«Perché lo facciamo? Me lo chiedono spesso e la risposta è tanto semplice quanto sincera, perché sentiamo di farlo, crediamo di fare qualcosa per la nostra città che amiamo e che pensiamo meriti i nostri sforzi». Stefano Vio è tra i fondatori e promotore del gruppo di Gondolieri Sommozzatori Volontari di Venezia, che dal 2019 ha effettuato più di venti immersioni recuperando circa 18 tonnellate di rifiuti e 1600 pneumatici dai canali del capoluogo lagunare.
Un’attività che in una città internazionale come Venezia non poteva che fare il giro del mondo, continuando ad attirare l’attenzione di turisti curiosi ma anche di tanti veneziani. «Di una cosa siamo felici – racconta – vediamo che con le nostre azioni diversi cittadini stanno cambiando le abitudini e prima di gettare rifiuti in acqua, come spesso purtroppo accadeva in passato, ora ci pensano perché ne vedono le conseguenze. L’iniziativa ha avuto talmente successo che oggi è associata alla categoria dei gondolieri, che anche se sono famosi per i modi e comportamenti coloriti, ora sono riconosciuti anche per essere veri e propri guardiani della città».
«Tutto è nato da un gruppo di amici appassionati di immersioni con cui si condividevano le vacanze – spiega Vio – nel 2016 eravamo in Egitto e ci siamo immersi per vedere il relitto del Thistlegorm, una nave che trasportava rifornimenti bellici per l’esercito inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. Fra i tanti oggetti ancora all’interno siamo rimasti sconvolti dallo stato di conservazione di stivali in gomma perfettamente intatti dopo 70 anni. Così ci siamo chiesti quanto ci avrebbero messo a degradarsi i pneumatici in fondo ai canali veneziani».
«Da qui è nata l’idea di fare un’immersione sperimentale per vedere lo stato dei fondali – continua – siamo andati con le nostre attrezzature e come prima esperienza abbiamo recuperato 900 kg di materiale vario e 200 kg di pneumatici. Lorenzo Cervellin di Acquatica, dopo averlo saputo, ci ha chiamato per dirci se eravamo pazzi a scendere in un ambiente pieno di batteri come i canali con la nostra attrezzatura standard, infatti avremmo dovuto immergerci come dei veri e propri palombari. Ci ha dato in comodato d’uso del materiale e indirizzato verso dei corsi specifici da fare. Grazie a lui e al supporto economico di aziende di trasporto veneziane che ci hanno permesso di acquistare il materiale, oltre all’autorizzazione del Comune e agli spazi che ci ha concesso per il deposito dell’attrezzatura, è iniziata questa avventura che ha attirato l’attenzione dei media di tutto il mondo».
«Per effettuare una della nostre immersioni impieghiamo più di una dozzina di volontari – spiega il gondoliere – con 4/5 sommozzatori che si danno il cambio a turni dalle 8 alle 14. Oltre a chi si immerge con delle ceste per raccogliere il materiale più piccolo, in superficie ci sono due barche, delle “patane” da lavoro messe a disposizione da Brussa is boat, una che assiste chi sta sotto con il gruppo di bombole di ossigeno e l’altra con i volontari che lanciano i rampini per raccogliere i rifiuti più ingombranti, coordinandosi attraverso l’interfono con i sub».
«Abbiamo poi sempre il supporto di Veritas, che ci mette a disposizione gratuitamente la barca per lo smaltimento rifiuti e del Comune, che emette un’ordinanza che vieta la navigazione a motore. Svolgiamo l’attività di domenica, fino ad aprile, più o meno una volta al mese. Siamo tutti gondolieri ma ci aiuta anche qualche amico sommozzatore o appassionato, ma abbiamo attirato anche artisti come Giorgio Bortoli, scultore veneziano di fama internazionale famoso per la “Torre di luce” esposta a New York, che ha realizzato diverse opere con il materiale che abbiamo recuperato, fra cui una contro la violenza sulle donne».
«La nostra è una delle città più belle del mondo con strade pulite ma le sue acque di colore verde nascondono di tutto sui fondali – spiega Vio – noi gondolieri sappiamo cosa c’è sotto e ripuliamo anche quello che può ostacolare la navigazione. Il messaggio che vogliamo dare, tanto ai veneziani che agli ospiti, è che con poco si potrebbe vivere felici in un mondo più sano e pulito. Rischiamo di tagliarci per il molto vetro che c’è, ma oltre a eliche e motori abbiamo trovato anche un bidet, una bicicletta, monopattini e perfino un carrello da aeroporto».
«E’ un’attività che richiede esperienza e brevetti – conclude – l’acqua è talmente torbida che si vede al massimo a 20/30 centimetri di distanza e quando si sposta un’oggetto si forma una nube di fango, per questo operiamo sempre controcorrente, cercando di appoggiare al terreno solo le punte delle pinne o le ginocchia. Ci siamo ribattezzati “Divisione artiglio di Venezia”, in onore del celebre gruppo di palombari viareggini, fra i più grandi e coraggiosi della storia, tanto che Sauro Sodini, figlio di uno di loro ci ha regalato un frammento di piatto usato dall’equipaggio. Abbiamo attratto anche giovani e qualche nuovo collega nelle nostre attività, sentiamo di fare parte in modo indissolubile con la città e per questo la nostra missione è immergerci per difendere le sue radici, l’amore per Venezia è la nostra priorità».
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