
Abbiamo già parlato qualche volta in passato dei problemi arteriosi agli arti inferiori che, come ricorderete, in genere sono dovuti all’aterosclerosi (o arteriosclerosi). Le placche, però, si formano anche nelle carotidi. E non solo. Qualcuno a questo punto potrebbe domandarsi: quali vasi sono esattamente le carotidi? Sono quelli che portano il sangue alla testa: abbiamo una carotide comune che si divide in carotide interna ed esterna.
E come mai parlo di questa distinzione che potremmo pensare specialistica? Perché di solito le placche si formano dove ci sono le biforcazioni, anzi immediatamente dopo. Cerco di farmi capire. Pensate al flusso che abbiamo dopo un ponte: le scorie si accumulano subito dopo i piloni a lato, dove si formano dei vortici e l’acqua ristagna. Accade lo stesso anche per le arterie, che possiamo immaginare come dei fiumi, mentre le biforcazioni sono i luoghi dei ristagni. E proprio qui si formano le placche.
Formandosi alla biforcazione, la placca può interessare una o l’altra o tutte e due le carotidi, interna ed esterna. È importante distinguere se una placca interessa la carotide interna o quella esterna perché la carotide interna porta sangue al cervello, mentre quella esterna porta sangue al volto ed al collo.
A dire il vero, data l’importanza del cervello, abbiamo anche altre vie di rifornimento, che si chiamano arterie vertebrali (una a destra ed una a sinistra), e all’interno del cervello tutte queste arterie si riuniscono in un crocevia che si chiama poligono del Willis, in cui sono connesse per limitare i danni se abbiamo un problema su una di loro. I fattori di rischio per l’aterosclerosi dei tronchi sovraortici – vengono anche chiamati così… – sono un po’ sempre i soliti: la familiarità, il diabete, il colesterolo alto, l’ipertensione arteriosa, il fumo.
È a questo punto che entra in gioco la verità del titolo, o meglio le varie facce della verità, o meglio ancora come dire una bugia convinti di dire la verità. Dicendola diversamente, come dire una verità, che però non corrisponde al vero. Discorso un po’ arzigogolato, ma ora mi spiego.
Capita molto spesso che quando domando ad un paziente com’è il suo colesterolo, mi risponda che va bene. La persone mi riferisce così perché risponde pensando ai parametri standard che sono riportati nel referto del laboratorio. Ma quello che non sa è che i valori di colesterolo cambiano a seconda della sua classe di rischio.
Quindi, se uno non ha nessun problema, valgono i parametri riportati. Il discorso, invece, cambia completamente se si sommano i fattori di rischio come essere ipertesi, diabetici e avere le placche alle carotidi o in altre parti. Più sono i fattori di rischio, più ci si allontana da quei parametri considerati normali e il colesterolo valutato come ottimale ha in realtà un limite diverso.
È per questo che bisogna portare i risultati degli esami al medico, che deve dare un giudizio, e non limitarsi a riferire che va tutto bene. Si può mentire anche se in buona fede. Ma poi ci rimette la salute.
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