
La cura come elemento fondante e costitutivo della società umana. Cura dei luoghi e cura delle persone: questa è in poche parole la cifra che contraddistingue “Opera aperta”, il progetto del Padiglione della Santa Sede alla 19. Mostra Internazionale di Architettura de La Biennale di Venezia nel Complesso di Santa Maria Ausiliatrice, in Fondamenta S. Gioacchin a Castello, visibile fino al 23 novembre. Il progetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, a cura di Marina Otero Verzier, architetto, curatrice e ricercatrice, e della veneziana Giovanna Zabotti, direttrice artistica di Fondaco Italia e già curatrice del Padiglione Venezia, mette al centro le relazioni anche grazie alla direzione artistica e la progettazione architettonica di Tatiana Bilbao ESTUDIO e MAIO Architects, due studi internazionali noti per l’approccio sperimentale, sostenibile e sociale all’architettura. Nel decennale della pubblicazione della Lettera Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco, testo fondamentale che sottolinea come siamo tutti abitanti di una stessa casa comune, “Opera aperta” trasforma il Complesso di Santa Maria Ausiliatrice in un laboratorio vivente di riparazione collettiva. Qui l’architettura è vista come atto di cura e responsabilità condivisa, capace di rispondere alle sfide sociali ed ecologiche contemporanee.

Opera Aperta ridarà vita a una chiesa sconsacrata esistente, con un processo di restauro che avverrà su diversi livelli, dalle murature agli elementi di interesse storico artistico, fino al pavimento in cementite, coinvolgendo un’ampia gamma di competenze e mestieri, creando anche uno spazio per lo scambio culturale. Un concept per cui il Padiglione ha ricevuto una menzione speciale dalla giuria internazionale, composta dal presidente Hans Ulrich Obrist (Svizzera), Paola Antonelli (italia) e da Mpho Matsipa (Africa), che ne ha riconosciuto il valore come spazio di scambio e riparazione. I lavori di restauro dell’edificio, visibili al pubblico dal martedì al venerdì, sono affidati ad artigiani locali e restauratori specializzati. Parallelamente al restauro, l’Università Internazionale dell’Arte (UIA) grazie ai suoi docenti sta conducendo una serie di workshop di restauro e riqualificazione due pomeriggi alla settimana, il martedì e il venerdì, per trasmettere alle nuove generazioni tecniche tradizionali e garantire la continuità dei mestieri, rafforzando un impegno a lungo termine per la conservazione di queste competenze. Negli stessi giorni una grande tavola conviviale, gestita dalla Cooperativa Nonsoloverde, accoglie cittadini e visitatori ricreando uno spazio di dialogo e condivisione. Diverse inoltre le attività proposte, come quella in collaborazione con il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello di Venezia: tre sono nel Padiglione gli strumenti (pianoforte a coda, pianoforte verticale e clavicembalo) messi a disposizione per svolgere dal martedì alla domenica prove musicali con postazioni prenotabili gratuitamente online su www.coopculture.it.

«Un’esperienza pazzesca, faticosa ma bella. – racconta Giovanna Zabotti, che ha preso parte al progetto con grande entusiasmo – Quando mi hanno chiesto di co-curare il Padiglione non me lo aspettavo. Era mio desiderio fin da subito dare una mano perché pensavo fosse un’occasione enorme per la mia città. – e continua – Come curatrice ho sempre usato l’arte per avvicinare le persone, per farle stare insieme. Per me il tema dell’arte e dell’architettura che possono curare le fragilità è fondamentale, l’ho vissuto in prima persona». “Opera Aperta” non è dunque un’opera finita, ma un luogo di continuo scambio, coinvolgimento e partecipazione, profondamente radicato nella comunità, che coinvolge anche le università cittadine grazie alla collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e l’Istituto Universitario Salesiano (IUSVE). «L’idea messa in atto è quella di un cantiere e di un’intelligenza comunitaria. – spiega ancora Zabotti – Qui parliamo di come ci si può prendere cura contemporaneamente dell’architettura e delle persone, divenendo un laboratorio sociale che vuole essere aperto a tutti. – e continua – L’idea è che si possa lavorare alla casa comune. Ci sono tante persone che in città si danno da fare e che noi proviamo a mettere insieme». Durante i mesi di apertura il Padiglione della Santa Sede ospiterà anche il lavoro collettivo di 108 associazioni e realtà vive di Venezia, che sono invitate a mettere a disposizione le loro capacità e competenze per creare un progetto aperto a tutta la comunità, offrendo una visione di speranza per il futuro dell’architettura, che valorizza il mondo esistente e coloro che lo abitano. Tre le attività già svolte seguite da Zabotti, ad esempio, figura il murale realizzato con i giovani della Proposta Estate Ragazzi nell’oratorio salesiano a Castello con l’artista Maupal (leggi qui).
Il complesso di Santa Maria Ausiliatrice, risalente al 1171, da quando La Biennale Architettura ha aperto le porte ha iniziato a riperdere vita. L’edificio fu fondato come ospizio per i pellegrini, in seguito divenne l’ospedale più antico del centro storico per poi essere ritrasformato nel XVIII secolo per ospitare un asilo, una scuola e un convitto. Nel 2001 il Comune di Venezia lo ha destinato ad attività culturali e negli ultimi tempiospitava una ludoteca per bambini. La concessione dello spazio alla Santa Sede ha fatto però storcere il naso alle mamme, che nei giorni di preapertura hanno protestato perché si sono viste togliere uno spazio importante per i loro figli. Ma Zabotti assicura: «Il Padiglione è aperto anche ai bambini, in particolare con laboratori semplificati, come quello lapideo, dedicati a loro e pensati dai professori dell’UIA. – spiega – Questi possono aiutare tantissimo i bambini nel far capire loro l’importanza del posto, insegnandogli che ogni crepa si può curare e che a tutto si può dare valore» sottolinea Zabotti. Nel realizzare le attività per la cittadinanza è stata posta molta attenzione proprio a bambini e anziani: «Grazie ad una pedana, per esempio, le persone che hanno problemi di mobilità possono ispezionare con facilità il cantiere». Seguendo il mantra “restaurare invece che sostituire”, il complesso di 500 metri quadri sarà gestito dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede per 4 anni: «Faremo in modo di arrivare a fine Biennale con una parte dell’edifico restaurato e risanato – conclude Zabotti – per lasciarlo in eredità alla città e alla sua comunità».
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