Per le comunità parrocchiali il Grest diventa un’occasione per osare ed aprirsi positivamente alle circostanze: «Non bisogna mai arrendersi o chiudersi – osserva don Redigolo – anche a costo di fare scelte importanti e puntando sulla qualità della proposta; cerchiamo, ad esempio, di fare anche solo due settimane ma fatte bene e dedicando dei giorni specifici alla formazione degli animatori. I Grest, come i campi scuola, non sono solo la fase finale dell’anno pastorale o un semplice intermezzo estivo; sono piuttosto un inizio e un’opportunità per accendere un dialogo che deve aprire e caratterizzare il nuovo anno. Ci vogliono atti di coraggio, non possiamo affidarci soltanto alle tempistiche o alla routine della scuola per le nostre attività pastorali. Creiamo delle dinamiche nuove di evangelizzazione, anche assumendoci qualche rischio e sapendo che la semente va gettata ovunque».
Accanto alle realtà parrocchiali che hanno proposto il Grest non ci si nasconde che ve ne sono altre che si sono, invece, “fermate” e non l’hanno attivato per i motivi più vari ma, soprattutto, per carenza di figure educative, ossia per la difficoltà di trovare validi animatori e persone responsabili in grado di assumersi la guida dell’iniziativa: «A volte può avere il sopravvento la fatica di fare le cose, un po’ di pigrizia o un generale scoraggiamento che porta a dire: non ne vale la pena… Ma bisogna avere il coraggio, ad esempio, anche di guardare fuori dal proprio orticello parrocchiale, di allargare lo sguardo alla parrocchia vicina e alla realtà della Diocesi, di vedere cosa c’è al di fuori e se ci sono altre persone da coinvolgere, attività e proposte che possono essere colte o con cui si può aprire un canale di collaborazione».
Da don Riccardo giunge anche una semplicissima proposta per il dopo Grest: «Finite le settimane previste di attività, proviamo a tenere aperto il patronato almeno per un po’ di ore durante la settimana. Sarà un’opportunità per continuare a vedere i ragazzi e mantenere vivo un dialogo».