
Come si crea un legame con qualcuno che per la società nemmeno esiste? Nel nostro paese c’è una categoria di persone che vive in città parallele, spesso coincidenti con le nostre, seppur simili a un mondo sommerso, popolato da persone ai più ignote: i disconosciuti. Si tratta dei richiedenti asilo e protezione internazionale che stanno al di fuori del sistema di accoglienza, così come li ha descritti il prof. Francesco Della Puppa, sociologo dell’Università Ca’ Foscari, autore dell’omonima graphic novel incentrata proprio su queste persone, che è intervenuto insieme ad altri ospiti domenica 25 maggio presso il Teatrino di Palazzo Grassi a Venezia, in occasione della 15esima edizione del Festival dei Matti, sul tema dei “conflitti distratti”. «Attraverso questo libro – spiega il prof. Della Puppa – abbiamo fatto molta ricerca sul sistema di accoglienza, sulle sue condizioni e contraddizioni, ma non solo. In realtà, infatti, l’accoglienza è una fase molto breve, è il punto di partenza. Tutti, al di la del loro status giuridico, a un certo punto si trovano nella stessa condizione. Con questa ricerca ci siamo chiesti: come si sopravvive fuori da un centro di accoglienza? Quali sono le strategie quotidiane e le condizioni di lavoro per un immigrato?». Riguardo poi alla scelta di fare un graphic novel, Della Puppa racconta: «Memori di una precedente esperienza in cui la ricerca è stata tradotta nel linguaggio dei fumetti, abbiamo pensato che anche questa ricerca meritasse di essere raccontata non solo attraverso articoli scientifici. Alla fine in questo modo ho raggiunto un pubblico più ampio, che altrimenti non avrei intercettato con una monografia sociologica».
A fornire una lettura giuridica del fenomeno dell’accoglienza è stata l’avvocato del Foro di Padova Chiara Roverso: «Il sistema di accoglienza nasce per rispondere a un diritto fondamentale per chi nel proprio paese rischia di subire una persecuzione concreta e diretta o per chi ha un serio pericolo di subire trattamenti umani degradanti». A partire da questa definizione, Roverso ha presentato inoltre un dato statistico, secondo cui al momento solo lo 0,18% delle persone residenti in Italia ha in corso di esame una richiesta d’asilo. A partire da questo dato possiamo comprendere la complessità del procedimento di accoglienza: «Con la richiesta di protezione si instaura un meccanismo che alla fine valuta la fondatezza del diritto ma che nel mentre deve dare gli strumenti per fare emergere le storie di chi chiede protezione, anche per prendere consapevolezza di quello che sta chiedendo. Il sistema ha una serie di regole che sono state via via modificate negli anni, con una generale riduzione dei servizi, e che, nell’elaborare le domande, impiega 5 o anche 7 anni». Ed è qui che, secondo Roverso, comincia il “disconoscimento” di queste persone: «Si genera infatti una situazione di sospensione che, prima ancora che giuridica, è esperienziale».
Una situazione che è confermata dalle parole di Yared Afeworki, mediatore culturale arrivato in Italia nel 2004 per sfuggire al servizio militare in Eritrea, suo paese d’origine, e che dopo aver ottenuto la protezione internazionale, si ritrova anch’egli ad essere un “disconosciuto”: «Nei centri di accoglienza mancano i servizi e le persone stanche di stare all’interno escono e si accampano. Tuttavia, nel frattempo i problemi aumentano e non vengono risolti. Sono le stesse persone che vediamo per strada. Queste situazioni possono creare anche altri problemi, come lo sfruttamento lavorativo. Diventa una catena che non finisce mai». Considerando poi il proprio lavoro di mediatore culturale, Afeworki commenta: «Quello che riesco a notare è la mancanza di assistenza dentro gli uffici pubblici. Negli ultimi anni dai centri di accoglienza sono sparite figure utili dal punto di vista umano: lo psicologo, l’assistente sociale, manca una cura alla persona e queste mancanze ricadono anche fuori dai centri».
D’altro canto, questa sospensione incide profondamente anche sul tempo della vita quotidiana dei queste persone, spiega Della Puppa: «Semplicemente per adempiere a delle necessità quotidiane (lavarsi, mangiare, dormire, caricare il telefono, n.d.r.) continuano a spostarsi nella città. Nel tempo che resta dovrebbero cercare lavoro, seguire un corso di italiano, conoscere qualcuno, quindi, la spada di Damocle non è solo ottenere il permesso di soggiorno ma anche soddisfare i bisogni primari». Anche la dimensione dello spazio è importante: «C’è una continua mobilità, non solo tra i servizi cittadini, ma anche all’interno del Paese: al sud in estate per raccogliere pomodori, al nord per usufruire dei servizi alla persona, all’estero per rintracciare familiari e amici. Tuttavia, nel frattempo rimane l’ossessione del lavoro, per poter ripagare il grande debito contratto per emigrare». Un circolo continuo, che spesso non vede via d’uscita da questo limbo, commenta il sociologo: «L’impossibilità della vera espulsione e la mancata integrazione genera una massa di persone sospese, e l’effetto di questa sospensione è che le persone sono più vulnerabili».
C.I.D. s.r.l. Società a Socio Unico – Casa editrice del settimanale Gente Veneta – CF e PI 02341300271 – REA: VE – 211669 – Capitale Sociale 31.000 euro i.v. – Dorsoduro,1 – 30123 Venezia
Iscriviti a GREEN&SALUS e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!