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Gasparini: «Con l’IA più precisione e rapidità nelle diagnosi»

Gabriele Gasparini, primario di Radiologia dell’Ulss 4 Veneto Orientale, analizza i vantaggi dell’uso dell’intelligenza artificiale. «Si possono vedere meglio fratture, noduli o cellule iniziali di recidive tumorali. Ma il medico non deve abdicare, perché la macchina può sbagliare»

Meno radiazioni, più precisione, riduzione dei tempi e screening precoci. Se per molti versi ad oggi i progressi informatici fanno paura, l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale (Ia) in medicina, in particolare in campo radiologico, sta invece portando molti benefici. «Le applicazioni pratiche già usate negli ospedali da almeno sette anni sono diverse» spiega il dott. Gabriele Gasparini, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Radiologia dell’Ulss 4 Veneto Orientale. Per prima cosa l’Ia utilizzata in radiografie e tac, che emettono raggi x, serve per ridurre le radiazioni ionizzate, permettendo comunque di acquisire immagini diagnostiche sempre più ad alta definizione: «Se inizialmente le radiazioni venivano abbattute del 50% ora la percentuale è addirittura superiore. – sottolinea Gasparini – Oggi, grazie ai fondi del PNRR, sono sempre di più gli ospedali che hanno potuto acquistare apparecchiature più performanti». Benefici si vedono anche per le risonanze magnetiche: «In questo caso la tecnologia aiuta a migliorare la qualità delle immagini permettendo anche una riduzione del tempo necessario per eseguire l’esame». Questo però non deve portare ad aumentare il numero degli esami: «Il tempo guadagnato va impiegato per garantire una migliore refertazione. Non dimentichiamo che il 40% degli esami che vengono prescritti sono inutili e inappropriati».

L'Ia, quell'occhio in più

Mentre una volta le macchine producevano da una a dieci immagini, oggi permettono di acquisirne centinaia, se non migliaia. Per refertare infatti si utilizzano diversi programmi che migliorano qualità e velocità. Per esempio l’Ia aiuta a vedere meglio fratture, noduli polmonari, pneumotoraci, organi encefalici, eseguire screening mammografici e a monitorare meglio l’evolversi della sclerosi multipla. Ma come? «Evidenziando o circoscrivendo le parti che rileva come critiche, fornendo anche mappe colorate. Nel caso di un ictus, per esempio, calcola come il sangue arriva all’encefalo, cosa che un medico impiegherebbe tempo quando invece la risposta deve arrivare tempestivamente» spiega Gasparini, sottolineando come in casi come quest’ultimo, ad esempio, quando l’esame viene eseguito in uno spoke, ovvero in un centro ospedaliero periferico, i risultati possono essere trasmessi immediatamente all’hub, l’ospedale principale di riferimento, dove il paziente in condizioni critiche viene preso in carico dagli specialisti.

Una lente di ingrandimento che non deve sostituire la valutazione medica

L’Ia, inoltre, fungendo come una sorta di lente di ingrandimento, permette di rilevare dettagli troppo piccoli che l’occhio umano non riuscirebbe a cogliere: «Riesce ad esempio a vedere le piccole cellule iniziali di una recidiva tumorale, oppure conferma la validità della terapia tumorale eseguita». L’Ia dispone anche di un programma di autoapprendimento che mentre lavora migliora la capacità della diagnosi, «l’importante però qui è chi insegna e come insegna alla macchina cosa fare». Tutto questo ha anche un lato negativo: «Tutti i processi di evoluzione tecnologica portano ad una minor capacità da parte dell’operatore di lavorare. – mette in guardia lo specialista – Il medico rischia di adattarsi al consiglio dato dalla macchina e questo può diventare un problema perché disimparando a lavorare si rischia di fare più errori. Ricordiamo che la responsabilità rimane sempre esclusiva del medico radiologo.

 

Serve una formazione continua

Per questo serve una formazione continua per rendere i medici edotti del pericolo e per capire se quello che noi vediamo corrisponde a qualcosa di reale o artefatto. Si stima infatti che l’Ia faccia 1 errore ogni 20 procedure, mentre i medici 1 su 50. – e anticipa – Più andiamo avanti più ci sarà però da parte del paziente una pretesa di infallibilità, con l’Ia si tenderà a migliorare ma ricordiamoci che l’infallibilità non esiste». Nonostante questo, nel tempo le immagini da bidimensionali avranno sempre più accuratezza nel rendere i volumi, avvicinandosi alla realtà dal punto di vista anatomico e funzionale: «Avendo una maggior evidenza dei tessuti e aumentando la qualità degli esami presto si ridurrà anche l’utilizzo di mezzi di contrasto».

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