«Depotenziare la sanità significa abbandonare il presidio del territorio mentre la sfida del presente, ma sempre più del futuro, è mettere in condizione di non spopolare anche le aree rurali che hanno bisogno di servizi, in primis quello sanitario». Commenta così Gianmichele Passarini, Presidente di CIA Veneto, il tema cardine del convegno svoltosi il 16 ottobre all’Auditorim De Michelis del Museo M9 di Mestre. L’appuntamento è stato una mobilitazione dell’associazione di categoria che rappresenta il settore dell’agricoltura e l’occasione per presentare le 22.000 firme raccolte per mantenere la sanità pubblica in Veneto.
«Abbiamo già chiesto una data alla Regione per consegnare queste firme – aggiunge il Presidente – che abbiamo raccolto fra le persone che si rivolgono ai nostri CAF e nei mercati di tutto il Veneto. Il segnale che vogliamo dare è propositivo ma urgente per affrontare questo tema nell’agenda politica». Al convegno sono intervenuti anche il Presidente di Anp CIA Veneto, Giovanna Gazzetta, la docente della scuola Management ed economia universitaria di Torino, Nerina Dirindin, il senatore Antonio De Poli, il presidente di Anp nazionale, Alessandro Del Carlo e in conclusione il Presidente di CIA nazionale, Cristiano Fini.
«Perché ci siamo mobilitati? – si interrogano da CIA Veneto – per mantenere pubblica la sanità il cui ruolo è sancito dall’all’articolo 32 della Costituzione dove si certifica l’assistenza come un diritto fondamentale dell’individuo e di interesse collettivo, che va garantito a titolo gratuito a tutti, ultimi compresi». Attivo dal 1978, il Sistema Sanitario Nazionale vive un momento difficile, minacciato da tagli e dalla concorrenza del privato. «Basta provare a richiedere una visita o a programmare un’operazione per toccare con mano il collasso delle liste di attesa nel pubblico – spiega Passarini – io stesso per un’operazione di routine mi sono trovato davanti a quattro mesi di indisponibilità, come si fa a fare aspettare così tanto chi ha urgenze?»
Il risultato di questa situazione? A fronte di impegnative prescritte dal medico di base a 30 giorni o 90 giorni, chi può si rivolge al privato, mentre gli altri sperano si liberi un posto nelle liste ma l’Associazione nazionale pensionati di CIA Padova stima che il 10% dei veneti rinunci addirittura a curarsi a causa degli elevati costi da sostenere privatamente. «Per chi ha bisogno di assistenza costante si arriva a spendere in media anche 730€ l’anno per le sole visite specialistiche nel privato – ha ricordato Giovanna Gazzetta – per i pensionati si tratta in concreto di decidere se mangiare o curarsi». Come fa eco il Presidente di CIA Veneto: «Questa situazione vale anche per le famiglie, come può un genitore solo o un nucleo monoreddito con figli a sostenere queste spese? La gente sta iniziando ad avvertire la gravità di questa situazione, come organizzazione il nostro ruolo è anche quello di farci portavoce di questo tema che impatta sulla società completa, anche sulla sfera lavorativa».
«Come pensionati CIA abbiamo proposto un piano straordinario di investimenti, stimati nell’8% del PIL, per intervenire sulle maggiori criticità – spiega Gazzetta – in modo da scongiurare il definanziamento al 6,2% previsto per il 2025, una soglia di rischio perché sotto il 6,5% i servizi essenziali non saranno accessibili a tutti i cittadini. In questo modo si lasciano indietro i più fragili, soprattutto nelle aree rurali e con già meno servizi. Questo investimento dovrebbe adeguare le strutture e le Case di Comunità, rafforzando i servizi territoriali e la sanità di prossimità».
«Le sfide davanti sono molte – ha aggiunto – dalla prevenzione all’innovazione tecnologica della telemedicina, che va resa accessibile e utilizzabile tanto dai pazienti che dai sanitari, alla riforma della non autosufficienza, oltre all’ingresso di nuovo personale nelle fila dell’organico sanitario. La sanità italiana è riuscita negli anni a favorire l’incremento dell’aspettativa di vita a più di 80 anni, ma lasciare adesso le persone, soprattutto i più anziani e inermi, di fronte a un disinvestimento non potrà che causare gravi problemi sociali, soprattutto nelle aree rurali. A questo scopo ci impegneremo a stimolare la politica perché presti maggiore attenzione ai temi socio-sanitari, a questo scopo coinvolgeremo la società, come iniziato con la raccolta firme, portando alla revisione dei Piani Regionali Socio Sanitari».
«Perché un’organizzazione come CIA dovrebbe occuparsi di sanità? – si interroga Passarini – nel solo Veneto contiamo più di 62.000 iscritti, dei nostri servizi beneficiano tanto le imprese che i cittadini, dai giovani ai pensionati, per questo non possiamo non avere un’attenzione a quello che serve per il benessere della società, con attenzione alle aree agricole e rurali, che sono ancora più bisognose di servizi per far sì che non si spopolino con il rischio di esporle a rischi naturali. Il nostro approccio è sistemico e la sanità non può che essere il fulcro centrale del benessere per la collettività».
«In un Paese come il nostro – conclude – con una situazione di calo demografico e una maggiore presenza di lavoratori sempre più anziani nel mondo del lavoro, anche in prospettiva di una necessità per gestire il contraccolpo della mancanza di entrate previdenziali, non si può pensare di non garantire alle persone tutti i servizi necessari a mantenerle in salute. Il Veneto anche durante la recente pandemia ha dimostrato di avere una medicina territoriale che, anche se messa sotto sforzo, ha retto mostrando il suo valore, ripartiamo da qui per garantire presidi sanitari che consentono di prevenire la desertificazioni dei territori, altrimenti se non si interviene i problemi saranno maggiori e non solo legati alla sanità, che resta uno dei servizi basi per garantire la prosperità e un presidio. Senza un dialogo coi corpi intermedi qualsiasi strategia risulta inefficace, per questo tendiamo una mano alla politica, ma dobbiamo agire in fretta».
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