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Digitalizzazione dei dati: premiata l’associazione Rete Malattie Rare

L’associazione Rete Malattie Rare alla All Digital Weeks ha vinto il premio European Best Activity nel settore Digital Skills Policy. La socia veneziana Renza Barbon: «Per i malati è importante capire come funziona il sistema e come vengono usate le informazioni»

La digitalizzazione dei dati in ambito sanitario è di estrema importanza, può infatti migliorare l’accesso a informazioni, prestazioni e presa in carico di tutti i cittadini affetti da patologie di complessa gestione come le malattie rare e ultra-rare. Questo è uno dei tanti campi in cui opera l’Associazione Rete Malattie Rare (RMR Odv), di cui è presidente Riccarda Scaringella, che il 4 aprile al termine della campagna All Digital Weeks per la formazione e inclusione digitale dei cittadini europei ha vinto il premio European Best Activity nel settore Digital Skills Policy. L’associazione, l’unica in Italia ad essere stata premiata, presente a livello nazionale, è molto attiva a Venezia e in regione, grazie alla socia veneziana Renza Barbon, dalla cui perseveranza la Ulss 3 Serenissima dal 2016 ha istituito il Centro Territoriale Malattie Rare che ha sede in via Cappuccina a Mestre, l’unico in tutto il Veneto. «Da tempo ci impegniamo per cercare di approfondire il tema del dato in sanità, importantissimo per l’assistenza e la ricerca scientifica. – racconta Barbon – Per chi ha una malattia rara è fondamentale capire come funziona il sistema e come vengono usate le informazioni».Un grande problema è che ancora oggi non tutte le regioni si trasmettono i dati sanitari, cosa che invece necessaria per i malati» dice Barbon, spiegando che proprio per questo nell’ambito della campagna sono stati fatti una serie di webinar incentrati su proprietà, diritti e utilizzo dei dati, in particolare per biobanche, registri di patologia, cura e presa in carico dei pazienti e ricerca scientifica, invitando le persone ad avere un ruolo proattivo. Agli incontri hanno partecipato un centinaio di persone tra pazienti e familiari, operatori del settore, medici, avvocati e rappresentanti di varie associazioni, a conferma dell’importanza del tema.

Il nuovo regolamento europeo

«In Europa, rispetto all’Italia, ci sono meno restrizioni dal punto di vista della privacy e dell’interoperabilità del dato a fini scientifici» All’All Digital Week promossa dall’Unione Europea l’associazione Rete Malattie Rare partecipa da tre anni attraverso l’associazione Stati Generali dell’innovazione di Roma, che è stata coordinatrice per l’Italia. «Come associazione abbiamo cercato di far sentire il problema della mancanza del trattamento dei dati in sanità a livello europeo. Dobbiamo far capire cosa vuol dire utilizzare i dati a livello epidemiologico e sanitario. Questo è di estrema importanza perché l’assistenza viene data tramite flussi informativi utili per poi creare dei percorsi adatti per ciascuna persona, anche perché non tutte le malattie hanno un farmaco, per cui ci vuole molta ricerca» afferma. «Durante i webinar siamo partiti dalla privacy italiana per capire cosa dice il nuovo regolamento europeo emanato a gennaio» continua Barbon, spiegando che ora la digitalizzazione in materia di salute con l’introduzione del regolamento europeo (n. 327) sullo Spazio europeo dei dati sanitari (EHDS), che sarà attuato entro il 2027, pur tutelando la vita privata dei pazienti consentirà un accesso continuo ai dati sanitari all’interno degli Stati membri e una promozione della collaborazione nella ricerca medica.  – e anticipa-  Ad oggi la ricerca sta cercando di rendere i dati interoperabili a livello europeo per far in modo che siano utili nei percorsi di assistenza, per la creazione di infrastrutture europee che mettano in collegamento le biobanche e i registri di malattia per gruppi».

Mamma Renza, in associazione per fare di necessità virtù

Renza si è approcciata a questo mondo per necessità: «Sono mamma di due figli affetti da malattie rare. All’inizio non sapevo nulla di questo mondo, facevo l’accompagnatrice turistica in Egitto. – racconta – Sia la primogenita, Laura di 38 anni, che il figlio più piccolo, il 32enne Tommaso, sono infatti affetti da fenilchetonuria, una malattia metabolica ereditaria dovuta all’incapacità dell’organismo di metabolizzare un amminoacido chiamato fenilalanina. La figlia maggiore durante la crescita presentava anche difficoltà deambulatorie e di regressione cognitiva: «Pensando che il problema non fosse solo di tipo metabolico ma anche neuropsichiatrico ci siamo rivolti al Centro di Neuroscienze della Sapienza di Roma e nel 2017 i medici ci dicono che mia figlia ha la mutazione del gene CLTC, una malattia rara della famiglia del Parkinson ma non degenerativa, di cui esistono solo pochi casi al mondo. Ricevuta la diagnosi però il genetista che ha scoperto la mattia non mi ha mai dato alcun dato da trasmettere a Venezia» racconta Renza che negli anni, dopo aver seguito un master a Roma, tra i vari incarichi è diventata rappresentante dei pazienti metabolici a livello europeo. Oggi la figlia è in cura presso il Centro Malattie Metaboliche ed Ereditarie dell’ospedale di Padova, nato nel 2001, di cui ora è responsabile il dott. Vitturi che segue gli adulti con problemi metabolici in un’ottica multidisciplinare: «Recentemente è stato riscontrato che mia figlia soffre anche di Calasia, un’altra malattia rara che i medici del centro stanno studiando, interpellando anche colleghi di altri campi quando necessario, evitandoci di passare da un medico all’altro». Il centro ha inventato il Registro Epidemioiologoco che altre 8 regioni hanno acquisito, utile per la ricerca scientifica e la presa in carico del paziente: «Se tutti facessero così non ci sarebbero più problemi nella trasmissione dei dati nei vari registri tramite i flussi informativi» spiega Renza.

Il malato abbia un ruolo attivo

«Dal punto di vista organizzativo è importante coinvolgere il paziente, mancano però percorsi organizzati. Chiediamo che i pazienti partecipino ai processi di sperimentazione clinica, nella progettazione e nell’organizzazione dei percorsi. – e continua – Ricerca non vuol dire solo finanziare borse di studio per medici ricercatori. Nella scienza sono molto importanti i trial clinici, se si sperimenta un farmaco i malati devono avere diritto di esserci fin dall’inizio per dare il loro punto di vista e decidere insieme. Conoscere tali processi e potenzialità dà un valore aggiunto alla quotidianità ed è un’esperienza importante nel costruire i percorsi per il bisogno assistenziale» sottolinea, dicendo che i malati devono poter decidere di dare i loro dati alle biobanche finalizzate alla raccolta e alla conservazione di materiale biologico utilizzato per diagnosi e ricerca «ma devono poterne averne anche un riscontro». L’associazione, premiata dall’Unione Europea, da anni vorrebbe partecipare a dei bandi italiani ma non trova il modo di farlo: «Quello di Azienda Digitale quest’anno è dedicato solo all’artigianalità e al saper fare, manca completante il tema della sanità. – conclude Barbon – Saper fare significa però anche saper organizzare un percorso». Il premio vinto durante la All Digital Week dall’associazione sarà consegnato ai referenti a Malta dal 9 all’11 settembre: «Sarà occasione per parlare alla Commissione Europea chiedendo di non andare a compartimenti stagni».

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