e interrogativi.

Nuovi modi di rappresentare il sacro

Il 1911 è una data in cui la pittura è, per così dire, al limite: «Sta andando verso l’incontro con le avanguardie. – spiega Beatrice – Se Matisse nella Cappella di Saint Paul de Vence con un lavoro iconico, come se fosse un fumetto, lavora in modo estremamente sintetico andando a cogliere l’essenza del sacro ridando semplicità ed immediatezza, un pittore di area germanica come Emil Nolde, invece, quando crea la “Crocifissione di Cristo” utilizza un tema così forte per realizzare un manifesto del dipingere espressionista». Piano piano si inizia a parlare di sacro anche nella pittura astratta: «Rothko è stato più volte definito mistico» continua Beatrice, portando come esempio la Cappella aconfessionale di Houston realizzata dall’artista: «Usa la pittura con profondità, grazie a colori vibranti e superfici essenziali ricrea un senso mistico». Dopo un decennio di arte concettuale, con la transavanguardia si ha un ritorno alla pittura. Mimmo Paladino nel 1979, cercando di restituire contemporaneità al tema della crocifissione, togliendo l’elemento della croce, coniuga pittura e legno lavorando su un uomo quasi vitruviano, con interventi in tecnica mista. Non manca poi il tema del sacro nella Body art dallo spiccato senso teatrale di Hermann Nitsch, che con le sue performance rielabora il senso del sacrificio umano sulla croce: «Negli anni abbiamo visto molti corpi rappresentati nella storia dell’arte, come il San Sebastiano trafitto dalle frecce. Con la Body art anziché rappresentare bisogna invece vivere e interpretare, e l’artista attira su di sé la sofferenza, il dolore e il dramma».

Grido allo scandalo

É così che l’inserimento del sacro nell’arte diventa sempre più ambiguo sfociando nella blasfemia: «La religione diventa qualcosa da oltraggiare e spesso ne vengono prese le distanze provocando scandalo». È stato così ad esempio per Francis Bacon quando con “Screaming Pope” ha ritratto Papa Innocenzo X urlante: «Una rielaborazione in chiave espressionista del celebre ritratto di Velázquez a cui ha dato il senso carnale del sacro». Altro esempio è Olga Tobreluts che utilizza il computer per inserire volti di star del cinema all’interno di dipinti rinascimentali, come ha fatto nel 1989 quando nel quadro dell’Annunciata di Antonello da Messina ha sostituito il volto di Kate Moss; ma scandalizza anche la fotografia pop “The last supper” di David LaChapelle, che molti giudicano dissacrante in quanto Cristo tra i giovani che bevono pare non aver alcun messaggio. È così che iniziano le prime domande sulla legittimità delle opere: «L’artista deve essere libero di esprimersi, ma io posso avere il diritto di offendermi e di non accettare il messaggio di fronte ad un’immagine che ritengo blasfema. – e sottolinea Beatrice – È un tema che non ha soluzione».

Parlare dell’oggi attraverso il sacro

Tra le opere che più hanno fatto discutere sicuramente c’è “La nona ora” di Maurizio Cattelan. La realizzazione, esposta alla Biennale d’Arte di Venezia, mostra Papa Giovanni Paolo II, a cui è riconosciuto il merito di aver ridato centralità alla Chiesa contemporanea, schiacciato da un meteorite e steso su un tappeto di schegge di vetro. Molti in questo caso si sono chiesti se l’opera fosse da considerare blasfema: «L’arcivescovo di Cracovia in questa circostanza disse che rappresentava la potenza dell’uomo e della Chiesa, affermando che in realtà Woytila ancora resisteva. – spiega Beatrice – Un lavoro interessante proprio perché ambiguo, che non dà soluzione». Sono sulla stessa linea seppur ancora più impattanti le opere di Paul Fryer che pone Cristo seduto su una sedia elettrica o quelle del fotografo Andres Serrano che immerge i crocifissi nel sangue o nell’urina: «In quegli anni uno dei grandi fantasmi era l’Aids, l’opera è allora una lettura di questo tragico fenomeno per mettere in evidenza il dramma del contagio. – sottolinea il critico – Un pugno nello stomaco, ma l’arte che funziona è quella più ambigua e che corre sul filo». C’è poi Banksy, il famoso artista la cui vera identità è sconosciuta, che si è servito più volte di immagini sacre per veicolare messaggi di denuncia: «Tocca il tema del sacro nel senso di icona votiva – conclude Beatrice -, pensa che questo tipo di immagine nella cultura visiva contemporanea non abbia finito il suo corso e possa essere ancora interessante per attrarre lo sguardo del pubblico».

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