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Eucaristia, cultura, carità: la Comunità studentesca

Cieli nuovi e terra nuova
Don Fausto Bonini: “Cieli nuovi e terra nuovo” il libro sulla comunità studentesca di San Pantalon e San Trovaso

Cena del Signore, cultura, protagonismo dei giovani e carità.  Si fondava su questi quattro pilastri una delle esperienze più vivaci della Chiesa di Venezia subito dopo il Concilio: la comunità studentesca di San Pantalon e San Trovaso.

Don Fausto Bonini, uno dei protagonisti di quella stagione, ha voluto consegnare alla storia la fisionomia e i fatti che segnarono quell’evento ecclesiale. Ha così scritto un libro, “Cieli nuovi e terra nuova”, presentato venerdì 22 al Centro Candiani, in una sala strapiena di capelli bianchi: i giovani di allora, quelli che mezzo secolo fa si ritrovavano regolarmente per pregare, discutere, interrogarsi su dove va il mondo, fare amicizia…

«C’erano quattrocento e più ragazzi, in chiesa a San Pantalon, per la Messa», ricorda don Fausto: «Finite le panche e le sedie, tanti stavano seduti per terra». Era l’insieme della proposta a risultare avvincente: «Nel ’68, quando la comunità iniziò a prendere forma, c’era un vuoto di Chiesa rispetto all’università: c’era la Fuci, sì, ma non c’era qualcosa che attraesse una più vasta platea di giovani. Un vuoto che i documenti del Concilio ci invitavano a riempire, creando una pastorale d’ambiente, incardinata su convitti e centri universitari cattolici. Quella volta non creammo un convitto ma un centro universitario cattolico. Ed era il Patriarca Urbani a incoraggiarci: bisogna costruire – diceva – un rapporto con la storia».

Un metodo tutto nuovo

Sulla scorta dell’entusiasmo e delle novità conciliari anche il metodo era del tutto nuovo: «Il metodo – sottolinea don Bonini – era quello di rendere i giovani protagonisti. Noi sacerdoti – insieme a me c’erano don Bruno Bertoli, don Germano Pattaro, don Nini Barbato e don Angelo Favero – non abbiamo mai presentato ai ragazzi un progetto compiuto, ma un’idea di fondo da completare insieme».

E il metodo è arrivato proficuamente fino ad oggi: anche il ricordo della comunità studentesca di quel tempo è stato tracciato non solo dall’autore del volume ma anche da parecchi giovani di allora, intervenuti al Candiani per ricomporre le tessere di quel mosaico.

La comunità studentesca

Nel testo al centro l’Eucaristia. A partire da Lucio Cortella, filosofo e docente universitario, allora uno degli “animatori” più giovani della comunità studentesca, ma anche presidente della Fuci diocesana: «La comunità nasce, come all’origine del cristianesimo, dalla celebrazione eucaristica, dalla cena del Signore: questo è il dato fondativo della comunità studentesca di Venezia. A partire da lì si allarga ad altro. E quell’altro è in primo luogo – e questo è tipico della Chiesa veneziana – l’elemento culturale. Si leggevano testi teologici, filosofici, politici, storici e questa è stata una specificità di questa comunità. Poi, nello spirito di quel tempo, gli studenti volevano essere protagonisti, per cui la comunità non ha un capo, un direttore, ma è la base a dare la linea, secondo un metodo assembleare. E infine c’è l’azione di carità, l’apertura verso l’esterno, che si concretizzava in aiuto agli studenti più giovani e in visite e sostegno ai giovani rinchiusi in riformatorio».

La comunità studentesca vive per sei anni, dal 1968 al 1974: in quell’anno viene sciolta per decisione del Patriarca Luciani. L’episodio è noto, ma il libro di don Fausto e la testimonianza di Lucio Cortella lo puntualizzano. Ricorda Cortella: «In quell’anno si andò al referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio. Noi della Fuci veneziana redigemmo un documento di una cinquantina di pagine, in cui ponevamo questioni che andavano contro l’indicazione della Cei. Quel documento è stato all’origine dello scioglimento non solo della Fuci diocesana, ma anche della comunità che alla stesura di quel testo non aveva partecipato e che non ne portava responsabilità alcuna».

Il Patriarca – ricorda ancora don Bonini, citando mons. Mario Senigaglia, allora segretario del card. Luciani – aveva intenzione di tornare a dialogare con i giovani, «ma consigliato da alcuni collaboratori decise per la chiusura della comunità. Non ne era convinto appieno: le volte che poi lo incontrai mi disse spesso: “Mi dispiace…”.

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