Racconta storie, pone riflessioni e crea rete. Questo fa “Relight Venice”, la bottega dell’artigiana e designer veneziana Michela Bortolozzi in Calle Zancani, vicino a Campo Santa Fosca, entrata nel circuito di “Homo Faber in Città”. Riprendendo le architetture dei palazzi veneziani, in particolare di Palazzo Ducale e della Ca’ d’Oro, Michela realizza creazioni interamente fatte a mano come candele, orecchini e collane in materiali diversi, ispirati a Venezia ma anche alle persone e ai racconti incontrati durante i suoi tanti viaggi. Quella di Michela è una storia di andata e ritorno da Venezia. Classe 1986, studia al liceo artistico per poi iscriversi al corso triennale in Decorazione all’Accademia di Belle Arti e continuare la specialistica in Arti Visive allo Iuav. Terminati gli studi vuole fare l’artista, ma poche erano le gallerie rivolte alle nuove generazioni. Segue allora gli allestimenti della Biennale, entra in contatto con diversi artisti e per sei anni viaggia per il mondo: «La mia seconda formazione è stata ascoltare storie, imparando tecniche diverse di artisti, artigiani e designer, conoscendo vari paesi e materiali» racconta Michela. Arrivata a Marrakech, partecipa ad un corso di formazione sul design sostenibile e crea un vassoio con materiali locali con cui racconta il territorio. «Tutte le mie esperienze pregresse presero significato» spiega. Sentendosi accolta e libera di esprimersi, tornò più volte in Marocco fino a trasferirvisi nel 2019 per continuare a collaborare e scambiare competenze con molti artigiani, in particolare ragazzi presi dalla strada a cui è stato insegnato un mestiere. Ad inizio 2020 però la pandemia la costringe a rientrare a Venezia.
Fu allora che il Fondaco dei Tedeschi, che già conosceva i suoi grandi lecca-lecca dalle forme delle architetture veneziane con cui con ironia racconta la città lunapark poco rispettata, le chiese di esporre dei suoi lavori nelle vetrine ferme in piena pandemia. Nascono così le candele Relight, della stessa forma dei lecca-lecca, che realizza fondendo la cera di soia in stampi in silicone a loro volta creati partendo da forme in argilla. «Le candele Relight, che poi diedero nome al mio brand, nascono con l’intento di ridare luce a Venezia, alla sua storia e tradizioni. – spiega Michela – Parto sempre dall’idea e dal messaggio che voglio comunicare, poi scelgo il materiale locale più adatto, se possibile di recupero, che racconti a su volta una storia». Le candele sono nate per esprimere la speranza per una ripartenza più sana e rispettosa di Venezia, ma rispondevano anche alla domanda alla base dei suoi prodotti “Venezia, la consumo o conservo?”, che porta a domandarci se siamo persone che vogliono sfruttare o sostenere il territorio e se le nostre azioni sono distruttive o rispettose. «Per questo la maggior parte dei miei prodotti possono essere consumati e chi entra in contatto con loro diventa un performer che sceglie se usarli o preservarli». La base delle candele è realizzata con gli scarti di legno della costruzione delle forcole: «Un modo per narrare un’altra storia e tradizione locale» dice. Le candele hanno un immediato successo, sono talmente richieste che portano Michela dal realizzarle in casa a doversi spostare in un magazzino e, subito dopo, ancora in una bottega in Campo dei Mori.
«Arrivavano clienti anche in negozio nonostante in pieno periodo Covid ci fosse poco movimento in città. Ero stupita, finalmente mi sentivo accolta dalla mia città. – continua Michela – Inoltre le chiese hanno iniziato a contattarmi per portarmi la cera che avanzava e così ho iniziato a creare rete». Circa due anni fa il trasferimento della bottega nella sede attuale e la necessità di creare nuove idee: «Ho pensato a chi potesse aiutarmi nel realizzare le candele e, volendo dare alle mie creazioni sempre più una valenza sociale, ho contattato l’Associazione Rio Terà dei Pensieri per formare le detenute del carcere femminile alla lavorazione della cera e del legno. – e continua – Con loro da un anno abbiamo creato anche dei saponi, sempre con le forme veneziane» dice, spiegando che ora una ragazza che ha finito il percorso in carcere continua ad andare una volta a settimana in bottega.
Con l’aiuto delle detenute ha così trovato il tempo per realizzare nuove creazioni come orecchini con plexiglass di recupero o realizzati con la stampante 3D, ma ha potuto anche tornare in Marocco, a cui ha dedicato un’intera collezione di orecchini e collane dipinte e in ottone cesellato a mano secondo una tecnica marocchina. Materiale, quest’ultimo, con cui ha realizzato anche le spille “I Residenti” dedicate agli animali che popolano la laguna e con cui riflette sulla perdita di abitanti in città. Ma realizza anche spille con vetri di Murano recuperati, pastelli in cera sempre dalle forme veneziane e originali collane-specchio che invitano le persone a guardare la città da un altro punto di vista. Molti sono poi i cadeau che crea anche per gli hotel e aziende, come segnalibri e segnaposto o altre forme personalizzate che realizza con l’aiuto degli artigiani marocchini con l’intento di sostenere altre comunità. Dopo essere stata recentemente a Matera, ha inoltre ideato per l’azienda Egoitaliano delle candele ispirate ai rosoni usati per coprire i fori di areazione delle case nei Sassi, con l’intento di riportare l’attenzione sulle tradizioni di Matera. La base delle candele in questo caso, a differenza di quelle veneziane, è realizzata direttamente in tufo da artigiani locali: «Penso sia bello che semplicemente vendendo un oggetto possano vivere più persone e allo stesso tempo conservare il sapere».
All’interno del suo negozio laboratorio “Relight Venice” Michela Bortolozzi realizza anche workshop, soprattutto con l’intento di instaurare un dialogo e ricreare un tessuto sociale. Proprio sabato 21 settembre, in occasione di “Homo Faber in Città”, è stata invitata dal Fondaco dei Tedeschi per tenere il workshop “Relight Venice: il riciclo per creare arte”, un laboratorio collettivo, tenuto in collaborazione con la Fondazione Cologni, con cui ha dato nuova vita a un rotolo pvc destinato allo smaltimento e, dopo averlo dipinto con stencil, ha creato originali pochette. Un’occasione, questa, per poter instaurare una collaborazione anche con il laboratorio del carcere maschile di Venezia da cui veniva il rotolo, con cui sta già progettando di poter creare insieme delle borse. «Oggi il tessuto sociale veneziano mi ha accolto e capito, penso sia l’inizio di un bel processo. Voglio continuare a viaggiare per continuare ad utilizzare materiali autoctoni delle realtà che incontro e sostenere comunità».
C.I.D. s.r.l. Società a Socio Unico – Casa editrice del settimanale Gente Veneta – CF e PI 02341300271 – REA: VE – 211669 – Capitale Sociale 31.000 euro i.v. – Dorsoduro,1 – 30123 Venezia
Iscriviti a VE-NICE e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!