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Cuneo Salino a Chioggia: serve lo sbarramento sul Brenta

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L’iter dell’opera, bloccato da oltre un decennio, potrebbe iniziare ma mancano 9,5 milioni di euro

«E’ arrivato il momento perché si intervenga concretamente sul cuneo salino dopo anni di carte bollate e tribunali – si auspica Fabrizio Bertin, Presidente del Consorzio di bonifica Adige-Euganeo – non si tratta più di prevenire, ma di limitare i danni del fenomeno della risalita di acqua salata dal mare ai fiumi, anche se è stata chiamata “Sbarramento del Brenta”, la barriera mobile andrebbe posizionata a poca distanza dalla confluenza del Bacchiglione e del canale Gorzone». L’opera, finanziata con circa 20 milioni di euro nel 2013 potrebbe finalmente essere realizzata, ma complice l’inflazione e l’aumento dei costi nel 2025 servirebbero altri 9,5 milioni di euro che vanno trovati per non perdere il precedente stanziamento.

Per rilanciare l’importanza del progetto per l’opinione pubblica è stata organizzata lo scorso 10 giugno, presso l’Hotel Mosella di Sottomarina, una tavola rotonda dal titolo “Il sale che risale, cuneo salino in Brenta”: presenti rappresentanti di Legacoop Veneto, Cia Veneto, Confagricoltura Veneto e Coldiretti Veneto, oltre al Sindaco di Chioggia, Mauro Armelao, al Commissario straordinario nazionale all’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua, il Presidente del Consorzio di bonifica Adige-Euganeo, Fabrizio Bertin, il Direttore dell’Area Bonifica e irrigazione della Regione Veneto, Franco Contarin, e il direttore tecnico di Kostruttiva, impresa che si è aggiudicata la realizzazione dell’opera, Stefano Tosini.

Perché realizzare uno sbarramento sul fiume Brenta?

«L’opera serve velocemente – aggiunge Bertin – dai primi studi con traccianti effettuati a partire dal 2000 con l’Università di Padova si è visto un progressivo aumento della quantità di sale che risaliva nei fondali. Il problema è che l’acqua salata, essendo più pesante di quella dolce si accumula nel fondo dove la salinità si stabilizza e permane, andando a inquinare e modificare le falde freatiche, interessando parecchi chilometri per il principio dei vasi comunicanti. La ricaduta visibile è che, attraverso la risalita, è iniziato un processo di desertificazione di alcune aree nelle valli di Chioggia. La questione in questo senso interessa non solo gli agricoltori ma tutti i cittadini, visto che impatta anche sul turismo e l’intera economia del territorio».

«L’intera area è sotto il livello del mare di 3-4 metri – spiega il Presidente del Consorzio di Bonifica – e molte zone ospitano un terreno costituito da torba che, a causa del fenomeno di subsidenza naturale, favorisce la penetrazione del sale, il cambiamento climatico inoltre sta accelerando questo processo con un abbassamento che arriva fino a 3 centimetri l’anno, minor portata dei fiumi e aumento del livello delle maree. Ci sono idrovore in azione che alzano la quota di acqua sottostante per mantenere il livello del terreno di questi 15.000 ettari, per cui già abbiamo a che fare con un equilibrio fragile, se non si interviene sbarrando l’avanzata del cuneo salino è a rischio il futuro della zona». Motivo per cui, nell’appello a Governo e Regione, il Comune di Chioggia, si è proposto di anticipare le somme necessarie e lo stesso Consorzio a restituire quanto prima gli importi.

Il Presidente di CIA Veneto, Gianmichele Passarini
L’impatto sull’agricoltura del cuneo salino a Chioggia e dintorni

A causa della portata dei fiumi insufficiente a contrastare la pressione dellacqua salata proveniente dal mare, questa si spinge verso lentroterra, creando un vero e proprio cuneo salino che si infiltra sotto la falda acquifera. La conseguente salinizzazione dei terreni li rende più fragili non solo per la presenza di eccessiva salinità ma anche perché limita l’approvvigionamento idrico, impattando sulle falde. «Questa opera parte da lontano, se ne sentiva il bisogno già più di 10 anni fa – spiega Gianmichele Passarini, Presidente di CIA Veneto – all’epoca il Ministero dell’Agricoltura attraverso il Provveditorato alle opere pubbliche aveva compreso che l’attività agricola sarebbe stata messa a rischio da fenomeni che già mostravano il loro potenziale distruttivo e oggi sono una vera e propria emergenza».

«Per questo il fattore tempo è diventato fondamentale – precisa – altrimenti rischiamo di dire addio in pochi anni a produzioni di eccellenza in ambito ortofrutticolo: dal radicchio rosso di Chioggia, all’asparago di Conche, fino alle carote di Rosolina, passando per la frutta, i cereali, con impatti anche sull’allevamento ittico. I territori senza agricoltura subirebbero incuria e verrebbe meno il presidio che garantiscono a livello di cura e gestione del territorio gli imprenditori agricoli, con pesanti ricadute su cultura e turismo enogastronomici. Per questo come CIA Veneto siamo favorevoli al progetto e crediamo che su questa partita il ruolo di tutti gli attori coinvolti, sia istituzionali che i cittadini, sia fondamentale perché è un tema ambientale ma anche sociale. Inoltre l’opera permetterebbe, attraverso invasi, di gestire il quantitativo di acqua aggiuntiva disponibile per affrontare i sempre più frequenti picchi di siccità».

Un’iter complesso per un’opera polifunzionale sul territorio del Brenta

«Già nel 2013 lo sbarramento interpretava le esigenze del territorio ed è stata una nostra azienda associata, la Kostruttiva, ad aggiudicarsi l’appalto – spiega il Presidente di Legacoop Veneto Devis Rizzo – purtroppo gli espropri richiesti e i ricorsi delle darsene che insistevano sull’area hanno portato a tre diversi gradi di giudizio sempre favorevoli alla realizzazione dell’opera. Frattanto assieme al ritardo sono lievitati anche i costi, per questo ci siamo mossi per non perdere altri treni, ci stiamo impegnando tutti per portare all’attenzione la questione e coinvolgere la Regione attraverso il Commissario delle Acque e il Direttore delle Bonifiche. Se si trova il necessario, da capitolato di gara, in 790 giorni, poco più di due anni potrebbe finalmente essere realtà. L’infrastruttura al momento potrebbe essere una della più importanti per l’area, mettendo al sicuro 20.000 ettari di coltivazioni».

«C’è già un precedente sul fiume Adige – aggiunge – ma l’opera sul Brenta avrebbe un’ulteriore funzione, perché permetterebbe anche di defluire un po’ del traffico che affligge la Romea, perché verrebbe realizzato un ponte carrabile sopra lo sbarramento». I benefici non finiscono qui come dichiare Bertin del Consorzio di Bonifica: «Sarebbe possibile anche mantenere un invaso d’irrigazione da giugno fino all’autunno, alzando le paratoie di un solo metro consentendo di immagazzinare acqua dolce come riserva idrica oltre a poter regolare la salinità della laguna. Insomma perdere un’opera polifunzionale di questo tipo, che può essere d’esempio per molti altri territori e per aree del veneziano, sarebbe davvero un’occasione mancata, ci auspichiamo di recuperare col supporto della politica quanto necessario per un’infrastruttura che serve davvero al territorio».

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