Il disegno recto-verso di Giambattista Tiepolo è sicuramente la chicca della mostra dedicata alle dieci nuove opere inedite, precedentemente appartenenti a collezioni private o inaccessibili, comprate di recente dallo Stato per le Gallerie dell’Accademia di Venezia, ora esposte fino al 1 ottobre nella mostra “Da Vivarini a Tiepolo. Nuove acquisizioni per le Gallerie dell’Accademia”, a cura di Michele Nicolaci. La mostra è allestita nella Sala XVI, che fa parte delle cosiddette sale palladiane del museo appena restaurate e riaperte, destinata ad ospitare piccole mostre dossier soprattutto di grafica. Le opere sono state acquisite grazie ai fondi in dotazione alla Direzione Generali Archeologia Belle Arti e Paesaggio e alla Direzione Generale Musei nel triennio 2021-2023 per un impegno di spesa superiore al milione di euro. Si tratta per l’appunto del disegno di Tiepolo, di tre importanti tavole di Bartolomeo Vivarini, dell’opera “Sansone e Dalila” di Giulia Lama e della tela “Cristo davanti a Caifa” tra le migliori realizzate da Pietro Ricchi, pittore che mancava in museo. Due poi le opere recuperate dai Carabinieri: la “Coppia di amanti” di Bonifacio de’ Pitati, un pittore che era già ben documentato in museo ma di cui mancavano scene amorose, e un’inedita e piccola tela montata su tavola “Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria e Estasi di Santa Teresa” di Francesco Fontebasso, proveniente dalla sacrestia di San Paternian a Venezia. Infine due opere di Antonio Vivarini: una “Scena della vita di San Pietro Martire”, proveniente dalla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo e unica rimasta in Italia di un polittico smembrato, e la tavola “San Benedetto” un tempo appartenente alla collezione Manfrin.
Il patrimonio culturale delle Gallerie si arricchisce così di capolavori come il disegno recto-verso di Giambattista Tiepolo, il primo che entra nella collezione del museo, datato 1750 circa e del valore di 34.800 euro. Con pochi e magistrali tratti e leggere ombre a inchiostro acquerellato, l’artista definisce due volti di un uomo e di un ragazzo: <Si tratta delle cosiddette “teste di fantasia”, un genere che godette di grande apprezzamento nella Venezia del Settecento> ha detto il curatore Michele Nicolaci, sottolineando che l’opera era appartenuta ad Antonio Canova.
Di particolare rilevanza è l’arrivo delle tre tavole di Bartolomeo Vivarini raffiguranti i santi Giovanni Battista, Caterina d’Alessandria e Nicola da Tolentino, acquistate in trattativa privata per 500 mila euro da un collezionista privato lombardo. Secondo una recente ipotesi ricostruttiva dello studioso Corberi, queste apparterrebbero al registro superiore del “Polittico di Sant’Ambrogio” (1477) della Scuola dei Tagliapietra. Di questo il museo possedeva già le cinque tavole del registro inferiore, mentre altri due scomparti si trovano nei musei di Seattle e di Boston negli Stati Uniti. <Grazie alla recente acquisizione oggi si possono ammirare otto tavole su dieci e la mostra propone per la prima volta l’ipotesi di ricostruzione del polittico> spiega Nicolaci.
In un secolo come il ‘700 dominato da uomini, spicca invece l’affascinante figura di Giulia Lama (1681-1747), pittrice veneziana con un catalogo che si attesta a 30 opere totali, di cui un’opera, quella di “Giuditta e Oloferne”, era già presente alle Gallerie dell’Accademia. Grazie alla nuova acquisizione, tramite acquisto coattivo all’esportazione per il valore di 90 mila euro, ora il museo si arricchisce dell’opera “Sansone e Dalila”, tela datata 1725-1730 circa, che ricompare dopo una rapida segnalazione risalente al 1971 di Rodolfo Pallucchini che la collocava nella collezione di Luigi Galli. L’attuale opera, che è stata acquistata dalla Galleria Canesso, narra la vicenda biblica di Dalila che, dopo essersi fatta rivelare dal marito Sansone che l’origine della sua forza risiedeva nei capelli, lo tradisce tagliandogli la folta chioma e lasciandolo indifeso davanti ai soldati Filistei. <Anni fa, quando ancora non c’era attenzione per le pittrici, difficilmente ci saremmo interessati a quest’opera> sottolinea Nicolaci, dicendo che il dipinto è prova di grande qualità di Lama che predilige spesso temi caratterizzati dall’aspro conflitto dei protagonisti, con forti contrasti chiaroscurali e la giustapposizione di due o tre figure, sviluppando suggestioni seicentesche di Giambattista Piazzetta, principale riferimento stilistico della pittrice. <Si tratta di opere che completano o integrano le collezioni delle Gallerie dell’Accademia. – ha detto il direttore del museo, Giulio Manieri Elia – Sono opere diverse tra loro sia nella tipologia che nella cronologia, un grande risultato per il museo>.
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