
È contenuto già nel titolo, il senso del progetto “Accompagna una famiglia”, nato da un’idea di Caritas italiana e Fondazione Conad Ets, sviluppato con il sostegno di Fondazione Snam Ets. L’obiettivo è quello sostenere le famiglie più fragili e in difficoltà attraverso un percorso di inclusione sociale, volto a promuovere l’adozione di uno stile di vita più consapevole rispetto a temi legati all’educazione alimentare, finanziaria, energetica e in termini di inserimento nel mondo del lavoro. I tre partner hanno coinvolto diversi enti del terzo settore, portando avanti un’iniziativa che ha abbracciato diverse Caritas diocesane e i rispettivi volontari e operatori, distribuiti in dieci territori, come primi destinatari di un percorso di formazione pensato per consentire loro di acquisire informazioni e competenze da trasmettere poi a tutti i beneficiari dei servizi Caritas. «Siamo in fase di chiusura. È stata un’esperienza molto impegnativa per i volontari, cinque afferenti a due Centri di ascolto della nostra Diocesi: del Lido (due le famiglie coinvolte nell’iniziativa) e di Marghera (tre quelle che sono state scelte) – è il bilancio di Martina Libertà, della Caritas veneziana, dopo otto mesi di attività portata avanti –. Quello instaurato è stato un rapporto continuativo, in cui il volontario ha rappresentato una sorta di tutor per i nuclei accompagnati». Ai quali ha potuto trasmettere le conoscenze che già facevano parte del proprio bagaglio personale e quelle apprese durante webinar e corsi dedicati ad argomenti specifici.
In contemporanea, percorsi formativi ad hoc sono stati rivolti ad una platea di un centinaio di famiglie, distribuite sul territorio nazionale, in situazione di fragilità, per sostenere un percorso di autonomia e assistenza già avviato con la Caritas di riferimento a livello locale. Oltre a Venezia, queste le altre città che hanno preso parte al progetto: Vicenza, Novara, Bergamo, Modena, Forlì, Parma, Cosenza, Pescara, Salerno e Trivento. «Per quanto riguarda la nostra Diocesi – prosegue Libertà – cinque le differenti nazionalità seguite e accompagnate in questi mesi: italiana, bengalese e nigeriana (afferendo alla Caritas vicariale di Marghera), ucraina e tunisina (al Lido). Si tratta di famiglie con più di un figlio – un paio addirittura con quattro – che normalmente si affidano ai Centri di ascolto e che sono state selezionate, nell’ambito del progetto, sulla base di una serie di requisiti». Se Fondazione Conad Ets ha svolto un ruolo di coordinamento tra i partner progettuali e le Diocesi, donando ad ogni famiglia inserita nell’iniziativa solidale tessere prepagate per effettuare la spesa al supermercato, come supporto al percorso di educazione alimentare, Fondazione Snam Ets ha coordinato i percorsi formativi di contrasto alla povertà energetica e incentrati sull’educazione alimentare con il supporto di Fondazione Azione contro la Fame Italia e Agenzia territoriale per l’Energia e la Sostenibilità di Parma (Ates).
Tra i partner di “Accompagna una famiglia” vanno citati pure Airc, Feduf, Fondazione Human Age Insitute. «Inizialmente i volontari si sentivano un po’ invadenti a chiedere alle famiglie di entrare nelle loro case, ma poi sono state loro stesse ad aprirgliele, rendendo la cosa meno difficile di quello che poteva sembrare all’inizio». Libertà racconta come mamma e papà del nucleo nigeriano siano stati accompagnati in questi mesi anche al matrimonio. «Alcune famiglie – continua – hanno a che fare con il cosiddetto “lavoro povero”, sinonimo di precarietà e attività a tempo determinato. Tutti elementi insufficienti a mantenere l’intero nucleo familiare. Sono persone integrate e le loro abitazioni presentano spesso delle difficoltà. C’è chi non ha nemmeno i radiatori». A conclusione del progetto, una giornata nel segno della convivialità, organizzata di recente, nel patronato di Villabona, con le varie famiglie che hanno avuto modo di conoscersi e che hanno cucinato una serie di piatti legati alla propria tradizione culinaria, mettendo in campo le indicazioni ricevute attraverso i webinar sull’educazione alimentare. Poi un secondo appuntamento, in questo caso riservato ai volontari, dedicato alla condivisione di opinioni e bilancio generale sul progetto.
Poco meno di un anno a stretto contatto con una famiglia nigeriana, formata da mamma, papà e due figli piccoli. E un’esperienza da lei definita «interessante e formativa, che mi ha arricchita». Michela Cabianca, del Centro di ascolto Caritas di Marghera e volontaria alla mensa Papa Francesco, ripercorre con mente e cuore questi mesi di volontariato intensi, in cui è come se fosse diventata parte integrante del nucleo familiare da lei affiancato nel progetto che ha coinvolto la Caritas diocesana. L’aspetto significativo è che le cinque famiglie supportate – una delle quali affidata proprio a Cabianca – continueranno ad essere aiutate nonostante l’esperienza sia volta al termine. «Non le abbandoneremo. Continueremo ad esserci finché diventeranno del tutto autonome. Sono progetti che non hanno mai una fine così improvvisa. Con queste persone si instaura un legame che non può che andare oltre la durata dell’iniziativa», riflette la donna, 65enne di Villabona (a Marghera), ex insegnante in pensione. «Ora – ammette lei, con riferimento ai webinar e corsi seguiti nei mesi scorsi – mi sento più pronta ad affrontare alcune situazioni che prima mi mettevano in difficoltà. Mi rendo conto di avere più competenze, di cui noi volontari abbiamo bisogno. La formazione è importante e la si ottiene strada facendo». Un’attività, quella connessa al progetto, in qualche momento fatta anche di inevitabili fatiche, impegnativa. Quanto vissuto in questi mesi da Cabianca, fa parte ora di un bagaglio personale prezioso, che si aggiunge all’esperienza del Centro d’ascolto, «dove arrivano persone di ogni cultura. Una volta usciti da certi incontri, è difficile essere quello che eri prima».
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