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Casa dell’Ospitalità di Venezia: per tornare cittadini

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Racconto della realtà di accoglienza e recupero degli ultimi fra sostenibilità sociale e ambientale

«Quando nel 2017 è stato rinnovato il direttivo la struttura era ancora “solo” un dormitorio, oggi dopo una ristrutturazione e un potenziamento progressivo siamo arrivati a offrire un vero e proprio percorso di reinserimento sociale, partendo da soluzioni abitative fino a tirocini professionalizzanti». Traccia così un bilancio di sette anni la dottoressa Paola Bonetti, Presidente della Fondazione Casa dell’Ospitalità del Comune di Venezia. «Crediamo che non sia giusto condannare le persone all’inutilità, il nostro scopo è far sentire loro che possono tornare a essere non solo utili, ma di nuovo cittadini a tutti gli effetti rientrando nella società».

«Siamo in un momento storico in cui è probabile attenderci un ulteriore aggravio della povertà e di conseguenza la situazione sociale ne risentirà», ha spiegato il medico ospite del Rotary Club Venezia Mestre lo scorso 6 marzo nel corso di un incontro dal tema “Casa dell’Ospitalità: molto più di un posto letto”. «I fenomeni migratori incidono e si fatica ad avere una visione d’insieme per la confusione generata dall’emergenza Covid. Purtroppo, assistiamo al diminuire nell’interesse e nel tempo che si dedica al volontariato, ci sono pochi giovani e sembra essere cambiata la sensibilità, ma in realtà è un’attività che restituisce molto più di quello che si dona».

I servizi offerti dalla Casa dell’Ospitalità di Venezia

«La nostra missione è quella di offrire servizi di accoglienza e supporto a tutte quelle persone che versano in gravi condizioni di marginalità – ha raccontato il Presidente – aiuto è rivolto a tutti, senza discriminazioni, perché crediamo che la dignità della persona sia un valore imprescindibile. I nostri circa 70 posti letto, che salgono a 100 durante l’emergenza freddo d’inverno, sono un punto di partenza e non di arrivo. Le nostre sedi sono a Mestre in via Santa Maria dei Battuti, nel casolare di via delle messi e a Venezia a Sant’Alvise».

«Con la ristrutturazione tra il 2019 e il 2022, la sede principale di Mestre risponde agli standard internazionali per le strutture di accoglienza – aggiunge – siamo passati da camerate a stanze doppie o singole e abbiamo aggiunto aree diverse per servizi specifici: dalla prima accoglienza, che va prenotata e dura 15 giorni rinnovabili, al piano freddo che permette di aggiungere 30 posti letto in più a soggetti individuati e accompagnati dalle unità di strada. Offriamo poi percorsi di accoglienza su progetto e abbiamo inaugurato la sala polifunzionale “Gianni da Villa” che affittiamo e apriamo alla cittadinanza, frequentata assiduamente da un gruppo di burraco. Insomma siamo passati da un asilo notturno a un luogo di incontro, orientamento e ripartenza».

Chi si rivolge alla Case dell’Ospitalità di Venezia?

«Nel solo 2024 abbiamo accolto 411 persone e assegnato più di 21.800 posti letto e relative colazioni, la nostra mensa ha inoltre erogato più di 15.000 pasti agli ospiti, fra cui il più anziano aveva 87 anni e il più giovane 20, in media sono tra i 45 e 65 anni – ha illustrato la dottoressa – di queste persone metà è italiana e solo il 29% è extraeuropeo, si tratta di persone con gravi problematiche, sia psichiatriche che di dipendenze. Lo scorso anno in 26 sono stati avviati al lavoro e 14 in progetti di residenzialità negli appartamenti che gestiamo. La più grande soddisfazione è avere oggi due “ex” ospiti come dipendenti della nostra Fondazione e impiegarne altri nel corso del piano freddo. Negli ultimi 5 anni oltre il 70% di chi è arrivato qui ha avuto un riscatto».

«Ci sono tante storie che si incrociano – aggiunge – da chi aveva una vita ordinaria e ha perso tutto, anche vittima di una truffa amorosa a chi non voleva saperne di trovare una sistemazione e si è convinto solo quando il proprio inseparabile animale ha iniziata ad invecchiare e aveva bisogno di un luogo caldo. Fra le cose che ci fanno più riflettere è come le persone in strada dimentichino la vita “normale”, ad esempio appena entrano in unità abitative non usano gli armadi, abituati a tenere i pochi vestiti nelle buste di plastica. Ci siamo dovuti ingegnare spesso per accogliere anche i loro animali e anche quando escono dalla Casa dell’Ospitalità non vengono abbandonati, ma li seguiamo anche quando arrivano negli alloggi popolari, fino a quanto non tornano ad essere cittadini».

La dottoressa Paola Bonetti con Matteo Zipponi, Presidente del Rotary Club Venezia Mestre
Cosa vuol dire sostenibilità nella Casa dell’Ospitalità di Venezia?

«Per noi la sostenibilità ha tante sfaccettature – ha raccontato Bonetti – in tema ambientale stiamo lavorando alla creazione di una comunità energetica che metterà insieme l’impianto fotovoltaico della nostra rinnovata sede di Mestre, per cui abbiamo ricevuto un contributo regionale, con i nostri due appartamenti e con altre case di famiglie che si trovano nei paraggi ma in condizioni economiche svantaggiate. Non puntiamo solo al risparmio ma alla creazione di un sistema che si regga sulla collaborazione e condivisione. Inoltre cerchiamo di re-impiegare il più possibile i nostri ospiti, perché siamo convinti che il reinserimento nella società abbia un costo molto inferiore, sia economico che sociale, rispetto all’emarginazione».

«Anche in materia di spreco alimentare cerchiamo di fare la nostra parte – conclude – infatti se una parte dei pasti che distribuiamo li acquistiamo da una cooperativa sociale, l’altra proviene dal progetto del comune “Mensa che non spreca”, recuperando cibo dalle scuole. Una parte di questo viene servito ma quello che si può conservare viene distribuito attraverso il nostro emporio solidale, attivo dal 2018, che solo lo scorso anno ha messo a disposizione 2920 spese per 252 tonnellate di cibo, l’accesso è dedicato a chi ne ha bisogno e alle famiglie segnalate dall’amministrazione, che possono fare acquisti con una tessera a punti. Oltre a me, al Direttore Francesco Pilli, ai consiglieri e al personale, possiamo poi contare su una rete di circa 70 volontari che, uniti nell’associazione “Venezia Prossima”, ci permettono di dare forma ad attività di raccolta fondi tutto l’anno per sostenere questa struttura a cui, anche da Alda Merini in visita nel 1998, donò una poesia».

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