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Esami radiologici: grandi macchine, grandi paure

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Gabriele Gasparini, Direttore UOC Radiologia Ulss 4 Veneto Orientale

Dover essere sottoposti a un esame radiologico in un grande macchina è, che ci piaccia o no, specialmente nel ventunesimo secolo, destino comune. Stiamo parlando di TAC, risonanza magnetica, ecografia, angiografia… La tecnologia nel tempo ha incrementato le possibilità diagnostiche, ma anche la taglia delle apparecchiature che, da qualche anno, hanno dimensioni estremamente variabili e, spesso, considerevoli. Grandi macchine da cui ci sentiamo un po’ sovrastati. Questo è vero per tutti ma ancor di più per i bambini (e per i loro genitori) e per i pazienti più fragili, soli in queste apparecchiature.

Queste macchine sono sempre più presenti nella nostra vita. Hanno forme che ricordano quasi sempre grosse lavatrici o asciugatrici e spesso sono accolte in ambienti protetti in cui non ci sono finestre verso l’esterno, non si vedono il sole, la città o il verde. Ambienti asettici che possono ricordare l’interno delle astronavi. Un mondo alieno in cui veniamo inseriti in momenti difficili della nostra vita, un mondo in cui ci immergiamo per essere esaminati. Ed è, purtroppo, un mondo che può fare paura, molta paura.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay
La paura degli esami di radiologia, non solo per la dimensione delle macchine

Il nascere di queste paure può essere più facile e di intensità non trascurabile soprattutto se non sappiamo quel che succede, se temiamo l’esame che ci è stato prescritto – anche il solo sottoporsi a esso – o l’esito che ne potrebbe scaturire. Quando insorgono dei sintomi nel nostro corpo e il nostro medico ci informa che sarebbe opportuno fare un esame di questo tipo suona un campanello di allarme che fa scaturire una girandola di pensieri: allora vuol dire che potrei essere grave? Speriamo sia un esame negativo, che non mi trovino niente… Mi faranno male?

Ma spuntano anche considerazioni più pratiche e non per questo meno importanti: il mezzo di contrasto mi farà male? Sarò allergico? Quanto lungo sarà l’esame? Quanto sarà lunga la lista d’attesa? Dovrò stare a digiuno o fare delle preparazioni? Serviranno i miei documenti sanitari e gli esami già fatti? E se volessi pagare quanto potrebbe costare e dove potrei andare? Sembra non sia una cosa così semplice: l’informatizzazione, i computer, la possibilità di prenotare per telefono hanno semplificato in parte le cose, ma in realtà non per tutti. Per qualcuno sono diventate più complicate. Come ce la caveremo?

Foto di OsloMetX da Pixabay
Il ruolo del personale addetto agli esami diagnostici?

A tanti interrogativi spesso si riesce facilmente a rispondere conoscendo un po’ più a fondo cosa ci aspetta. Quindi è fondamentale riconoscere e relazionarsi bene con le persone che lavorano con le macchine radiologiche. Ho iniziato a pensarlo ascoltando i racconti dei pazienti. Frasi come “Sono andato dall’ecografo e mi ha detto…”, fanno pensare. Con chi aveva interagito questa persona? Con una macchina? In quel difficile momento aveva unito apparecchiatura e operatore in un tutt’uno disumanizzante. Oppure ascoltando le storie di chi non riesce a rimanere nella TAC o nella risonanza magnetica, storie che si accompagnano a sguardi terrorizzati di chi non vince la paura e arriva a scappare lungo i corridoi fino a essere raggiunto dal personale che cerca di rassicurarlo, calmarlo, sapendo che spesso è impossibile.

Chi lavora con le grandi macchine vive in un mondo complesso, un mondo dalle grandi possibilità ma anche dai reali pericoli – radiazioni ionizzanti, campi magnetici, farmaci, attività interventistica – e un’équipe multidisciplinare inserita in un’organizzazione fa la differenza. Questo ha almeno tre effetti: garantisce sicurezza, qualità e permette di eseguire una buona prestazione.

Ma in cosa consiste un esame diagnostico con una grande macchina?

Di solito giunti in Radiologia la prima persona che incontriamo è la segretaria. Fa cose importantissime: dà l’appuntamento nel posto giusto (gli esami radiologici sono moltissimi); controlla se quanto prescritto dal medico è veramente l’esame che dovete fare; se l’esame è veramente a nome vostro (alcune mamme prese dall’ansia, giustificata, danno il loro nome invece di quello del loro bimbo); guarda se il nome è scritto giusto (un nome sbagliato può rendere difficile trovare poi le vostre immagini o confrontarle con esami vecchi); controlla la modulistica e vi indirizza nel posto giusto. Chiedete a loro ogni cosa, sono lì per rispondervi e se non conoscono la risposta sanno a chi chiedere per averla.

Poi sarete chiamati dal personaledi macchina”: infermiere e tecnico sanitario di Radiologia medica. Ricontrolleranno tutto… Lo so è una noia ma l’obiettivo è azzerare gli errori! Avere un po’ di pazienza e collaborare non dando niente per scontato è l’atteggiamento migliore. Vi spiegheranno come prepararsi e quali comportamenti adottare per un esame indolore, il più veloce possibile e di qualità. Se necessario l’infermiera metterà l’ago per il mezzo di contrasto. Sarà poi il tecnico ad eseguire l’esame richiesto gestendo tutte le complessità del caso.

Il medico di questo mondo è uno specialista – radiologo, neuroradiologo, medico nucleare o radioterapista – ed è responsabile dell’esame, controlla e legge le immagini, redige il referto, esegue le azioni diagnostiche e terapeutiche. È a vostra disposizione per il consenso informato e decide se l’esame richiesto dovrà essere integrato o modificato per adattarlo alle vostre necessità cliniche. Relazionarsi bene con queste persone e saperle riconoscere non è una cosa banale, ne va della vostra salute. Affidatevi a loro!

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