Era lì da decenni, eppure nessuno aveva ancora mai colto la mano preziosa che si cela dietro alla realizzazione dell’opera. A volte certe incredibili scoperte avvengono proprio – è il caso di dirlo – sotto il naso, quando si inizia a guardare qualcosa con occhi diversi, come non lo si è mai fatto prima. Così è avvenuto al Museo Correr di Venezia quando poco tempo fa, dopo un lavoro di studio e restauro condotto da responsabili e conservatori della Fondazione Musei Civici, si è scoperto che l’opera “Madonna col Bambino, San Giovannino e sei sante” presenta una chiara impronta di Andrea Mantegna. Il dipinto, gravemente alterato nel tempo, dopo un lungo e complesso restauro ora in via di ultimazione, sarà presto offerto alle analisi e al giudizio degli studiosi che valuteranno la misura dell’impronta lasciata da Mantegna. C’è da capire infatti se, oltre all’ideazione della composizione e al disegno, ormai evidentemente di mano dell’artista, anche l’esecuzione pittorica sia stata svolta dal maestro formatosi nella bottega dei Bellini. Durante il 2024 il dipinto sarà iconico oggetto di iniziative espositive, di ricerca e di confronto, programmate in sinergia da Fondazione Musei Civici e Fondazione Ghirardi, programmate tra Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, città natale del grande pittore, e appunto il Museo Correr, futura sede espositiva dell’opera, ora oggetto di ampliamento e restyling degli spazi al secondo piano. Il piccolo dipinto su tavola, ora balzato all’attenzione, chiamato anche “Madonna col Bambino Gesù, San Giovanni Battista fanciullo e sei sante”, apparteneva alla collezione lasciata alla città nel 1830 da Teodoro Correr, ma è solo grazie al lavoro di studio condotto dai conservatori della Fondazione dei Musei Civici che, dalla poco leggibile superficie della tavola dipinta, che sono stati colti alcuni indizi che pare celino un’opera dal grande valore artistico, che ha portato ad avanzare una nuova attribuzione. Ma questa non è l’unica eccezionale scoperta. Recentemente altri tre dipinti, presenti sempre nei depositi del Museo Correr e mai considerati per alterate condizioni o errati giudizi del passato, sono stati riconosciuti come autentici capolavori di Vittore Carpaccio.
L’opera di matrice mantegnesca necessitava di un puntuale e importante restauro, dato che il tempo e le successive ridipinture ne impedivano infatti la piena leggibilità e valutazione. Questo finché l’attuale conservatore del Museo non è riuscito a cogliere chiari segni di qualità pittoriche e compositive straordinariamente alte. Così sono iniziati lo studio, anche con sofisticate tecnologie, e il restauro. Grazie al prezioso sostegno della Fondazione G. E. Ghirardi, che ha “scommesso” sull’opera finanziando il restauro, sta oggi emergendo quello che potrebbe essere un vero tesoro nascosto. Il dato subito emerso è che l’opera, di raffinatissima qualità esecutiva – con finissimi chiaroscuri accentati con oro zecchino, come nelle più preziose miniature – mostra forte e chiara l’impronta stilistica di Andrea Mantegna, uno dei massimi pittori italiani del Rinascimento. Soprattutto, la singolare scena sacra tutta “al femminile” è pressoché identica a quella di un dipinto oggi conservato nell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston (USA), attribuito al grande pittore e già nelle celebri collezioni mantovane dei Gonzaga, eseguito su loro prestigiosa committenza negli anni finali del Quattrocento.
I conservatori veneziani hanno già avanzato le prime ipotesi sulla base delle indagini radiografiche e riflettografiche: il disegno rilevabile sotto al colore delinea un tracciato coincidente con il dipinto di Boston, specie in alcuni precisissimi punti. Entrambi i dipinti sembrano dunque essere stati realizzati a partire dallo stesso cartone, forato per trasferire a spolvero i punti guida del disegno sulle due tavole. È conseguente ritenere che le due opere siano state realizzate dal medesimo atelier, a breve distanza di tempo se non in contemporanea. L’artista avrebbe dunque creato due dipinti quasi del tutto identici, solo con qualche piccola ma significativa variante di dettaglio e colore.
Altro dato essenziale emerso dalle analisi e dal restauro, che va ad aumentare ulteriormente il mistero e il fascino circa il dipinto riscoperto, è che si tratta di un’opera incompiuta. Dopo un accuratissimo processo creativo, certo lungo e faticoso, per una ragione sconosciuta il pittore ha abbandonato l’opera ad un passo dal termine. Ma i misteri non finiscono qui, tante sono le domande ancora aperte che ruotano attorno all’opera: chi fu il committente o, meglio la committente? Si avanza infatti già l’ipotesi che possa essere un’illustre dama Gonzaga. Inoltre, per quale motivo avrebbe richiesto due dipinti uguali e per quali destinatari? E ancora: quale viaggio ha fatto giungere in laguna il dipinto ora ritrovato? Quali e quanti passaggi ha fatto per finire nelle mani dell’insaziabile collezionista Teodoro Correr tra Sette e Ottocento? Molti sono i quesiti a cui gli studiosi cercheranno ora di rispondere.
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