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I sette cieli di Anna Peter Breton in mostra alla Magazzino Gallery

Sono cieli sospesi carichi di simbolismo quelli esposti nella mostra intitolata “Seven Skies For Venice”, allestita alla Magazzino Gallery di Palazzo Contarini Polignac. L’artista: «Ricordano che la bellezza spesso risiede nell’effimero»

Compie un viaggio artistico nelle teorie tolemaiche-aristoteliche delle sette sfere celesti, dove spiritualità e bellezza s’intrecciano nei cieli sospesi sopra Venezia e i laghi sacri del Kirghizistan. Di questo parla “Seven Skies For Venice”, la mostra personale dell’artista ungherese Anna Peter Breton (classe 1985), a cura della storica dell’arte Roberta Semeraro e organizzata dall’Associazione ROSAM in collaborazione con Magazzino Gallery di Palazzo Contarini Polignac a Venezia, dove si tiene l’esposizione aperta fino all’8 marzo. Il lavoro di Anna Peter Breton, in sette dipinti ad olio in cui realizza ariosi cieli, esplora temi come identità, memoria e la bellezza fugace dell’esistenza, sia come riflessione personale che come commento universale sulla caducità della vita. Ispirata dalla sua eredità nomade e dalle esperienze in paesaggi diversi, l’artista cerca di trascendere i confini del luogo e del tempo fondendo una profonda connessione con la natura. Plasmate dalle sue tracce multiculturali e dai suoi lunghi viaggi, le opere di Anna Peter Breton sono intimi inviti a cogliere fragilità della natura e l’essenza di ciò che la circonda.

Inconsistente, inalterabile ed eterno: il cielo dipinto

«Anticamente gli astronomi osservando la sfera celeste riconobbero nell’etere il quinto elemento di cui si componeva il mondo. A differenza della terra, dell’acqua, del fuoco e dell’aria, questo quinto elemento era inconsistente, inalterabile ed eterno. E sono questi i tre aggettivi che definiscono i sette cieli della pittrice Anna Peter Breton. – spiega Roberta Semeraro – Gli oli dai caldi colori, che l’artista mutua dallo spettro solare, sono stesi sulla tela come veli trasparenti che vanno ricoprendo il supporto materico che ha la sola funzione di renderli visibili. La composizione armoniosa dei colori disegna nuvole leggere che aleggiano come serafini danzanti, rivelando la natura immutabile ed eterna dei cieli che, noncuranti del tempo, dello spazio e degli uomini, rinascono ogni giorno uguali a sé stessi nella loro poetica bellezza». Sono 7 i cieli, come le sfere e i gradi celesti: «Un numero che indica la totalità degli ordini planetari e angelici, delle dimore celesti e la totalità delle energie nell’ordine spirituale al quale appartiene la pittura di Breton, sapientemente controllata tra movimenti lenti e andanti, che descrivono così bene la natura imperturbabile delle cose del cielo. – continua Semeraro – Nel sistema tolemaico-aristotelico il settimo cielo corrispondeva alla volta celeste più vicina a Dio, ed è proprio a quest’ultima sfera di beatitudine suprema che s’innalza la pittura di Anna Peter Breton, la quale ha ritrovato i suoi cieli nei laghi sacri del Kirghizistan, da cui provengono le sue origini, a 3000 metri di altezza dal mare».

 

Guardando Venezia e Tiepolo

Guardando i suoi dipinti pare di vedere quei pezzi di cielo velati nel mezzo di una calle veneziana, non a caso la curatrice ha deciso di esporre l’opera più grande a soffitto, invitando le persone ad osservarla da distese, accompagnate dalla musica Gymnopédies di Erik Satie. L’artista per realizzare le sue opere trae ispirazione dalle delicate realizzazioni di Tiepolo, maestro nel realizzare cieli chiari e ariosi: «Oggi affrontiamo quotidianamente la minaccia di una catastrofe climatica imminente, e questo mi porta a interrogarmi. – dice l’artista – Questa esplorazione è la forza trainante del mio lavoro. Seguendo le orme tracciate dai grandi maestri, osservo con attenzione ogni tramonto, ogni nuvola e ogni orizzonte alla ricerca di tracce di colore e materia autentici. Il mio obiettivo è trovare quella luce che ogni giorno ridona vita alla natura sulla mia tela, infondendo significato alla mia esistenza».

Anna Peter Breton: «Dipingo il tempo sospeso»

Profonda e lirica è la filosofia che si cela dietro i dipinti realizzati grazie alla sensibilità dell’artista: «Sono profondamente affascinata dalla fragilità e dalla natura effimera dell’esistenza, e cerco di catturare quei momenti sfuggenti della natura che trasmettono una sensazione di tempo sospeso». Il tema ricorrente delle nuvole nelle sue opere inizia dai sui libri di Voyage Amoureux, che combinano ricordi e illustrazioni ad acquerello dei viaggi in Italia, Giappone e Corsica, un diario di viaggio per documentare esperienze e momenti in cui ha approfondito il tema della fragilità transitoria: «Ispirandomi alla cultura sciamanica delle mie origini materne kirghise, il mio lavoro abbraccia una qualità onirica che arricchisce questa esplorazione. Le delicate sfumature e le transizioni fluide di colore nella mia arte riflettono i cicli naturali di crescita e declino, ricordandoci che la bellezza spesso risiede nell’effimero. Attraverso i miei dipinti cerco di evocare serenità e tranquillità, suggerendo che le nostre esperienze – proprio come le nuvole – sono in continua evoluzione e adattamento» dice infine, sottolineando come i suoi cieli siano carichi di simbolismo, fungendo da ponte tra l’esperienza umana e il divino.

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