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I biocarburanti possono essere il combustibile del futuro?

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Biocarburanti: prospettive e rischi di questo combustibile alternativo

Nel breve futuro faremo il pieno alla pompa di carburanti vegetali? E’ un po’ presto per puntare tutto su questa tipologia di combustibili, ma grandi aziende come Eni stanno investendo in queste alternative compatibili con i motori diesel endotermici di ultima generazione, per cercare di innovare il prodotto rispetto alla distribuzione tradizionale, per una transizione meno traumatica di una totale conversione alla tecnologia elettrica per l’intero comparto energetico.

Nonostante il mercato dell’auto europeo segni un aumento delle immatricolazioni di auto a tecnologia full electric, tanto che nel giugno di quest’anno la quota di mercato dell’elettrico puro ha superato quella del gasolio a livello di nuove immatricolazioni per la prima volta attestandosi oltre il 15%, i veicoli alimentati anche solo parzialmente a combustibili fossili e derivati sono ancora quasi il 70% delle nuove targhe circolanti (Dati ACEA) .

Il ruolo dell’Unione Europea nella decarbonizzazione

La pietra tombale alla produzione e vendita di veicoli endotermici al 2035 dettato dall’Unione Europea ha segnato però un orizzonte verso la decarbonizzazione. «La decisione è stata ampiamente contestata da parte nostra» – spiega Diego Variola, referente regionale di Assopetroli – Assoenergia – <<Affidarsi completamente alla tecnologia elettrica per la mobilità leggera ha delle criticità e non risolve il tema relativo ai comparti più inquinanti come il trasporto pesante, quello navale e soprattutto aereo>>.

«L’elettrico è eccellente se si considerano esclusivamente le emissioni allo scarico e non l’impatto nella produzione di un veicolo di questo tipo, Volvo ad esempio ha calcolato un +70% di emissioni per la produzione di un suo SUV che ha un’impronta carbonica tra il 15 e il 50% in meno dopo quasi 200.000km» – spiega il manager – «Come categoria la nostra critica maggiore è verso un approccio non neutrale della UE con l’imposizione di una singola tecnologia rispetto a un atteggiamento di apertura a varie soluzioni per tagliare le emissioni in modo drastico ma non traumatico».

«E’ a rischio l’intera economia europea, leader nella produzione di motori endotermici, in favore di una tecnologia che è monopolio cinese per la produzione e la materie prime, le così dette terre rare, alla base delle batterie» – continua Variola – «La sostenibilità ambientale deve poter esser tale anche a livello sociale per questo siamo fiduciosi nell’opportunità di affiancare all’elettrico i biocarburanti».

Biocarburanti: origine e vantaggi potenziali

Il termine biocarburante è una definizione generica per indicare un combustibile prodotto dalla lavorazione di biomasse. Fino a non molti anni fa l’unico sul mercato era il così detto bio-diesel, ottenuto da oli di semi come colza e girasole in una reazione chimica con il metanolo o etanolo in un processo che produce anche glicerina, che può trovare impiego in ambito farmaceutico. Nonostante la somiglianza al gasolio ha meno potere calorifero e si emulsiona a contatto con l’acqua, non essendo quindi solubile può essere soggetto allo sviluppo di alghe e batteri che possono creare problemi al motore. Per direttiva europea questo combustibile è già miscelato al gasolio standard in percentuali massime del 7% (Direttiva UE 2018/2001).

Negli ultimi anni la tecnologia ha permesso di sviluppare carburante da olio vegetale idrotrattato (HVO), che in Italia viene prodotto da Eni. La base di questo combustibile è formata da olii alimentari esausti o olii non in concorrenza con la catena alimentare. Al momento è commercializzato in pochissimi distributori su suolo nazionale e l’innovazione di questo prodotto sta nel superare i limiti del biodiesel tradizionale, non emulsionandosi e avendo più potere calorifero.

Se avviene comunque una combustione, come si possono ridurre le emissioni? «Bisogna distinguere fra inquinamento, ovvero sostanze nocive, ed emissioni di CO2, i biocarburanti tagliano drasticamente gli inquinanti e si valutano in termini di compensazione, ovvero di quanta anidride carbonica hanno trattenuto alla fonte le piante da cui vengono ricavati, per una stima dall’80% al 100% di quella che producono da un motore», spiega Variola.

Immagine di Jorge Hilbert
I rischi dei biocarburanti per il futuro

Sulla carta sembra tutto senza rischi, ma in realtà dal mondo scientifico emergono diversi dubbi su questi combustibili. L’impatto ambientale complessivo a livello di ciclo di vita dei biocarburanti liquidi, anche se minore del gasolio tradizionale resta peggiore rispetto all’uso dell’elettricità (che invece consentirebbe un risparmio del 63% di emissioni), anche in presenza di una produzione energetica non 100% rinnovabile. Inoltre l’etanolo usato per produrre biocarburanti viene realizzato a partire da grano che potrebbe essere utilizzato a scopo alimentare.

La necessità quindi dell’impiego di grandi derrate di grano per produrre i reagenti per creare biodiesel porta al timore da parte di diversi osservatori al rischio di crisi per il cibo e ad ampio consumo di suolo per applicazioni non umane, mettendo così a rischio l’equilibrio dei prezzi delle materie prime e la sicurezza alimentare dei Paesi più poveri, con il pericolo di aumentare la fame nel mondo invece che sconfiggerla.

Il tema etico s’incrocia nuovamente con quello della sostenibilità, visto l’impatto che può avere una produzione di massa di biocarburanti sul pianeta senza una reale riduzione delle emissioni e una filiera delle materie prime che valorizzi gli scarti. L’unico atteggiamento ragionevole al momento sembra essere una co-abitazione fra tecnologie che si dimostrino realmente sostenibili e che insieme permettano di raggiungere l’obiettivo che non possiamo più permetterci di rimandare: tagliare in modo drastico le emissioni di CO2.

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