Uno guardo dritto e fiero, che buca la tela. Così appare Italico Brass nel suo autoritratto che a settembre sarà esposto nella mostra “Italico Brass. Il Pittore di Venezia” allestita a Palazzo Loredan a Venezia, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dal prossimo 29 settembre al 12 dicembre a cura di Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin. Si tratta della prima grande mostra veneziana dedicata al pittore che scelse la città di Venezia come casa, la cui arte fu confinata all’oblio per molto tempo. Italico Brass (Gorizia 1870 – Venezia 1943), nonno del famoso regista Tinto, fu un pittore acclamato in vita e nel dopoguerra, ma poi venne dimenticato per oltre sessant’anni. La mostra, possibile grazie alla collaborazione con gli eredi Brass che custodiscono un fondo importantissimo di opere, molte delle quali saranno esposte per la prima volta, punta proprio a far riscoprire l’arte di Italico che tra Otto e Novecento si apre alla modernità e alle suggestioni della pittura impressionista per raccontare la sua visione particolare della città.
Inedita, viva e pulsante, ma soprattutto popolare, così appare Venezia nelle opere di Brass che in pieno stile da reporter nel documentare attimi di vita, gioiosa e vissuta nella collettività, consegna alla memoria quelle che probabilmente sono le ultime allegre immagini di una città che apparteneva ancora ai veneziani. Le circa 100 opere che saranno esposte nella mostra, promossa dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dall’editore Lineadacqua, sono fresche visioni della città e di chi la popola, riuscendo a rendere, con immediatezza rappresentativa e un vibrante uso del colore, attimi di vita spensierati come le estati al lido, i burattini a San Polo e le giostre a Sant’Elena. Artista che fu pittore della grande Venezia, gestita da una borghesia che portò avanti una fervida stagione artistica e culturale e che fece nascere la Biennale.
L’esposizione è pensata come una passeggiata tra i luoghi iconici che hanno segnato la storia del pittore: <La mostra è partirà da San Trovaso, dove l’artista aveva la sua casa, per terminare alla Misericordia dove aveva lo studio> ha spiegato Vatin. L’esperienza di visita sarà accompagnata dal profumo realizzato per l’occasione da The Merchant of Venice, ispirato alla Venezia dei primi decenni del ‘900 tra suggestioni dannunziane e orientalistiche. In allestimento anche le lampade di Mariano Fortuny che vogliono richiamare gli ambienti dell’atelier di Brass e il gusto del tempo. L’esposizione è anche occasione per una rivalutazione critica della sua arte: <Se un tempo i critici dicevano che Brass avesse influenze di Guardi e Monet, oggi ci siamo domandati chi c’è veramente alla radice del suo stile. – dice invece Romanelli – In realtà gli artisti da cui ricevette influenze dal punto di vista tematico o linguistico sono periferici rispetto al grande filone dell’impressionismo francese. Uno di questi è il pittore Boudin, maestro di Monet. Non sappiamo se si incontrarono ma entrambi arrivano in città nel 1895>. Una certa somiglianza si nota anche con Ippolito Caffi, in particolare nella rappresentazione della luce naturale che filtra tra i palazzi e nei fuochi artificiali che divampano di notte. Inoltre come Caffi, anche Brass fu reporter di guerra. Italico fu una personalità totalmente indipendente dal punto di vista artistico che in città non fece neanche parte dei ribelli di Ca’ Pesaro, e non ebbe seguaci. Attraverso la sua pittura infatti, che non è riconducibile a nessun maestro, non cercava l’avanguardia ma la modernità.
In mostra un video realizzato per l’occasione approfondirà a tutto tondo la figura dell’artista. Ampia fu la sua formazione: prima all’Accademia di Belle Arti di Monaco, dove prese lezioni da Karl Raupp, e poi a Parigi dove rimase per sette anni. Fin da quando era bambino fu attratto dalla città di Venezia, finché riuscì a trasferirvisi nel 1895, dove ottenne subito successo. <A Parigi lo chiamavano il “pittore di Venezia” pensandolo proprio un veneziano> sottolinea Vatin. Dal 1895 partecipa a quasi tutte le Biennali d’Arte, dove tenne la sua prima grande personale nel 1910 con 43 opere.Inoltre a Venezia realizza il suo progetto di restauro dell’Abbazia Vecchia della Misericordia, fortemente danneggiata da un bombardamento durante la guerra. Progetto di una vita dove realizzò il suo atelier e dove ospitò la sua collezione di arte antica, una delle più importanti del tempo in cui figuravano opere di pittori quali Tintoretto, Tiziano e Veronese. In città prese parte attivamente alla vita culturale e fu anche mercante d’arte. A lui si devono in particolare la riscoperta di Magnasco e la valorizzazione di autori quali Arcimboldo e Pordenone.
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