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CISL Veneto: una ricerca per ascoltare i caregiver

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Lo studio evidenzia il senso di solitudine e la mancanza di una rete di servizi

La popolazione invecchia, questo non è più un mistero, ma quello che appare interessante, come fotografato dalla ricerca “Caregiver in Veneto: avere cura di chi ha cura”, commissionata da CISL e FNP CISL Veneto alla Fondazione Corazzin, è come la figura delcaregiver” ovvero chi assiste i non autosufficienti, non solo sia sempre più diffusa, ma si allarghi oltre la famiglia. Infatti se un pensionato su 2 e un lavoratore su 3 sono caregiver famigliari, fra la popolazione attiva ci si occupa anche di disabilità, di figli e partner ma anche amici, perché anche la solitudine diventa un elemento con cui avere a che fare visto che in regione ci sono 328.000 non autosufficienti over 65, ma c’è anche un sommerso non certificato e 363.000 persone over 60 che vivono da sole.

«Proprio per questi trend è necessario essere lungimiranti – ha spiegato Tina Cupani, Segretaria di FNP CISL Veneto, la sigla che raggruppa i pensionati, nel corso della presentazione dei risultati presso la sede di Mestre del sindacato martedì 18 marzo – la politica si è concentrata sulle RSA trascurando chi ha un non autosufficiente in casa senza supporto, si tratta di un tema che tocca una solitudine di fondo e un senso di abbandono, gli stessi elementi che abbiamo cercato di ascoltare e comprendere con questa ricerca, per tradurre paure e pensieri in azione, per portare delle proposte che incidano non solo sulle risorse ma su quello che sembra più carente: una rete di servizi. Oltre a una legge che regoli questa situazione in Veneto, serve riconoscere a livello normativo nazionale e regionale la figura del caregiver e non solo a livello di convivente, altrimenti continueranno a mancare tutele e accesso ai servizi per chi, per scelta o perché non ha scelta, si occupa degli altri più prossimi».

Il ruolo del caregiver: necessari riconoscimento e programmazione

Ma chi è il caregiver? «E’ chi si prende cura per amore o per affetto di un suo prossimo – ha spiegato Francesco Peron curatore della ricerca insieme a Stefano Dal Pra Caputo a margine dei numeri della ricerca – o chi lo fa perché altrimenti nessuno si occuperebbe di chi ha bisogno. Al netto delle motivazioni di fondo si tratta di persone che impiegano molto tempo per assistere chi da solo non ce la può fare ad essere autonomo». Non si tratta però di una novità: «E’ una figura che in qualche modo esiste da sempre – spiega Cupani – ma che già in 13 regioni hanno normato con leggi innovative e avanzate soprattutto in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Sul Veneto, dove la sanità è eccellente, il tema è cosa succede una volta usciti dall’emergenza ospedaliera, nonostante vengano erogati più di 2 milioni all’anno, resta una burocrazia complessa, per cui è necessaria una maggiore e migliore comunicazione, anche verso assistenti sociali e medici di base e serve ragionare con testa e cuore su temi come il “dopo di noi”».

C’è un altro punto su cui riflettere, in una popolazione dove l’età media aumenta, si è più anziani anche nel ruolo di caregiver o ci sono implicazioni nel farlo per lungo tempo: «Questo diventa significativo soprattutto per le donne – ha aggiunto la Segretaria FNP CISL – molte arrivano in età avanzata con pensioni basse proprio per aver effettuato attività di cura. In ogni caso, se il tema dell’accudimento esiste da sempre, oggi ha un nome e un ruolo che non possono più essere ignorati, soprattutto con nuclei famigliari sempre meno concentrati e gestioni sempre più complesse dei non autosufficienti. Non bastano i fondi, nonostante avessimo già proposto un aumento dell’addizionale a livello regionale, un’eventuale legge non deve puntare a un tesserino ma a un vero e proprio riconoscimento giuridico in modo da poter effettuare un monitoraggio puntuale, attraverso ULSS e piani di zona, per affrontare il fenomeno in modo efficace».

Stefania Botton, Francesco Peron e Tina Cupani
I dati della ricerca: caregiver in Veneto fra scelta e necessità

«Non si è trattato solo di somministrare un questionario – ha chiarito Francesco Peron illustrando i risultati – ma di un vero e proprio momento di ascolto, per interpretare criticità di oggi per prepararci a un futuro in cui tra venti anni il 35% della popolazione sarà over 65, si tratta di un cambiamento epocale. Già oggi, sui 2.163 rispondenti (1.687 lavoratori e 476 pensionati), un pensionato su due (49,8%) si dichiara caregiver e più di un lavoratore su 3 (37,4%). La maggioranza sono donne e nel 60% dei casi l’assistenza è rivolta a un genitore. Il problema è che in maggioranza (82%) domina il sentimento di abbandono dalle istituzioni e nonostante il 70% affermi di aver bisogno di aiuto, il 67% non ha altre forme di supporto come assistenti familiari (badanti) o assistenza domiciliare integrata (ADI), ma fa tutto da solo».

«Focalizzandosi sugli attivi – ha proseguito – solo il 10% riceve un supporto dal welfare aziendale o da tutele contrattuali, con un conseguente impatto sulla vita professionale, tanto che il 55,4% degli intervistati ha dovuto lasciare il lavoro o lo studio per fare il caregiver. Si tratta poi di un’attività usurante per più della metà degli intervistati, se si pensa che nel caso dei pensionati spesso si tratta di anziani che assistono grandi anziani, questo si traduce in un peggioramento della salute fisica (per il 45,8%) e mentale (57%), con un lavoro a tempo pieno, anche per chi non più occupato. Il tema quindi resta il riconoscimento di questo ruolo, che si estende anche alla disabilità verso figli, coniugi e oltre. Per le donne questo impegno, con l’accesso al part-time o con rinuncia al lavoro porta poi a pensioni più basse, quindi c’è da chiedersi quanto fare il caregiver abbia attinenza col Terzo Settore e permetta di non pesare sul sistema sanitario nazionale. Quello che resta più forte per noi da questa ricerca e il ringraziamento di queste persone per averle ascoltate ed averle fatte sentire esistenti, fuori dal cono d’ombra dell’invisibilità».

Caregiver e lavoro: la posizione di CISL Veneto

«Come CISL abbiamo particolarmente a cuore la prospettiva dei lavoratori ma in generale quella di tutti i caregiver – ha dichiarato Stefania Botton, la Segretaria Regionale del sindacato – l’impatto che questo ruolo ha sul clima lavorativo, gravando quasi sempre sulle donne, accentua ancora di più il divario di genere. Si tratta di un tema che ha ricadute sui diritti dei lavoratori, la sostenibilità del welfare e la qualità della vita per le famiglie, quando si tratta di affrontare la conciliazione tra lavoro e assistenza. L’assenza di misure di sostegno adeguate genera stress e riduzione della presenza sul lavoro comportando a volte l’uscita stessa dal mercato. Nonostante numerosi interventi come bonus e fondi PNRR che hanno previsto il sostegno alla non autosufficienza, sono stati privilegiati i pazienti ospiti di strutture perché banalmente erano già in possesso della documentazione necessaria, serve quindi pensare a misure ad hoc per chi assiste in casa».

«Come CISL Veneto sosteniamo con forza – conclude – una legge sui caregiver, bisogna andare oltre ai colori politici perché il tema della denatalità e dell’invecchiamento ci mette davanti oggi a una sfida che domani si può trasformare in una vera e propria emergenza. Vorremmo essere parte dei tavoli regionali sul tema, sia per far riconoscere a livello legislativo la figura e lavorare verso le aziende con nuove forme di contrattazione, visto che spesso e volentieri la produttività è legata alla presenza, ma si possono adottare modelli di lavoro agile, part-time reversibile, permessi retribuiti e il diritto alla disconnessione per chi assiste familiari fragili. Il nodo portante è garantire una rete di servizi, bisogna occuparsi di chi si prende cura, non bastano i sussidi, questa può essere un’opportunità per mettere insieme un vero e proprio welfare di comunità, supportato anche dalla tecnologia, per nuove forme di assistenza solidale e intergenerazionale».

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