
«Il sale della terra è la diversità: è il conflitto che dalla diversità deriva a dare senso e vita» così scriveva Franca Ongaro Basaglia nel capitolo Congedo del libro “Una voce – Riflessioni sulla donna”. Una donna capace di accettare, ascoltare e comporla, la diversità, di vivere il conflitto. In un’accezione anche politica: «Lo sanno meglio i servi che la vita viene dal conflitto: se non si muore si guadagna. Per i padroni il conflitto è noia: la noia di prevedere i mezzi di difesa e di attacco di volta in volta escogitati e di affrontarli per ridurne la forza e gli effetti», continuava la citazione di cui sopra. Così nel pomeriggio di sabato 25 Franca Ongaro Basaglia è stata ricordata al Festival dei Matti a Venezia, in un incontro di omaggio alla sua figura. L’edizione di quest’anno, la quindicesima, aveva come tema proprio il conflitto: “Conflitti distratti” il titolo. «Distrarre i conflitti» dicono gli organizzatori «non attraversarli, spingerli nelle periferie delle nostre narrazioni collettive come vorrebbero l’azione politica, terapeutica e pedagogica, ci condanna ad esserne sempre e comunque sequestrati, in un gorgo di violenza senza fine». Ad intervenire al Teatrino di Palazzo Grassi, diverse personalità autorevoli in materia, che condivisero con Basaglia parte del proprio percorso, chi di ricerca e studio, chi anche di vita e di partecipazione politica: Ernesto Venturini, medico psichiatra, che lavorò tanto con Franco Basaglia che con Franca Ongaro, Stella Goulart, docente universitaria in psicologia sociale, Gisella Trincas, Presindente dell’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale (UNASAM), e Massimo Cirri, psicologo e conduttore del programma radiofonico Caterpillar. A mediare, Anna Poma, psicoterapeuta e organizzatrice del festival.
A qualche anno dalla riforma, introdotta con la legge n. 180 – che, lo si ricordi, abrogò la legge che aveva istituito i manicomi, e che, quindi, di fatto, li fece chiudere – il dibattito era molto acceso: si paventava una “controriforma”. Ernesto Venturini ricorda: «Noi, che a quella legge tenevamo, eravamo spaventati: c’era il rischio che si ritornasse indietro». Le famiglie dei pazienti si lamentavano, si sentivano abbandonate. «E mentre noi eravamo spaventati dalle strumentalizzazioni politiche, Franca Ongaro Basaglia ci diceva: “guardate che hanno ragione le famiglie. La legge n.180, di per sé non è sufficiente, ma deve essere completata da dei regolamenti attuativi». E soprattutto – ma non solamente – a questo si dedicò nella sua stagione di impegno politico, durante la quale lavorò alacremente all’interno della Commissione Salute del Senato: si dedicò a due progetti obiettivo, che videro però la luce sotto un’altra legislatura, quella successiva. «La costruzione dei servizi territoriali di salute mentale: questo è stato il grande lavoro politico e culturale di Franca» commenta con soddisfazione Gisella Trincas, con la consapevolezza di chi non solo è stata vicina a Franca Ongaro, ma ha anche fatto esperienza diretta, in famiglia, degli effetti della Legge Basaglia: la sorella maggiore fu costretta, per un periodo, al manicomio e vi uscì grazie alla legge n.180.
A fare da sfondo alle riflessioni del pomeriggio di sabato, il libro “Franca Ongaro Basaglia. Saggi e testimonianze. Con un’intervista inedita”, edito da Meltemi Editore, casa editrice specializzata in scienze sociali ed umane. Il volume è stato curato da Ernesto Venturini, che lavorò assieme a Franco Basaglia negli ospedali di Gorizia, Trieste ed Imola e, soprattutto, aderì con convinzione al movimento culturale e politico che si batté per il superamento della struttura del manicomio e per un nuovo approccio alla salute mentale. Consapevole del fatto che «la legge di riforma della salute mentale è stata il frutto di un grande lavoro politico collettivo. Troppo spesso, però, le donne sono rimaste nascoste: tra queste, Franca Ongaro. Ricordata semplicemente come “la moglie di Basaglia”, Franca è stata una protagonista determinante di quel cambiamento epocale, al punto di ampliarne gli orizzonti antistituzionali» ha detto Venturini, che ha voluto ridare dignità alla figura di Franca Ongaro, ricostruendone un’ampia biografia e raccogliendone i principali scritti. Ad arricchire il lavoro, un’intervista inedita, l’ultima data (senza saperlo) da Franca Ongaro, realizzata da Stella Goulart.
Attualizzando la tematica, è notizia di questa settimana la pubblicazione di un report sullo stato della salute mentale degli adolescenti – potete leggere l’articolo completo, “Where in Europe do teenagers have the best and worst mental health?”, curato dal sito di informazione Euronews, a questo link. Realizzato dall’European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (ESPAD), è una statistica, espressa in punti percentuali, di tutti i paesi membri dell’Unione Europea, divisa per sesso. La media è la seguente: il 49% delle ragazze ed il 69% dei ragazzi intervistati dicono di godere di una buona salute mentale. È evidente che una buona fetta di popolazione giovane – più della metà, nel caso femminile – soffre: a loro Franca Ongaro avrebbe dedicato la sua attenzione. Non a caso, uno dei suoi primi libri, “Manicomio perché?” era stato scritto pensando ai giovani. Ma non solo di loro si sarebbe preoccupata. Massimo Cirri fa presente che «alla domanda “cosa la colpì di più, entrando in manicomio?”, lei rispose: “l’odore”». E lancia un appello: «Franca Ongaro era capace di una sensibilità olfattiva. Ebbene, ci sono ancora molti luoghi in cui, se abbiamo una certa sensibilità politica olfattiva, ci rendiamo conto che c’è tanto orrore. Per fare solo un esempio, i CPR» dice infine, sottolineando le pessime condizioni in cui gli stranieri si trovano nei Centri di permanenza per i rimpatri.
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