
«Ringraziamo il Signore e gioiamo per il dono di questo Papa, un religioso agostiniano, già missionario, che è stato anche vescovo di una piccola diocesi del sud America, in Perù. L’ho conosciuto, ho avuto occasione di parlargli, e ci siamo anche scritti. Posso dire che, anche a livello personale, Leone XIV ha un tratto gradevolissimo». Così il Patriarca Francesco nel commentare l’elezione del nuovo Pontefice, Robert Francis Prevost, accolta giovedì in città dal suono delle campane a festa nell’area marciana. Originario di Chicago e appassionato di tennis, ha voluto imprimere già dal suo primo incontro con l’assemblea in festa, che lo attendeva in piazza San Pietro, credenti e non, un messaggio in continuità con quanto portato avanti fino all’ultimo dal suo predecessore. Al centro il tema della pace, parola ripetuta più volte, Prevost è il primo Papa nord americano, nonché il primo agostiniano della storia. Pace nel mondo, costruzione di ponti e l’immagine di una Chiesa vicina ai più sofferenti e ai più deboli, il tutto nel solco tracciato da Bergoglio, anche nel suo richiamo al bisogno di proseguire lungo la via sinodale.
Una volta conosciuta l’identità del nuovo Pontefice, mons. Moraglia ha espresso la propria gioia, insieme a quella della Chiesa veneziana tutta, in una serata in cui, tra le vie della città, giovedì si respirava un’aria di festa, con la gente che si domandava incuriosita quale fosse il motivo – ben presto svelato – del rintocco delle campane all’unisono. Una fumata bianca che ha colto i più di sorpresa, non credendo che il conclave si sarebbe concluso tanto rapidamente, dopo il secondo giorno dal suo avvio ufficiale. «Preghiamo per Papa Leone XIV e lo affidiamo alla cura materna della Vergine Maria affinché, sorretto dallo Spirito Santo e come testimone della pace del Cristo risorto, possa guidare con sapienza evangelica il popolo di Dio, confermandolo nella fede, nella speranza e nella carità». In occasione dell’inaugurazione del Padiglione della Santa Sede, nell’ambito della Biennale Architettura 2025, nel complesso di Santa Maria Ausiliatrice, spazio che il Comune ha dato in concessione – tramite delibera di giunta – al Dicastero per la Cultura e l’Educazione per quattro anni (fino al 2028), venerdì sera il Patriarca Francesco ha inoltre sottolineato come molto spesso ci si senta un po’ influenzati da ciò che dicono i media. Tanto da essere portati a immaginare ciò che suggeriscono, «ma poi lo Spirito Santo ha in mente altro», con riferimento all’elezione di un Papa il cui nome non sembrava essere nei giorni scorsi, almeno a livello mediatico, fra i più citati tra i possibili successori di Francesco. Poi una rivelazione, da parte del Patriarca: il fatto di aver conosciuto il card. Prevost in occasione della visita ad limina a Roma, l’anno scorso, durante la quale Bergoglio aveva annunciato che sarebbe venuto nella città d’acqua, in vista dell’inaugurazione del Padiglione della Santa Sede, nel 2024 allestito all’interno della Casa di reclusione femminile della Giudecca.
«È un uomo che conosce bene la curia romana, in quanto già prefetto del Dicastero dei Vescovi. È un figlio di Sant’Agostino, che ha studiato a Roma e padroneggia bene l’italiano. Una figura che ha accettato la croce del pontificato, al di là di ogni retorica e con uno sguardo sereno ed emozionato. Ha pronunciato – prosegue il Patriarca Moraglia – parole che non provenivano dalla circostanza o dal desiderio di piacere e il nome che ha scelto indica una grande continuità ecclesiale. Il primo Papa Leone, che ricordiamo con il titolo di Magno, ha affrontato un’epoca drammatica. È stato un Pontefice che ha dovuto servire la Chiesa e l’umanità in un momento epocale, di passaggio fra l’antica civiltà romana e quella che poi diventerà la civiltà medievale. Questo vuol dire che Leone XIV è un Papa che guarda al mondo con una presenza ecclesiale e non con lo sguardo di un politico». A tal proposito, il Patriarca riporta il saluto pasquale del Cristo risorto che il Pontefice ha rivolto, da piazza San Pietro, a tutti. “La pace sia con tutti voi!”, ha detto il Papa. «Ciò significa che non vi può essere vera pace dei popoli se non vi saranno dei cuori pacificati», commenta Moraglia, ricordando il richiamo alla preghiera che è di tutti, anche dei più piccoli, dei più umili e degli anziani: l’Ave Maria.
«Auguriamo al Santo Padre di sentire il bene e l’affetto di tutta la Chiesa. Non gli faremo mancare – continua il Patriarca – i nostri piccoli aiuti, che sono importanti per un pastore, il quale ha la consapevolezza, tutta agostiniana, di essere con noi cristiano e per tutti noi vescovo». E aggiunge: «Credo che farà bene certamente, anche perché ha dimostrato un attaccamento al pontificato precedente, raccogliendo il testimone del messaggio, del grido della pace, che ha concluso il pontificato di Francesco e che ha aperto quello di Leone XIV». Infine un pensiero rivolto al Padiglione della Santa Sede, a cura di Marina Otero Verzier e Giovanna Zabotti, la cui direzione artistica e progettazione architettonica sono state affidate a Tatiana Bilbao Estudio e Maio Architects. Presenti, oltre a Moraglia, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, il sindaco Luigi Brugnaro e il segretario del Dicastero, mons. Paul Tighe. «Già il titolo “Opera aperta” va in questa direzione, non scontata, di avviare processi, generare nuovi dinamismi e suscitare buone relazioni. È un Padiglione che nasce per essere in continuo movimento, work in progress, e che pone l’architettura non come “realtà statica” da ammirare ma come realizzazione antropologica in divenire. In un contesto generale ricco di sfide per l’uomo e per la sua intelligenza – pensiamo a ciò che comporta, in termini di sfida, la cosiddetta intelligenza artificiale – è importante che questo Padiglione ponga al centro la persona e in particolare l’intelligenza dell’uomo, coniugandola nella sua dimensione comunitaria e perseguendo la rigenerazione delle relazioni con gli altri e con il creato. Esprimiamo l’augurio di “buon lavoro” e “buone relazioni” alle tante persone che si troveranno ad agire e a muoversi in questa “Opera aperta”: architetti e direttori dei lavori, restauratori e operai specializzati, visitatori e comunità locale che verrà coinvolta con le associazioni e realtà culturali, di servizio ed impegno – tra cui ricordo gli studenti dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Iusve) – e tutto a favore della vita della città che, in sé, è un’opera e una finestra “aperta” sul mondo».
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