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Casa San Raffaele: accoglienza e rinascita a Mira

Casa San Raffaele: accoglienza e rinascita a Mira
Nel centro Caritas visitato dal Patriarca Moraglia, i migranti trovano non solo un tetto ma una comunità che li accompagna verso l’integrazione, attraverso il lavoro, la legalità e la condivisione della vita quotidiana

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, ha fatto visita alla Casa San Raffaele di Mira, centro di prima accoglienza per migranti gestito dalla Caritas diocesana. 

Una realtà attiva dal 1997, che accoglie persone in condizioni di forte fragilità – economica, sanitaria o legata a percorsi giudiziari – offrendo loro non solo un alloggio, ma anche un’occasione concreta di riscatto personale e reinserimento sociale.

Ad accogliere il Patriarca, insieme ai referenti della struttura, ai volontari e a rappresentanti istituzionali e religiosi del territorio, c’era anche Alberto Albertini, responsabile della casa: «Il nome stesso dice tutto: Casa. Ognuno qui cucina, mangiamo insieme, condividiamo il tempo e le responsabilità. Non è un albergo, ma un luogo in cui sentirsi accolti, parte di qualcosa. Devono sentirla come casa loro».

Albertini spiega che si tratta di una vera comunità, con regole e spazi condivisi:«Ci sono riunioni dove affrontiamo le difficoltà tutti insieme. Abbiamo uno stile simile a quello degli scout, ogni stanza ha il nome di un animale, e gli ospiti hanno il loro turno per le pulizie. È un modo semplice ma efficace per creare senso di appartenenza e responsabilità. Noi operatori siamo presenti 24 ore su 24, perché il sostegno non è solo materiale: serve presenza, dialogo, vicinanza. I ragazzi devono sapere che non siamo distanti, che questa è una casa viva, con un nucleo centrale che li guida e li ascolta».

Oltre l’accoglienza: a Casa San Raffaele si ricomincia a vivere

Durante l’incontro, alcuni ospiti hanno raccontato le loro storie di migrazione, malattia, carcere e solitudine, ma anche la possibilità di un nuovo inizio trovata proprio tra queste mura. Sono oltre mille le persone passate per Casa San Raffaele in quasi trent’anni, ognuna con il proprio bagaglio di vita e la speranza di ricostruire il futuro.

Il Patriarca Moraglia ha sottolineato il valore di questa esperienza: «Oggi ci sono più operatori che ospiti, ed è una buona notizia. Significa che possiamo andare oltre il semplice accogliere. L’obiettivo è integrare, aiutare le persone a riconquistare autonomia, dignità, legalità e lavoro».

Non è mancato un ringraziamento a chi presta servizi fondamentali, come gli operatori della lavanderia industriale vicina, che collaborano gratuitamente per la pulizia della biancheria: «Anche un abito pulito restituisce dignità», ha detto il Patriarca. «Non basta, ma è un segno. E Dio è più generoso di noi: queste piccole cose, Lui le moltiplica».

Servire con umiltà per cambiare il mondo

Nel suo messaggio finale, Moraglia ha ricordato il senso profondo del servizio: «La pace è un dono di Dio affidato agli uomini. Ognuno deve fare la propria parte, anche piccola, fino in fondo. E poi dire, come insegna il Vangelo: “Siamo servi inutili”. Ma quell’inutilità, a Dio, serve per cambiare il mondo».

La visita si è conclusa con un momento conviviale nel giardino, tra sorrisi, dialoghi informali e un forte senso di comunità. Casa San Raffaele si conferma così come un luogo di accoglienza vera, dove ogni giorno si costruiscono legami, si superano difficoltà e si ricomincia a vivere.

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