«Possiamo dire che tutto è nato da un viaggio in Africa – racconto i professori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Elisa Moretti e Alberto Vomiero – eravamo ospiti a un convegno internazionale in Senegal a Dakar nel dicembre 2022, ma ci hanno chiesto se potevamo intervenire anche al Politecnico di Thies, quando siamo finiti in mezzo alla savana dopo aver camminato fra distese di sabbia ci siamo trovati in un auditorium completamente in legno dove docenti e studenti hanno seguito il nostro intervento con un’attenzione difficile da dimenticare. E’ stato un segnale che ci ha spinto a condividere strumenti e conoscenza con studiosi che non hanno la fortuna di essere nati in Europa».
«Ci siamo detti che valeva la pena percorrere la strada per creare una cattedra UNESCO – spiega la professoressa Moretti, associata di chimica inorganica – che trattasse dei temi che sviluppiamo con il nostro gruppo di ricercatori ovvero lo sviluppo di nanomateriali per applicazioni energetiche e ambientali» . «L’idea è nata dalle nostre discussioni – aggiunge il professor Vomiero, fisico e ordinario di scienze dei materiali – sul fatto che la didattica spesso viene percepita come staccata dalla ricerca, con la nascita di questa cattedra è possibile creare un network internazionale per offrire formazione avanzata strettamente connessa alla pratica, con l’obiettivo di far progredire Paesi in via di sviluppo con un passaggio di conoscenze per renderli protagonisti del cambiamento che il pianeta ci rende ormai inevitabile».
«Quella UNESCO è una vera e propria cattedra universitaria e si concentra su una tematica ben definita di rilevanza internazionale – spiega la docente cafoscarina – il processo per presentare un progetto e la sua valutazione in peer review (N.d.r.: è una valutazione di altri docenti ed esperti che restano anonimi) è molto lungo, noi ci abbiamo messo 12 mesi, siamo stati valutati fra i migliori e selezionati per la fase finale che si svolge a Parigi, nella sede dell’ente. Una volta istituita la cattedra ha una validità di quattro anni, che possono essere prorogati in base ai risultati ottenuti. In Italia al momento sono attive 46 cattedre di questo tipo, ma la nostra è l’unica che mette insieme tematiche ambientali ed energetiche».
«La natura principale dietro l’istituzione di una cattedra di questo tipo è proprio la collaborazione internazionale verso i Paesi in via di sviluppo per contribuire al progredire della società – aggiunge – per questo si basa sullo scambio fra docenti e ricercatori attirando studiosi dall’estero. Per il nostro progetto ci sono 15 diverse istituzioni partner, soprattutto da Stati non del primo mondo, per la prima volta infatti ci siamo confrontati con altre università come quelle africane. Ma non basta dimostrare l’internazionalità, uno dei criteri rigorosi è anche il valore scientifico della proposta». Come precisa Vomiero: «L’UNESCO autorizza a usare il suo logo, ma è l’unico aiuto, per il resto è l’università insignita che deve creare valore aggiunto, occupandosi anche dei fondi. Insomma è un grande onore e privilegio, ma anche una responsabilità. Ne sentiamo il peso, ma siamo anche molto motivati dopo l’esperienza africana».
«La nostra cattedra è correlata agli argomenti su cui ci siamo concentrati nella nostra attività scientifica – raccontano i docenti – fra questi c’è la produzione di idrogeno verde senza uso di energia da fonti fossili sfruttando la luce solare, sviluppando materiali che favoriscano processi catalitici, ma anche la purificazione di acque da farmaci e coloranti, temi che rientrano nell’agenda ONU 2030, per produrre energia in modo sostenibile e garantire la risorsa idrica. La nostra cattedra si rivolge a dottorandi e dottori di ricerca ed è affiliata con l’Università di Lulea in Svezia. Avere due istituzioni coinvolte aumenta ancora di più le possibilità di network rivolte ai Paesi emergenti e mentre Ca’ Foscari è votata alla chimica, Lulea alla tecnica e tecnologia, in complementarietà fra loro».
«Abbiamo una serie di obiettivi da conseguire per garantire il rinnovo fra quattro anni – spiegano i professori – fra gli standard ambiziosi che ci siamo dati ci sono 50 articoli scientifici in peer review, un workshop annuale, 80 fra seminari e webinar e una ventina di incontri di divulgazione aperti al pubblico non specialistico. In questo percorso vorremmo coinvolgere almeno 40 studenti in mobilità. Per dare possibilità agli studenti esteri di formarsi in Europa, per poi rientrare nel proprio Paese con competenze da investire nel cambiamento, ricercheremo bandi e finanziamenti per delle borse che coprano le spese, oltre ai nostri fondi di ricerca. Siamo già in attesa di avere da noi studentesse senegalesi e studenti dalla Tunisia, ci piacerebbe anche attrarre ragazze dagli Stati dove non c’è ancora un’equità di genere, per favorire anche questa con la conoscenza».
«Il petrolio è ancora vantaggioso se non dal punto di vista ambientale, da quello economico – raccontano Moretti e Vomiero – gli interessi in gioco sono tanti ma noi studiamo le potenzialità dell’idrogeno perché pensiamo che non si possa continuare a fare le stesse cose nello stesso modo. Pensando poi a dove ci troviamo, a Venezia, una delle ricerche che portiamo avanti è proprio la purificazione delle acque, soprattutto quelle vicine a Porto Marghera. La laguna in qualche modo ha ispirato il nostro percorso di scienziati ed è un luogo simbolico per superare le logiche di un’industria basata quasi esclusivamente sui combustibili fossili, ci sono già dei passi avanti come il progetto dell’Hydrogen Valley, ma far nascere da qui un vero cambiamento di rotta sarebbe un segnale al mondo intero, noi nel nostro piccolo lavoriamo proprio per questo».
«Questi sono obiettivi ambiziosi – concludono – ma in chiave generale pensiamo che contaminare i saperi sia fondamentale per affrontare un problema, nel nostro caso le sfide che riguardano le scienze di base e quelle applicate sono temi globali e muoversi fra discipline diverse permette di mettere insieme più punti di vista ed è questa la chiave di volta per trovare soluzioni nuove, lo scambio dovrebbe essere presente in questo senso in tutti i settori, oltre alla nostra cattedra. La sostenibilità non è solo ambientale o energetica, non ha un grande valore aggiunto se non riusciamo a integrarla nella società e renderla davvero a impatto zero, per questo chimica e fisica non bastano, ma hanno bisogno anche di economia e sociologia tra le altre. Per questo collaboriamo anche con esperti di altri campi, il nostro obiettivo con la cattedra UNESCO non è solo formare persone ma favorire un reale cambiamento, con una ricaduta concreta, senza fermarsi alla ricerca».
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