
«Papa Leone XIV riuscirà a cogliere l’eredità di Papa Francesco, ma a suo modo». Così ha parlato del nuovo pontefice, l’americano Robert Francis Prevost, insediatosi da pochi giorni a San Pietro, il Cardinale Gianfranco Ravasi, arrivato a Venezia in occasione di una conferenza sul tema silenzio che ha tenuto mercoledì 14 per la Procuratoria di San Marco nella sala conferenze di Sant’Apollonia e intervenuto il giorno seguente al convegno dedicato alla Crocifissione restaurata di Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco: «Ho avuto la possibilità di conoscerlo prima dell’elezione, instaurando con lui un dialogo. – ha detto Ravasi – Il nuovo Papa riuscirà a cogliere l’eredità di Papa Francesco, esponendola però in una maniera propria. Papa Leone XIV è una persona molto mite e molto dolce, anche se la sua formazione è molto rigorosa, filosofica e matematica persino. Per tutte queste caratteristiche penso che riuscirà, all’intero dell’orizzonte nuovo, che è quello della cultura contemporanea, a portare questa eredità aprendo però nuovi cantieri e nuovi percorsi».
Lo stesso Papa Prevost nella mattina di sabato 10 ha spiegato la ragione principale della scelta del suo nome al primo incontro con tutti cardinali del Sacro Collegio, non solo quelli che lo hanno eletto in Conclave, ricevuti a porte chiuse nell’Aula del Sinodo, facendo riferimento a Papa Leone XIII che, sul finire dell’800, con la storica enciclica “Rerum Novarum” affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale: «Vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato i contenuti nell’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, di cui voglio sottolineare alcune istanze fondamentali: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio, la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana, la crescita nella collegialità e nella sinodalità, l’attenzione al “sensus fidei”, specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare, la cura amorevole degli ultimi, il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà. – ha detto il Santo Padre – Proprio sentendomi chiamato a proseguire in questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Papa Leone XIII, con la storica Enciclica “Rerum novarum”, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».
Il Cardinal Ravasi, non avendo partecipato al Conclave per raggiunti limiti di età – ha infatti 82 anni compiuti – ha però preso parte alle Congregazioni Generali e ne ha raccontato il volto della Chiesa che ne è emerso: «Sono state forse le Congregazioni più lunghe in assoluto. Sono state una dozzina e abbiamo avuto la possibilità di ascoltare in modo molto più intenso e di parlare. Questo è dovuto al fatto che Papa Francesco ha creato un collegio cardinalizio estremamente globalizzante e universale. Era sorprendente per noi europei ascoltare per esempio il cardinale di Singapore, quello di Wellington, così come i cardinali di Santiago del Cile e Kinshasa, figure che avevano esperienze molto diverse e che riuscivano ad esprimerle in quell’occasione, sapendo che tutto il collegio cardinalizio ascoltava» ha detto Ravasi. Poi ha commentato l’esito veloce del Conclave: «Questo Conclave sembrava più difficile proprio per questa complessità dei vari orizzonti. Noi cardinali esterni, ma anche quelli interni al Conclave, non immaginavano un esito così veloce, ma a quanto pare c’è stata una consonanza molto forte».
Ravasi aveva preso parte al Conclave precedente, del marzo del 2013, che elesse Papa Francesco, e ricorda le votazioni che riguardarono subito Bergoglio e il Patriarca emerito di Venezia Angelo Scola: «Anche quello era stato un conclave breve, al quinto scrutinio della seconda giornata avevamo il nome. Due furono le figure che subito emersero: da un lato l’arcivescovo di Milano, il Cardinal Angelo Scola, che prima ancora fu Patriarca di Venezia, e l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. – e ricorda – Lì c’era da raggiungere il quorum tra queste due figure ed è stato un po’ più complesso». Infine, spiega il suo impegno in Vaticano ora con Papa Leone: «Noi cardinali quando arriviamo a ottant’anni non abbiamo più incarichi formali ufficiali, però ancora veniamo coinvolti in tante cose. Io in particolare continuerò a seguire il Cortile dei Gentili, la Fondazione che ho istituito per promuovere il dialogo tra credenti e non credenti sui grandi temi e le sfide che interessano la società contemporanea. Facciamo un’infinità di eventi che non escludo mi porteranno di nuovo a Venezia» dice, ricordando il progetto delle Cappelle Vaticane realizzate a San Giorgio Maggiore per la Biennale Architettura del 2018 mentre presiedeva il Pontificio Consiglio della Cultura, un progetto che continua ancora, un luogo di pace e silenzio.
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