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I graffiti di Palazzo Ducale: cicatrici che raccontano nuove storie

Ha preso il via, con 300 mila euro di finanziamenti, la campagna sui graffiti di Palazzo Ducale avviata dall’Università Ca’ Foscari in collaborazione con i MUVE, da cui sono già emersi degli inediti

Migliaia di segni, cicatrici quasi del tutto invisibili ad occhio nudo, tra firme e disegni incisi o disegnati, raccontano l’altra storia di Palazzo Ducale, del passaggio silenzioso, a volte sconosciuto, di militari, artisti e restauratori. Ha preso il via la campagna di ricerca e documentazione dei graffiti di Palazzo Ducale a Venezia, un vero e proprio racconto nella storia. Si tratta del progetto “VeLA, Venezia Libro Aperto”, avviato dall’Università Ca’ Foscari in collaborazione con la Fondazione Musei Civici e la Soprintendenza, grazie ad un finanziamento europeo e ad uno nazionale, al quale collabora anche lo IUAV, per un complessivo di 300 mila euro. Il progetto è stato presentato giovedì 4 a Palazzo Ducale alla presenza di Flavia De Rubeis, professoressa di Paleografia a Ca’ Foscari, coordinatrice del progetto, la direttrice scientifica dei MUVE Chiara Squarcina, La rettrice di Ca’ Foscari Tiziana Lippiello, il prof. di Topografia e cartografia dello Iuav Francesco Guerra, il SoprintendenteFabrizio Magani e l’assessore al Patrimonio Paola Mar.La campagna a Palazzo Ducale è solo una parte di un progetto più vasto che comprende città, isole e monasteri, in cui sono disseminati migliaia di graffiti storici incisi su colonne, portali e pareti di ogni tipo. Si tratta di disegni, simboli, scritte che rappresentano dediche, citazioni, avvertimenti, insulti, messaggi d’amore, croci, cuori, figure intere, armature e navi, una trentina quelle già trovate solo a Palazzo Ducale. Sono iscrizioni che raccontano la storia della città da tanti punti di vista, attraverso decine di migliaia di testimonianze lasciate lungo i secol: il più antico graffito risale al X secolo, mentre il più recente al 2024. Il progetto di censimento avviato nel 2019, arrivato al 20%, finora ha mappato e fotografato oltre 40mila graffiti e fatto 10 mila rilievi. Tutti i graffiti saranno schedati, disegnati e collocati geograficamente. In questo modo, confrontando la cartografia storica, sarà possibile capire perché in alcuni punti della città piuttosto che in altri appaiano tanti graffiti storici. «È un progetto democratico. Non ci interessa chi li ha fatti ma la testimonianza in sé» spiega De Rubeis.

Tecniche non improvvisate

Dotati di macchina fotografica, tablet e scanner, l’epigrafista Giulia Frambusto, la paleografa Debora Pasquariello e l’archeologo Francesco Masiero, sotto la guida di De Rubeis hanno iniziato a percorrere il Palazzo palmo a palmo per scoprire i graffiti inediti: oltre 20mila quelli finora individuati, dei quali 9mila già studiati. Sinora sono stati effettuati 3 mila rilievi e realizzate 800 schede. Inoltre sono stati realizzati 20 rilevi fonogrammatici di elementi architettonici. Oltre al rilievo digitale, il fotogramma infatti permette di eliminare gli ostacoli che compromettono un corretta comprensione di testi e raffigurazioni. Diverse sono le superfici su cui i graffiti sono incisi, come legno e vetro. Ma è in particolare per i graffiti incisi su pietra che i ricercatori, ricostruendone la lavorazione, hanno capito che non nascono da iniziative impulsive. Servono infatti strumenti adatti, quasi da scultori, per eseguire lavori che si prolungano non solo per ore ma anche per giorni. A scrivere, anche all’interno dei camini, non erano solo foresti ma anche veneziani che hanno voluto lasciare testimonianza del loro passaggio o della loro attività. A Palazzo Ducale, per esempio, un bibliotecario lasciò ripetute tracce della sua presenza a distanza di anni.

L’inedito di Rallis

Attraverso la scoperta di graffiti inediti è anche possibile fare scoperte di rilievo per la storia dell’arte. Un’incisione ritrovata su una porta di legno di Palazzo Ducale testimonia per la prima volta la presenza a Venezia del pittore greco Theodoros Rallis, originario dell’isola di Chio in Grecia ma attivo in Francia alla fine dell’Ottocento. Della presenza del pittore a Venezia non vi era evidenza alcuna, se non attraverso due quadri che aveva realizzato: una veduta di Punta della Dogana, al tempo però interpretata come delle barche sul Tamigi, e uno Studio dell’interno della basilica di San Marco. Ora però, con la scoperta del graffito in cui Rallis si dichiarava “pittore da Parigi”, si ha certezza del suo passaggio in città.

Importanti testimonianze

Tante altre le incisioni che camminano di pari passo alla storia della città, tra cui il graffito realizzato su un pilastro del loggiato che fa riferimento alle prime attività dell’Associazione Marittima Italiana e in particolare al primo viaggio del bastimento Marco Polo, avvenuto il 15 febbraio del 1873. Nelle carceri è invece testimoniata la presenza di due soldati che nel XVII secolo si ritraggono in una sorta di selfie primitivo, ma compare anche il ritratto di Francesco II Sforza. Nota da tempo invece è l’iscrizione dedicata a Giovanni Battista Nani, Cavaliere e Procuratore di San Marco, che si candidò a Doge nel 1675 e nel 1676. Si tratta di un graffito rilevante perché pur facendo riferimento ad un insuccesso si trova in un posto di passaggio dentro i confini di Palazzo Ducale. Se la scrittura con un chiodo sulla pietra è oggi un atto vandalico, gli antichi graffiti sono invece un patrimonio prezioso da tutelare: «Con il progetto VeLA vorremmo fornire alla città gli strumenti per la tutela e la conservazione di questo patrimonio di inestimabile valore storico e culturale» spiega De Rubeis. Scopo del progetto è quello di studiare i graffiti sotto il profilo paleografico, storico e linguistico, i cui dati saranno poi resi pubblici attraverso il sito Velave.it, presto online. Alla fine del progetto, i graffiti saranno accessibili anche ai non vedenti, attraverso rilievi realizzati con la stampante 3D e una voce narrante in cinque lingue.

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